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Elogio del lavoro nero

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Come sanno molto bene il presidente della Camera, Roberto Fico, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e il giramondo Alessandro Di Battista, il sistema-Italia si regge sul lavoro nero. È talmente fondamentale, il lavoro nero, che lo stesso Stato (che è parte del sistema-Italia e non il tutto, come vorrebbe essere) ne beneficia. Infatti, lo Stato incassa meno di quanto spende e se non ci fosse il lavoro nero non saprebbe come garantire assistenza, diritti, pensioni. Quindi, il lavoro nero è, lo si voglia o no, a tal punto una risorsa tanto per l’Italia quanto per lo Stato che se non ci fosse andrebbe inventato. Diciamo che è il vero ammortizzatore sociale o, se più piace, il vero reddito di cittadinanza, con la differenza che non è elargito ma è il frutto della fatica di chi s’industria per tirare avanti e non chiudere bottega anche quando tutto ossia lo Stato, le tasse, i mille balzelli, la burocrazia fa di tutto per invogliare alla chiusura.

Tuttavia, da quando è nato il governo Conte 2, che ha riunito il peggio del meglio delle forze stataliste e giustizialiste, non si fa altro che parlare, parlare, parlare – come Amanda Sandrelli in Non ci resta che piangere – dell’evasione fiscale che, se recuperata, diventerebbe la soluzione di tutti i problemi e la fine di tutti i mali. È una colossale menzogna per due semplici motivi: 1) perché se lo Stato, cioè il governo, recuperasse i 100 miliardi evasi li sprecherebbe secondo la logica statalista del pozzo di san Patrizio; 2) perché lo stesso Stato identificandosi totalmente con il sistema-Italia, secondo il principio di Mussolini “tutto nello Stato nulla fuori dallo Stato”, dovrebbe farsi carico di quanti ora non gravano sulle sue finanze e così non riuscendo a soddisfare i bisogni o crollerebbe lo Stato o morirebbe la creatura (l’Italia e gli italiani). Insomma, la via statalista e giustizialista del governo giallo-rosso non è la soluzione ma il problema. Per superarlo bisogna cambiare paradigma o, per parlare come si mangia, bisogna evitare di fare la fine del rospo che per invidia verso la mucca si gonfia fino a esplodere.

L’evasione fiscale non equivale in toto al lavoro nero ma ne è parte. Senza il lavoro nero, che è fatto per non chiudere bottega, lo stesso Stato chiuderebbe la sua bottega. Allora, arrestare, perseguire, vessare, cancellare il contante non ha senso perché significa voler mettere le manette al mondo – arrestarlo cioè fermarlo – e nel mondo ci sono sicuramente i furbi e i ladri ma ancor più gli uomini e le donne e quant’altro che altro non fanno che lavorare per campare.

Allora? Si tratta di cambiare strada e passare dalla via statalista che conduce alla schiavitù alla via liberale che riconosce autonomia. Proprio l’esistenza del lavoro nero permette di tagliare insieme sia la spesa sia le tasse. In questo modo il lavoro nero diventerebbe lavoro bianco: ossia il lavoro resterebbe mentre il nero cadrebbe e ciò che non emergerebbe potrebbe essere meglio perseguito in termini di legge avvertiti, per una volta, più equi e più giusti.

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