Economia

Lo strano caso di Giappone e Svizzera: inflazione a zero. Ecco perché

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Gli ultimi dati sull’andamento dei prezzi sono allarmanti, anche se le Banche centrali non si stancano di ripetere che si tratta di fenomeni momentanei. In Italia si è superata quota 3%, ma in Germania e Stati Uniti l’anno si chiuderà sicuramente oltre il 6%, un livello che non si vedeva da trent’anni.

Nella zona euro l’inflazione è salita dal negativo -0,3 % nell’ultimo trimestre del 2020 al 2,8 % nel terzo trimestre del 2021. Il dato di ottobre è pari al 4,1 %, un tasso raggiunto una sola volta da quando è iniziata la pubblicazione di questi dati nel 1997.

Ci sono due paesi, tuttavia, che non sono né nella zona euro né in quella del dollaro, ma sono comunque tra i più sviluppati al mondo e cioè Svizzera e Giappone, in cui l’andamento dei prezzi è ancora particolarmente limitato. E questo anche si fa ovviamente sentire il vento degli aumenti delle materie prime e dei semilavorati provenienti dalle filiere globali.

Nell’ottobre 2021 in Svizzera l’indice dei prezzi al consumo (IPC) è aumentato dello 0,3% rispetto al mese precedente, con un rincaro dell’1,2% su base annua. L’Ufficio federale di statistica annota che la crescita dello 0,3% rispetto al mese precedente è riconducibile a vari fattori, tra cui l’aumento dei prezzi dell’olio da riscaldamento e del gas, come pure quelli dei carburanti. Sono invece diminuiti nella Confederazione i prezzi per le insalate e quelli degli ortaggi. A giocare a favore del contenimento dell’inflazione c’è stata anche una significativa rivalutazione del franco svizzero sulla scia degli acquisti come bene-rifugio.

Parallelamente in Giappone l’inflazione è rimasta fredda. L’indice dei prezzi al consumo (CPI) ha registrato in ottobre una variazione pari a +0,1% su anno dopo il +0,2% di settembre.

Svizzera e Giappone non sono isolati dalle tendenze globali. A Tokio In ottobre i prezzi alla produzione sono aumentati del 7,9% su base annua, il più grande aumento singolo dal 1980 soprattutto per i maggiori costi di importazione delle materie prime e delle fonti di energia. Ma nello stesso tempo sono crollate le tariffe della telefonia mobile controbilanciando l’effetto complessivo sull’indice dei prezzi.

C’è poi un aspetto che potremmo definire strategico- industriale. Le imprese dei due paesi appaiono prudenti nel trasferire con immediatezza l’aumento dei costi sui prezzi per timore di un calo della domanda in un momento in cui, uscendo pur lentamente dalla pandemia, appare comunque necessario sostenere gli acquisti e le esportazioni.

A frenare l’aumento dei prezzi c’è poi il fatto che anche in questi due paesi sono stati praticamente smantellati i meccanismi di indicizzazione, quei meccanismi che negli ultimi decenni del secolo scorso favorivano la rincorsa tra prezzi e salari. E per l’Italia si possono ricordare le battaglie sulla scala mobile.

E’ molto probabile che nei prossimi mesi anche in Giappone e in Svizzera si inizieranno a registrare gli stessi problemi deli altri. Anche i problemi di fondo dell’economia globale non potranno che toccare anche due economie aperte come quelle di Berna e Tokio. Le difficoltà delle catene produttive, gli ostacoli fisici o politici al commercio internazionale, la riduzione degli investimenti nelle fonti fossili, l’impennata della domanda in alcune aree, le strozzature nell’approvvigionamento di componenti elettronici, sono tutte realtà che non potranno che spingere, almeno nel breve-medio termine, l’inflazione al rialzo.

Le banche centrali e i governi cercando di gettare acqua sul fuoco soprattutto per evitare che crescano le aspettative che hanno un ruolo fondamentale nel meccanismo di formazione della spesa e dell’inflazione. I lavoratori devono convincersi che l’inflazione è temporanea senza chiedere aumenti salariali. Altrimenti le imprese scaricherebbero immediatamente questi maggiori costi sui prezzi di vendita.

E peraltro aspettative di aumenti dei prezzi farebbero anticipare la domanda di beni e servizi rendendo reale quello che era solo una possibilità.

Gianfranco Fabi, 30 novembre 2021

 

 

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