Economia

Draghi: dal caro bollette al caro ombrellone, la fine di un’era

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Il 2022 e Draghi decretano la fine di un’era. Stop ai rinnovi automatici delle concessioni per le spiagge. Dal 1° gennaio 2024 infatti le concessioni saranno assegnate tramite gara. Così ha deciso all’unanimità il Consiglio dei ministri che ha approvato un emendamento al Dl Concorrenza e un disegno di legge che prevede una delega al governo per l’adozione, entro sei mesi, di uno o più decreti legislativi per semplificare la disciplina sulle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative.

Bolkestein: storia di una legge mai applicata

È dal 2006 che l’Unione Europea chiede risposte all’Italia riguardo la direttiva Bolkestein che ha lo scopo di promuovere la parità di professionisti e imprese nell’accesso ai mercati all’interno dell’Unione Europea. Secondo la direttiva, dunque, concessioni e servizi pubblici devono essere affidati a privati solo con bandi pubblici, attraverso asta, nello specifico in questo caso concessioni delle spiagge che sono state rilasciate dagli enti locali.

L’Italia però non si era adeguata, limitando così la concorrenza, richiesta anche dal Recovery Fund ed in linea con le raccomandazioni di Bruxelles per scongiurare la maxi sanzione legata alla procedura di infrazione dell’Ue. Per contro, mette in fibrillazione migliaia di imprese: temono di perdere ciò su cui si basa la propria attività o di dover sostenere spese più alte.

Una volta che il Pnrr ha imposto di adeguare il nostro mercato interno alla Bolkestein, Draghi ha tentato di approvare la norma già nell’agosto scorso poi in autunno quando fu licenziato il ddl concorrenza orfano però della norma più indigesta: le concessioni demaniali, appunto. Poi è arrivato Natale e il dossier Quirinale. Archiviato anche questo, Draghi ha chiesto di chiudere perché non c’era più tempo da perdere. E così è andata.

 

Obiettivi

Lo scopo di questa rivoluzione punta a garantire una maggiore qualità delle spiagge e dei servizi dei lidi attraverso una spinta agli investimenti futuri collegati a promuovere una maggiore concorrenza sulle concessioni che si tramuta anche nei prezzi più bassi risolvendo il problema del “caro-ombrelloni”. Tra gli altri obiettivi c’è anche assicurare un utilizzo più sostenibile del demanio marittimo e favorirne la pubblica fruizione.

Permetterà infatti di ottenere un adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate, offrendo un giusto rapporto tra tariffe proposte e qualità del servizio per tutti, anche per i disabili. E l’accesso al mare gratuito garantito a tutti con la previsione di una costante presenza di varchi (disposizione già prevista per legge ma oggetto di violazioni e abusi). Nell’affidare la concessione saranno tenuti in considerazione gli investimenti realizzati, la professionalità acquisita e gli obiettivi di politica sociale (sicurezza dei lavoratori, protezione dell’ambiente e salvaguardia del patrimonio culturale).

Gli investimenti già fatti verranno tutelati, considerazione per gli imprenditori che nei cinque anni precedenti hanno utilizzato lo stabilimento come principale fonte di reddito e massima partecipazione di microimprese, piccole imprese ed enti del terzo settore.

 

Cosa cambia

La novità riguarda l’inserimento di un vincolo preciso per tutti coloro che parteciperanno alle gare: gli investimenti dovranno essere programmati e dichiarati. Dunque, per avere la concessione sarà necessario dimostrare come si intende migliorare il servizio, come si vuole remunerare l’investimento ma anche tutelare chi li ha fatti dando un vantaggio nella gara. Le licenze per gli stabilimenti balneari dovranno essere assegnate all’asta e non si potranno più rinnovare automaticamente quelle esistenti. L’Italia si adegua così alle regole europee.

 

Durata

La durata della concessione deve essere per un periodo non superiore a quanto strettamente necessario per garantire l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti autorizzati, con divieto espresso di proroghe e rinnovi anche automatici. Previsto anche un indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante, in ragione del mancato ammortamento degli investimenti realizzati.

 

Le polemiche delle associazioni

Le critiche arrivano dalle associazioni di categoria, Massimo Ronzi, vicepresidente di Assobalneari Italia e proprietario balneare in Versilia dichiara: “Va ricordato che noi paghiamo il 22% di Iva mentre gli alberghi la metà e abbiamo l’Imu pur non essendo proprietari. Poi una Tari da 9-10 mila euro e 11 mila euro l’anno di canone demaniale. In Versilia la pulizia della spiaggia è a carico nostro, sono altri 2 mila euro. Nell’Adriatico ci pensano i Comuni”. 

L’associazione annuncia battaglia, son già stati raccolti 160 mila euro per le spese legali per andare fino alla Corte Costituzionale. Se a giugno 2023 saranno avviate le gare, chi lascerà il terreno toglierà anche tutto quello che è suo, secondo Ronzi, se ognuno dovesse rimuovere cabine e ogni struttura, essendo in facile rimozione, cosa rimarrà? Ma soprattutto, quanto impiegheranno i nuovi a riallestire gli spazi?. Dalla loro parte sostengono che possa rappresentare un danno sociale. “Non si può liquidare così un comparto che produce e dà tanto allo Stato – dice Luca Lippi, presidente dei balneari di Viareggio -. È paradossale che vengano imposte a noi delle aste ma non possiamo farle all’estero. Altro che concorrenza, questa è svendita”.  

 

I numeri in Italia

In italia si parla di quasi 30mila concessioni demaniali marittime (con qualunque finalità), oltre 21mila hanno pagato nel 2019 un canone inferiore a 2.500 euro. Degli stabilimenti balneari ad uso turistico solo 3.157 prevedono un canone annuo superiore a 5 mila euro. Lo ha ricordato anche l’Antitrust, a marzo scorso, in un report. Le concessioni con un canone inferiore a mille euro sono invece quasi il 40 per cento del totale (5271, tra cui 312 con un canone inferiore a 100 euro).

Gli ultimi dati nazionali disponibili sulle entrate dello Stato sono del 2019. Per lo scorso anno, infatti, nella relazione tecnica del Decreto Agosto di risposta alla crisi pandemica, si spiega che l’ammontare è stato pari a 115 milioni, di cui solo 83 però effettivamente riscossi. Oltre alla differenza tra quando dovuto e effettivamente pagato, risultano ancora da versare 235 milioni di euro di canoni non pagati dal 2007.

Parliamo di un settore da 1 milione di lavoratori ed un valore di mercato degli stabilimenti balneari stimato dai giudici di Palazzo Spada intorno ai 15 miliardi di euro annui a fronte di canoni complessivi verso lo stato di soli 100 milioni.

Ecco perchè il premier Mario Draghi era intenzionato a risolvere una volta per tutte la questione mai chiusa, che promette entrare nelle casse dello stato rilevanti che si potranno convertire in minori tasse per i cittadini.

Deborah Ullasci, 17 febbraio 2022

 

 

 

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