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Fidelity: “Ecco i motivi della fiammata dei prezzi e che cosa può succedere”

Inflazione. Poche volte negli ultimi dieci anni le cronache hanno insistito tanto sul “caro vita” come in questi mesi in cui l’economia mondiale si sta lasciando alle spalle l’emergenza Covid grazie a una rapida ripresa. L’incubo di un generalizzata fiammata dei prezzi al consumo non solo sta tenendo banco nelle riunioni delle banche centrali chiamate a decidere come e quando avviare il ritiro degli aiuti, a partire dal tapering della Federal Reserve statunitense, ma anche sui tavoli dei governi nazionali e delle aziende di ogni dimensione. Tutti stanno cercando di capire se l’ondata inflativa sarà davvero temporanea, come ripetono la stessa Fed e la Banca centrale europea, o invece strutturale. Nel frattempo i Paesi avanzati sono alle prese con almeno due problemi industriali: la scarsità di materie prime, chip in testa, e il caro petrolio, visto il barile giunto ormai a quota 80 dollari. “Con forze sia transitorie che strutturali in gioco, le aziende stanno lottando con un ambiente inflazionistico che è tutt’altro che semplice. Qualsiasi prolungamento delle presunte pressioni transitorie potrebbe aumentare le aspettative di un’inflazione più duratura, mentre è probabile che fattori strutturali come il costo della decarbonizzazione influiscano sui prezzi molto più a lungo”, sottolinea Terry Raven director, European Equities di Fidelity International, colosso del risparmio gestito con quasi 50 anni di storia che a fine 2020 gestiva asset per un totale di 453,8 miliardi di euro per conto di oltre 2,5 milioni di clienti nel mondo. 

 

L’inflazione ai raggi X

Terry Raven director, European Equities di Fidelity International

“Secondo l’ultimo sondaggio degli analisti di Fidelity International, le aziende stanno affrontando un mix di pressioni inflazionistiche, sia transitorie che strutturali”, prosegue Raven notando come sebbene la maggior parte degli esperti interpellati ritenga che il trend sia di carattere più transitorio, “le forze strutturali potrebbero continuare a far aumentare i prezzi anche qualora le strozzature temporanee dovessero attenuarsi”. Per capire quello che potrebbe succedere basta pensare alle ripercussioni che il caro materie prime, gas e petrolio in testa, ha già avuto sulle bollette di famiglie e imprese. Una stangata annunciata sull’economia che per il momento l’Italia e altri Paesi hanno attenuato con interventi mirati sugli oneri di sistema ma per cui sono allo studio anche interventi congiunti a livello di Unione Europea. I timori degli economisti sono puntati comunque sulla generalizzata scarsità di materie prime per sostenere la ripresa, a causa dei problemi di approvvigionamento oggi esistenti. “L’interruzione della catena di approvvigionamento può durare ancora a lungo”, avverte l’esperto di Fidelity International. “La natura delle pressioni inflazionistiche – prosegue Raven – varia a seconda del comparto. Gli analisti dedicati al settore dei materiali e dei consumi sono più fiduciosi rispetto al fatto che le pressioni inflazionistiche che devono affrontare le aziende del loro segmento di riferimento siano transitorie e molti ritengono che i prezzi dovrebbero moderarsi man mano che i problemi delle forniture saranno risolti”.

 

Che cosa può succedere nei prossimi mesi 

Il contesto ha reso difficoltoso reperire le materie prime gonfiandone i prezzi, ma la situazione – secondo alcuni osservatori – dovrebbe normalizzarsi nei prossimi 12 mesi perlomeno sul fronte nordamericano e su quello europeo. Altri analisti sono tuttavia meno ottimisti, avverte l’esperto di Fidelity International. “Sebbene i colli di bottiglia alla fine si allevieranno, ciò richiederà tempo, e alcune aziende si aspettano che i problemi della catena di approvvigionamento potrebbero persistere. Questo mese abbiamo anche chiesto agli analisti le loro prospettive per l’inflazione nei prossimi 12 mesi. Oltre due terzi hanno dichiarato di aspettarsi un aumento delle pressioni nel periodo”. L’aumento dei costi di trasporto dovuto ai vincoli della catena di approvvigionamento – commenta un analista che si occupa delle aziende nordamericane di beni discrezionali – “dovrebbe essere in gran parte transitorio e probabilmente supereremo il picco durante le festività natalizie. Ma una parte dell’inflazione dei costi delle materie prime, dovuta all’aumento della domanda, sembra richiederà più tempo per essere coperta dal ripristino dellofferta, e per questo dovrebbe persistere ancora”.

 

Il problema strutturale: chip, salari, decarbonizzazione 

Ai fenomeni contingenti che stanno infiammando i prezzi al consumo, si sommano infatti anche alcune componenti strutturali. Con l’esito di impattare sul sistema produttivo. Un analista che segue le aziende industriali europee nota in particolare che “mentre stiamo assistendo a tutte le normali pressioni inflazionistiche transitorie per le auto, ce ne sono alcune strutturali sottostanti causate dal maggior numero di semiconduttori nei veicoli che si scontra in questo momento con la limitata offerta di chip”. Tanto che lo stesso settore dell’automotive è già stato costretto a blocchi temporanei degli impianti. E la situazione non è molto diversa nel mondo dell’hi-tech, anch’esso alle prese con cali della produzione; giova ricordare che la stessa Apple non avrà probabilmente da qui a Natale sugli scaffali dei suoi store tutti gli iPhone che avrebbe voluto. Questo non potrà che aumentare l’attenzione del mercato verso il prossimo test delle trimestrali. Ma i nodi strutturali inflattivi – ricorda Fidelity – sono anche altri due: la componente dei salari e il costo della decarbonizzazione. “Sia le materie prime che i costi del lavoro mostrano una tendenza strutturale al rialzo”, conclude Raven invitando a riflettere sul combinato disposto della fornitura limitata di carbone e acciaio nel mezzo del percorso verso la sfida cruciale della neutralità carbonica per la salute del Pianeta. 

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