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Ora l’Irpef ha bisogno di una sforbiciata

Il ceto medio, che rappresenta solo un quinto dei contribuenti, paga due terzi dell’imposta. Così non va.

Nel 2023, secondo i dati del Dipartimento delle Finanze del Mef, il reddito complessivo dichiarato dalle persone fisiche per pagare l’Irpef ha superato per la prima volta i mille miliardi di euro, crescendo del 5,9% rispetto all’anno precedente. Il valore medio per contribuente si è attestato a 24.830 euro, un incremento netto che ha superato la crescita del Pil reale (+0,7%), trainato soprattutto dai lavoratori dipendenti (53,9%) e dai pensionati (30%).

L’Irpef? La paga (quasi tutta) il ceto medio

Il vero motore delle entrate fiscali resta però sempre lo stesso: il ceto medio, o meglio i contribuenti con redditi sopra i 35mila euro, che rappresentano appena il 22% del totale, ma versano il 64% dell’imposta netta. Di questi, il 30% è concentrato nella fascia tra 35mila e 70mila euro. Al contrario, oltre 11,8 milioni di contribuenti (quasi un terzo del totale) non versano alcuna Irpef, grazie a detrazioni, soglie di esenzione e bonus come il trattamento integrativo. Il taglio della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33% è rimasto lettera morta dopo la legge di Bilancio perché le poche risorse disponibili sono state impiegate sempre a vantaggio delle classi più deboli con il decreto Bollette che a chi non paga le tasse perché dichiara un reddito basso ha regalato altri 1,5 miliardi di sconti sull’elettricità.

Il sommerso resta fuori dai radar

Il quadro, però, è parziale. Resta fuori dal perimetro dei dati ufficiali il sommerso fiscale, il vero convitato di pietra del sistema. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2021 il tax gap Irpef era di oltre 33 miliardi di euro, di cui l’88% riferito a lavoro autonomo e redditi d’impresa. Una distorsione che alimenta l’iniquità: chi dichiara di più, paga di più – ma non necessariamente perché guadagna di più. Una questione di cui insieme al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si sta occupando il viceministro Maurizio Leo con la riforma della riscossione.

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Le disuguaglianze territoriali restano marcate. La Lombardia guida la classifica con un reddito medio di 29.120 euro, seguita dalla provincia di Bolzano (28.780). In fondo la Calabria, con appena 18.230 euro. Anche qui, chi vive nelle regioni meridionali parte svantaggiato, e non solo sul fronte reddituale ma anche per quanto riguarda la capacità contributiva.

Chi guadagna di più? I liberi professionisti

Se si guarda alle categorie, il reddito medio più elevato è quello dichiarato dai lavoratori autonomi, che sfiora i 70.360 euro, seguito dagli imprenditori individuali (29.250 euro). I lavoratori dipendenti dichiarano in media 23.290 euro, i pensionati 21.260. Ma attenzione: i redditi dei dipendenti sono calcolati al netto dei contributi, mentre per autonomi e imprenditori sono al lordo, con una media di oltre 10mila euro in contributi figurativi che non emergono nei totali ufficiali.

Un fisco da riformare

I dati 2023 confermano: il sistema fiscale italiano è sbilanciato. Poche persone, con redditi medio-alti, sostengono la gran parte dell’Irpef, mentre evasione e disuguaglianze territoriali continuano a penalizzare l’equità del sistema. Una riforma strutturale, che preveda l’abbassamento tout court dell’Irpef obbligando i contribuenti a pagare previdenza e sanità per conto proprio (non mettendole sul groppone di chi porta avanti la propria impresa con sacrificio o di chi, semplicemente, guadagna di più per merito professionale), resta più che mai urgente.

Enrico Foscarini, 19 aprile 2025

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