Una tregua parziale, limitata agli attacchi aerei e alle operazioni nel Mar Nero, come primo passo verso una soluzione più ampia della guerra in Ucraina. È questa la proposta che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky presenterà oggi alla delegazione americana riunita a Riad, in Arabia Saudita. Un incontro cruciale, il primo dopo il clamoroso scontro con Donald Trump nello Studio Ovale, che il leader di Kiev spera possa aprire la strada a una rinnovata collaborazione con Washington dopo mesi di tensioni.
Il piano ucraino è stato definito “promettente” da funzionari americani, pur con la precisazione che Kiev dovrà fare delle concessioni sui territori annessi dalla Russia dal 2014, se vuole davvero arrivare a un accordo che ponga fine al conflitto. In un contesto internazionale che vede il disgelo tra Washington e Mosca proseguire, seppur in modo lento e complicato, Zelensky arriva a Gedda con l’intento di convincere l’Occidente a rinnovare il supporto militare e la condivisione dell’intelligence, fondamentali per la resistenza dell’Ucraina.
“L’Ucraina ha cercato la pace fin dal primo giorno della guerra”, ha dichiarato Zelensky sui social, aggiungendo che “l’unica ragione per cui il conflitto continua è la Russia”. Il presidente ucraino, dopo aver disertato un incontro a Gedda tre settimane fa, è ora pronto a mettere sul tavolo una proposta concreta: un cessate il fuoco che coinvolga le operazioni aeree e marittime. Secondo un alto responsabile ucraino, questa soluzione sarebbe la più semplice da attuare e monitorare, con possibilità di avvio immediato.
Da parte sua, Trump ha dichiarato di aspettarsi “buoni risultati” dai colloqui di Riad, sottolineando che la revoca del blocco sulle informazioni di intelligence potrebbe essere una conseguenza positiva di queste trattative. Tuttavia, il tycoon ha ribadito che l’Ucraina deve “dimostrare serietà” nelle trattative di pace, poiché “non ha le carte” per poter vincere senza compromessi. Trump ha ricordato l’enorme impegno economico degli Stati Uniti, con 350 miliardi di dollari già spesi, e ha messo in evidenza la tragica perdita di vite umane, riferendosi ai recenti combattimenti nei fronti di Kursk e Donetsk.
Alla delegazione americana, composta dal segretario di Stato Marco Rubio e dal consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, si contrappone quella ucraina, che include il capo dell’ufficio presidenziale Andriy Yermak e i ministri degli Esteri e della Difesa Andriy Sybiga e Rustem Umerov. L’obiettivo dichiarato di questi incontri è “stabilire chiaramente le intenzioni dell’Ucraina” riguardo alla pace e assicurarsi che Kiev sia disposta a fare compromessi difficili, come anche la Russia.
In parallelo, la questione dell’accordo sui minerali ucraini, che aveva visto un brusco fallimento nelle trattative a Washington, resta un tema caldo. Le fonti ucraine sembrano ottimiste riguardo alla possibilità che un’intesa venga raggiunta proprio a Riad, entro i prossimi giorni. La diplomazia americana sta lavorando anche per risolvere il nodo degli aiuti, con l’obiettivo di ripristinare il flusso di supporto militare e di intelligence verso Kiev.
Intanto, il premier britannico Keir Starmer ha auspicato che i colloqui di Riad portino a un “esito positivo”, tale da consentire una ripresa del sostegno occidentale all’Ucraina. Tuttavia, in Arabia Saudita non sono previsti colloqui diretti tra Stati Uniti e Russia. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha precisato che il percorso per una normalizzazione delle relazioni bilaterali è ancora nelle fasi iniziali, con difficoltà e incertezze che continueranno a caratterizzare questo cammino.
Seppur con il contesto geopolitico ancora instabile e pieno di incognite, l’incontro di Riad segna un passaggio significativo nelle trattative per la fine della guerra in Ucraina. La domanda che tutti si pongono ora è se questa nuova opportunità diplomatica saprà davvero far breccia nella resistenza di Mosca e convincere Kiev a fare i compromessi necessari per giungere a una pace duratura.
Ma non è tutto, perchè al dibattito si è aggiunto il dossier Elon Musk. L’imprenditore sudafricano, proprietario della piattaforma social X, ha rivelato in un post che la rete ha subito un “massiccio attacco informatico”, sottolineando la portata straordinaria dell’incidente. “Veniamo attaccati ogni giorno, ma questo è stato un attacco su scala molto più grande” ha dichiarato Musk, indicando che dietro l’offensiva potrebbe esserci un gruppo organizzato o addirittura uno Stato. Secondo quanto ricostruito, l’attacco sarebbe partito da una serie di indirizzi IP situati nell’area dell’Ucraina. “Non sappiamo esattamente cosa sia successo, ma l’origine sembra essere legata a indirizzi IP localizzati in quella regione”, ha spiegato il magnate in un’intervista a Fox Business.
Secondo quanto riportato da Newsweek, un gruppo di hacker noto come *Dark Storm Team* avrebbe rivendicato la responsabilità dell’attacco DDoS, che ha causato il blocco degli accessi alla piattaforma. Questo collettivo è noto per la sua abilità in attacchi informatici sofisticati e per le operazioni di hacking rivolte a sistemi di alta sicurezza. Formatosi nel 2023, Dark Storm Team si distingue per un’impronta filo-palestinese nelle sue attività, come emerso da analisi di Orange Cyberdefense. Recentemente, il gruppo ha minacciato di lanciare una serie di attacchi informatici contro i siti web dei governi di paesi membri della NATO, Israele e alleati di quest’ultimo, come dichiarato in un post pubblicato su Telegram lo scorso mese.
Questo cambierà qualcosa tra Musk e Kiev? Per il momento è da escludere. Anche prima dell’attacco hacker, seppur in maniera perentoria, il magnate aveva evidenzato: “Per essere estremamente chiari, non importa quanto io non sia d’accordo con la politica ucraina, Starlink non spegnerà mai i suoi terminali. Sto semplicemente affermando che, senza Starlink, le linee ucraine collasserebbero, poiché i russi possono bloccare tutte le altre comunicazioni! Non faremo mai una cosa del genere né la useremmo come merce di scambio”. Una buona notizia per Zelensky, anche perchè le ripercussioni sono note a tutti, a partire da Musk: “Se spegnessi Starlink, la prima linea di Kiev crollerebbe”.
Franco Lodige, 11 marzo 2025
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