Pillole Ricossiane

La solidarietà di Stato con le nostre tasse

Pillole ricossiane del 14 settembre 2023

© timsa tramite Canva.com

Sergio Ricossa è stata una delle persone più a modo, gentili, preparate e intellettualmente oneste che l’Italia abbia avuto. Proprio questa statura, accompagnata ad una naturale mitezza, gli ha consentito di affrontare anche temi delicati e controversi con una lucidità ed una chiarezza esemplari.

Marco Pannella soleva ripetere che spesso è necessario correre il rischio di risultare impopolari per evitare quello, ben peggiore, di diventare antipopolari. Uno dei terreni “scivolosi” in cui questo può avvenire è quello relativo alla “solidarietà”, argomento per il quale ciascuno ha una propria concezione: tutte rispettabili, fino a che qualcuna di queste non prenda il sopravvento e venga servita come “fratellanza e solidarietà di stato”, imposta per legge.

Nello scoppiettante pamphlet I pericoli della solidarietà – Epistole sul dosaggio di una virtù (Rizzoli, 1993), Ricossa affronta, in modo anche provocatorio, il delicato argomento di chi vuole imporre il proprio concetto di solidarietà, trasformando di fatto una virtù in un’angheria: “Le religioni della fratellanza universale, di cui il marxismo è una variante […] sono tante e contrastanti, benché sempre, in un modo o nell’altro, predichino di annichilire l’io, l’individuo, a favore della collettività, della specie”. [Ibid]

Ricossa ci ricordava che nei Vangeli sta scritto di amare il prossimo come se stessi, ma non di più! Ora noi vediamo che spesso il precetto “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” viene ribaltato in “faccio agli altri quello che vorrei fosse fatto a me”. E spesso, paradossalmente, ci troviamo di fronte a schiere di bene intenzionati che vogliono il nostro bene ad ogni costo, anche a costo di rovinarci la vita.

Per difendersi da costoro Ricossa suggerisce di adottare un antico e sicuro rimedio: “Prendere le distanze è un’arte da coltivare senza superbia, ma con cauta risolutezza quando sembra di avvertire puzza di mafia, di sottogoverno o anche soltanto di cricca solidaristica. Bisogna saper dire “no” al momento giusto. Se non che esiste un tipo di solidarietà il quale non lo consente, ed è, ahinoi, il tipo dominante. Parlo della solidarietà obbligatoria per legge, imposta da politici demagoghi, pagata dai contribuenti inermi, goduta massimamente da burocrati pubblici, inventata nella forma moderna da Bismarck, il cui ideale era trasformare la Prussia in una unica, immensa caserma, trattando i civili come militari” [Ibid].

La solidarietà presuppone considerazioni di ordine morale che debbono essere gestite in un contesto di libertà, libertà di dare e di ricevere. Quando si passa all’imposizione (compresa quella fiscale correlata) si entra in un terreno minato, dove le buone intenzioni possono portare ad esiti opposti.

È il trabocchetto del Welfare State: “La morale implica la libertà. Il valore morale della solidarietà obbligatoria, non libera, è nullo. Il valore economico, inteso come spesa, è altissimo. Il presupposto teorico è che i ricchi paghino per i poveri. La conseguenza pratica è che, più spesso di quanto non si creda, i poveri pagano per i ricchi. Il fisco, un bandito che non è mai stato il Robin Hood della foresta di Sherwood, è diventato oggi, in Italia e altrove, il Robbing Hood del regno di ID: mi riferisco a un classico, i fumetti di Parker e Hart.” [Ibid]

Fabrizio Bonali, 14 settembre 2023

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