Economia

Realtà o Utopia? Questo è il dilemma

Realtà o Utopia? Questo è il dilemma.

Realtà o Utopia? Questo è il dilemma. Il Superbonus 110% incarna l’innamoramento vero e proprio: ha creato scintille, ha aizzato gli animi e ha fatto riscoprire le farfalle nello stomaco a molti, pur pensando che queste fossero decedute da tempo.

Ci si chiede se questa scintilla possa diventare la forza propulsiva per riaccendere i motori dell’economia italiana e ancor più, se possa far ripartire un settore che da anni è in ginocchio e che, a fatica, cerca di rialzarsi: l’edilizia.

Una mossa audace quella del Governo: concedere allettanti detrazioni d’imposta privandosi – fino al 2026 – di gran parte del gettito fiscale, in un momento, quello dello stad-by-Covid, in cui tante sono state le proroghe ai pagamenti e i tagli alle imposte e tasse in genere.

Una strategia un po’ opportunista e talmente acclamata che non poteva di certo ritardare ad arrivare.

La priorità era far ripartire i consumi e cercare di spingere milioni di contribuenti a tornare a spendere all’interno dei confini nazionali, “finanziando” imprese italiane e l’ammodernamento del Paese. Al contempo si è cercato di dimostrarsi capaci di comprendere le esigenze del popolo, sempre più oberato dal pressing fiscale. Una pressione tributaria, oggi intorno al 58%, che non può far voltare lo sguardo altrove: all’innovazione, all’ambiente, alla sicurezza o alla salute.

Ecco allora che il Superbonus 110% altro non è che la sintesi di tutte (o quasi) le esigenze, necessità e speranze. Al massiccio prelievo fiscale, il Superbonus risponde consegnando uno sgravio fiscale superiore alla spesa effettuata, senza tener conto che a bypassare era il messaggio sbagliato, ossia quello del “è lo Stato che vi paga”. Si desiderava un Paese più moderno, all’avanguardia a livello tecnologico ed ambientale nonché strutturalmente elastico per sopportare l’elevato rischio sismico?

Gli interventi agevolati rientrano nell’alveo dell’ecobonus e del sisma bonus.

Il Covid ha anche dimostrato quanto un bilocale in centro a Milano si sia dimostrato troppo angusto per sopportare eventuali lockdown e pandemie?

Le unità collabenti (in gergo, ruderi anche in aperta campagna) rientrano tra gli immobili oggetto di interventi agevolati. Ed infine, come riuscire a far ripartire l’edilizia? Il Governo ha avuto in serbo qualcosa per il comparto immobiliare.

Chi scrive, non vuol finire di fare polemica, ma quel che sembra, parafrasando l’articolo 119 del D.L Rilancio, è più un messaggio promozionale che la sintesi di idee politiche utili a risollevare le sorti del Paese.

Un messaggio promozionale che per alcuni diventerà un’offerta a pacchetto, di quelle “compri 3 e paghi 2”. Sì perché ogni 3 imprese che opteranno per la cessione del credito o lo sconto in fattura, 2 imprenditori saranno costretti a voltare lo sguardo verso quelle nuove procedure concorsuali, che fanno dei cash flow, gli elementi fondamentali per valutare la capacità dell’impresa di soddisfare le obbligazioni contratte.

Una favola votata all’insuccesso.

La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato a gennaio 2020 l’Osservatorio sui bilanci delle srl 2018 – Focus settore costruzioni.  Il Focus presenta i risultati relativi ai principali indicatori economici ed indici di bilancio delle srl, che operano nel mercato dell’edilizia e che nel biennio 2017-2018 presentano un patrimonio netto ovvero un risultato di esercizio, positivo.

I dati ivi contenuti mostrano come a livello aggregato, nel 2018, solo l’8,78% di ricavi si trasforma in risultato operativo. Nel dettaglio l’utile rispetto al fatturato è pari al 20,12% nelle microimprese, all’8,70% nelle piccole imprese, al 7,70% nelle medie imprese e all’8% nelle grandi imprese.

Parallelamente, oggi, gli istituti finanziari per poter divenire dei veri e propri “incubatori” delle agevolazioni fiscali, pretendono di essere remunerati per il servizio reso. Ponendo quindi un utile pari al 9% del fatturato, se i costruttori ed imprenditori edili decidessero di cedere il credito perderebbero, oggi, il 20%-30% sull’utile che banche ed altri intermediari trattengono per far sì che l’operazione sia economicamente vantaggiosa (vantaggiosa per loro).

Esemplificando, la conclusione è oltremodo ovvia. Un intervento edilizio pari a 30.000 euro sconta con il Superbonus,  un’agevolazione  pari a 33.000 euro. L’agevolazione viene usufruita in parte (al 50%) dal committente dei lavori che la porta direttamente in detrazione in dichiarazione dei redditi in quote costanti. La restante parte, pari ad ulteriori 16.500 viene “scontata” direttamente dal fornitore che quindi riceve dal cliente il credito di imposta.

Pertanto, l’imprenditore incassa 16.500 di cui 1.485 euro si trasforma in utile (pari al 9%).

L’imprenditore edile cede a sua volta la detrazione d’imposta all’istituto creditizio: quest’ultimo per 16.500 euro concede circa 12.000 euro. L’onere differenziale è il mancato guadagno netto che l’imprenditore perde in ogni singola operazione di cessione, con la conseguenza che si riduce la liquidità dell’impresa, si attivano, giocoforza, meccanismi di indebitamento, sino al momento in cui la crisi finanziaria diventa una crisi economica conclamata.

Tutto ciò per dimostrare non tanto che la cessione del credito o lo sconto in fattura impattano negativamente sulle finanze aziendali, ma che il Superbonus è limitato esclusivamente a quelle imprese che redigono business plan adeguati e che mantengono sotto ferreo e costante controllo i flussi di cassa. In mancanza, l’alternativa conseguente è pressochè palese: la liquidazione o ancor peggio il fallimento.

È necessario quindi un’accurata programmazione e controllo, contratti capaci di blindare responsabilità e ultimazione dei lavori, una saggia scelta in termini di affidamento di lavori e garanzie assicurative.
Solo così il Superbonus è destinato ad essere una ”poesia” piuttosto che una promozione mediocre reperibile nel banco dei prodotti in scadenza.

 

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