Dalla notte dei tempi, o se preferite, da quando è stato creato il mondo, uno dei compiti più ardui cui gli umani sono sottoposti è l’educazione dei figli, non solo intesa nel senso più stretto e classico del termine (ovvero insegnar loro i princìpi fondamentali del vivere civile) bensì finalizzare al futuro il processo educativo.
In parole povere, significa preparare oggi gli adulti di domani assicurandosi che abbiano la capacità di autogestirsi in assenza dell’ombrello protettivo (spesso controproducente) dei genitori; una delle prerogative affinché gli insegnamenti abbiano efficacia è imprimere i principi base fondamentali per l’autogestione sin dall’età dell’infanzia.
Tra gli imprescindibili concetti base, quali etica, lealtà, onestà, razionalità, logica ed altri, l’educazione finanziaria riveste un ruolo vitale in virtù del dato di fatto, menzionato anche nel precedente articolo, che per i tempi che viviamo ogni azione compiuta comporta delle conseguenze di carattere finanziario.
Il valore del denaro
Premettendo che le uniche due “azioni gratuite” consentite agli umani dell’era digitale e globalizzata sono respirare e dormire, perché alimentarsi ha un costo, va da sé che il denaro assume un ruolo primario nella vita di ognuno di noi e da esso non si può prescindere, nonostante sia allo stesso tempo considerato “Dio” (in senso negativo) o “demonio” con la medesima accezione.
Purtroppo, però, è necessario per vivere, o sopravvivere in alcuni casi; pertanto, è fortemente consigliabile che s’insegni educazione finanziaria sin dalle elementari o addirittura prima con concetti semplici che possano essere compresi anche dai minori di sei anni.
Uno dei presupposti per rendere fruibile il concetto di valore del denaro ai figli in età prescolare (3-6 anni) è spingerli a guadagnarsi ciò che chiedono, o che a loro piace, a fronte di un compito o attività da svolgere; in tal modo si familiarizza con il principio che il lavoro è necessario per ottenere ciò che si desidera o ciò che si ritiene utile, ovvero le priorità.
Il valore del denaro, quindi, sarà assorbito nella mente di un bambino come lo sforzo per ottenere ciò che si desidera ed il premio (oggetto o soddisfazione di un desiderio) rappresenterà il denaro.
Quando questi concetti sono ben radicati, e si ritiene un figlio “maturo” per passare allo step successivo (6-12 anni), si sostituisce il citato premio con il denaro necessario per “acquistarlo”, in tal modo si familiarizza con l’accezione classica di denaro che fa da ponte tra il lavoro ed il raggiungimento di un oggetto o desiderio; a tal proposito è utile anche portare i figli al supermercato in modo che possano comprendere quanto costano le priorità e quali siano.
Lo spreco, il superfluo ed il risparmio
Alla luce di quanto innanzi esposto, ovviamente sottolineando che bisogna fare in modo che tale processo educativo non sia “spartano” e rigoroso ma qualcosa che desti interesse e si svolga in un’atmosfera di serenità, ed una volta portato a termine il secondo step, generalmente dopo i 12 anni, la mente degli adolescenti è praticamente pronta ad assimilare i concetti di spreco, superfluo e risparmio.
Al giorno d’oggi non è semplice tener lontani i ragazzi dalle sirene del consumismo esasperato, dal voler possedere qualcosa per non sentirsi inferiori ai coetanei, dal voler imitare ciò che vedono in tv o sui social e così di seguito. Qui, contemporaneamente all’educazione finanziaria, entrano in gioco i principi di etica e razionalità, oltre alla capacità di guardare al futuro, ovvero la lungimiranza.
Naturalmente ciò presuppone che la scuola non vanifichi quanto fatto in famiglia ed integri i concetti acquisiti con elementi base di finanza vera e propria; ad esempio, cosa sono e a cosa servono le banche, cosa è un conto corrente, un bancomat o carta di credito e così di seguito.
Ciò premesso, per trasferire ad un adolescente il significato di spreco e superfluo (che non sono la stessa cosa), bisogna mettere sul piatto opposto della bilancia il risparmio che rappresenta il futuro o la capacità di far fronte alle emergenze; o, meglio, ciò che si può avere in futuro rinunciando al superfluo oggi e cercando di non sprecare denaro.
Tali concetti hanno la funzione di responsabilizzare i figli ed abituarli a guardare oltre e non perdersi nei meandri del consumismo che è come un vortice che risucchia i più deboli o coloro che hanno situazioni familiari psicologicamente difficili.
La fiducia e la mentalità “imprenditoriale”
Affinché “l’opera” sia completa, ossia quando i figli, ormai adulti, si trovano ad affrontare la vita senza i genitori alle spalle H24, evitando che commettano errori gravi irreparabili, occorre, sin dall’inizio del processo educativo (e relativi citati concetti base), anche stimolare la loro creatività ed il loro ingegno al fine a trovare metodi leciti per produrre denaro o soluzioni da suggerire alla famiglia per risparmiare o migliorare ciò che si possiede.
In parole povere, in primis far sì che i figli abbiano un paracadute rappresentato da conoscenza e know-how di come districarsi in caso di difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro a stipendio fisso perché, a parte le pubbliche amministrazioni, è una tendenza in costante diminuzione; in secondo luogo, integrarli nella gestione del patrimonio di famiglia tenendo in considerazione le loro proposte.
Ciò presuppone un elevato grado di stima e fiducia nei propri figli, che si è capaci di accordar loro soltanto se si è certi dell’educazione impartita fino a quel momento; l’errore più grave che si possa commettere è “prendere in giro i figli non dicendo loro la verità ritenendoli non all’altezza, soprattutto in materia di gestione delle finanze” e non solo.
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Conclusioni
Educare i figli è un compito irto di ostacoli, abituarli a gestire le finanze lo è ancor di più ed i suggerimenti di questa seconda parte hanno lo scopo di prevenire le insidie frutto di condotte dissolute dovute ad assenza di educazione finanziaria; la prossima settimana parleremo di razionalizzazione ed organizzazione delle spese costanti.
Antonino Papa, 11 marzo 2025