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Il Pd vuole vietare il festival del libro

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Libro, falce e martello, comunista perfetto. Questo potrebbe essere l’epiteto per Valter Verini, che alla Camera è intervenuto per chiedere (non si capisce bene a chi) che non si svolga il Festival del libro di Todi, in programma dal prossimo venerdì a domenica, perché neofascista. Tra i relatori noti squadristi come il filosofo Stefano Zecchi, la scrittrice Costanza Miriano, Massimo Fini editorialista del giornale di estrema destra Il Fatto quotidiano, Giampiero Mughini. Certo ci sono loschi figuri come Paolo Bargiggia, Francesco Borgonovo e pure il sottoscritto, “indagato per vilipendio al presidente della Repubblica” (ma il vilipendio lo possono realizzare solo i fascisti?).

Nessun neofascista, sono solo tutti autori che hanno un peccato ben più grave: non sono di sinistra, a parte, forse Mughini. Verini ricorda una famosa scena in cui Peppone, eletto alla Camera, interrotto dal suo sonno durante un dibattito, e sentendo vociare, si alza e inveisce contro l’altra parte gridando “fascisti, dove eravate voi quando noi facevamo la resistenza in montagna”. Non è tuttavia l’ultimo dei peone post (?) comunisti, visto che è stato tesoriere del Pr. Ma allora perché si è prestato a questa intemerata, che ricorda molto i tempi di Ceausescu e fa intravedere nei piddini dei nostalgici della Cina e della Corea del Nord (il comunismo, diversamente dal fascismo, è vivo e vegeto)

Perduta la rappresentanza della falce, cioè dei contadini, che per altro hanno sempre votato Dc, e soprattutto quella del martello, cioè degli operai, ai post (?) comunisti è rimasta solo quella del libro. Sorta di sindacato degli scrittori, il Pd non può sopportare che un festival del libro sia organizzato da destra: incredibile, come osano parlare di libri senza invitare maestri della prosa come Concita De Gregorio, Roberto Saviano o magari persino Andrea Scanzi? Doppio oltraggio visto che la kermesse è organizzata in territori che, secondo una visione patronale della geografia politica, considerano ancora loro, cioè l’Umbria. Già è grave che i festival li organizzino in Veneto o in Lombardia, dove secondo loro sono tutti buzzurri e neri, ma in Umbria, questo proprio no.

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