Catturare la CO2 e immagazzinarla in modo permanente sotto il fondale marino, così da contribuire alla decarbonizzazione dei settori industriali supportando la transizione energetica. Il traguardo tecnologico, che fino a qualche anno fa avrebbe fatto bella mostra di sé in un libro di fantascienza, è stato raggiunto da Eni che, tramite un’apposita joint venture con Snam, ha da poco avviato lo stoccaggio nei pressi di Ravenna. Vediamo di che cosa si tratta.
Un deposito a 3mila metri di profondità
La CO2 emessa dalla centrale Eni di trattamento del gas naturale di Casalborsetti viene catturata e trasportata fino alla piattaforma offshore di Porto Corsini Mare Ovest, dove viene iniettata e stoccata nell’omonimo giacimento a gas esaurito a circa 3mila metri di profondità: si tratta di circa 25 mila tonnellate su base annua. Il tutto attraverso condotte già esistenti e opportunamente riconvertite.
Impianto primo al mondo per efficienza
Il progetto garantisce un livello di abbattimento superiore al 90%, con punte fino al 96%, dell’anidride carbonica in uscita dal camino della centrale con una concentrazione di carbonio inferiore al 3% e a pressione atmosferica, le condizioni più severe ad oggi riscontrabili dal punto di vista industriale. Queste performance collocano Ravenna CCS come il primo progetto al mondo su scala industriale con tale efficienza di cattura. Non solo, l’impianto è alimentato con energia elettrica da fonti rinnovabili con il risultato che, in termini di bilancio complessivo, la CO2 abbattuta sia pari a quella effettivamente evitata.
Descalzi: “Tecnologia sicura e all’avanguardia”
“Un progetto di grande importanza per la decarbonizzazione è diventato realtà industriale. La cattura e lo stoccaggio della CO2 è una pratica efficace, sicura e disponibile fin da ora per abbattere le emissioni delle industrie energivore le cui attività non sono elettrificabili”, rimarca l’ad di Eni Claudio Descalzi, spiegando come il colosso del cane a sei zampe utilizzi in questo modo i propri giacimenti esauriti, le proprie infrastrutture esistenti e il proprio know-how “per offrire un servizio molto competitivo” che sta “riscuotendo un grandissimo interesse” sul mercato. L’impianto di Ravenna è “parte integrante del nostro piano strategico ed è coerente con la nostra intenzione di porci quale operatore multimolecola per abilitare una transizione energetica giusta ed equilibrata, nell’ambito della quale offrire anche ai soggetti più energivori la possibilità di intraprendere percorsi di decarbonizzazione che ne preservino la competitività”, aggiunge l’ad di Snam Stefano Venier.
Obiettivo stoccare 4 milioni di tonnellate l’anno
Nei prossimi anni il progetto Ravenna CCS entrerà nella Fase 2, con uno sviluppo su scala industriale per stoccare fino a 4 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030, in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. Sarà necessario l’accordo con gli enti e i territori coinvolti, ma si tratta di una grande occasione per il Paese visto che, grazie alla capacità totale di stoccaggio dei giacimenti a gas esauriti dell’Adriatico, i volumi catturati e da immagazzinare nel sottosuolo potranno raggiungere 16 milioni di tonnellate all’anno. Insomma, il progetto di Ravenna si candida a diventare il polo italiano per la decarbonizzazione delle industrie energy intensive e hard to abate; un contributo fondamentale per raggiungere gli obiettivi climatici e la neutralità carbonica al 2050.
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