Certo che i salari in Italia sono bassi. Anzi, tra i più bassi d’Europa. Eppure, tra bandiere (rosse) al vento e comizi pieni di retorica, non c’è un solo sindacalista che osi chiedere l’unica riforma seria: dimezzare il carico fiscale e contributivo che lo Stato impone su chi lavora e produce. La sinistra invoca il “salario minimo” per legge, i sindacati piangono sulla condizione del lavoratore. Ma nessuno – nessuno – punta il dito verso il vero colpevole: il Leviatano statale, che dissangua lavoratori e imprenditori per alimentare burocrazie inutili e sprechi infiniti.
Il teatrino è sempre lo stesso: la colpa viene attribuita al solito imprenditore “avido”, perpetuando uno scontro di classe da museo delle ideologie, stile anni ’50. E così, mentre il mondo corre, in Italia si continua a recitare il copione di un socialismo che ha già fallito ovunque, ma qui continua a mietere successi. A danno del lavoro vero, della produttività e della libertà.
I numeri non mentono: l’Italia è fanalino di coda per salari netti, ma è sul podio per pressione fiscale e contributiva. La distanza tra quanto un’impresa paga e quanto il lavoratore riceve è abissale. E non c’è bisogno di alcun nemico esterno: basta il fisco. Il vero scontro di classe oggi è tra chi produce, crea valore e lavoro e uno Stato famelico che non sa rinunciare al suo ruolo di padrone e parassita. Tutti i governi – tutti – hanno alimentato questa macchina. Con un’aggravante per quelli di centrodestra: sono arrivati al potere promettendo meno tasse e meno Stato. Hanno fatto il contrario.
La sinistra, invece, gioca a carte scoperte. Da sempre ostile al libero mercato, ha nel proprio dna la lotta a ogni forma di economia liberale. E in questo è coerente: lavora incessantemente per distruggere benessere, creatività e impresa. E ci riesce benissimo. Questa non è la festa del lavoro. È la festa dello Stato contro il lavoro. E finché non si avrà il coraggio di dirlo, ogni primo maggio sarà solo una messa laica celebrata da chi vive di tasse e sogna il salario di Stato per tutti.
Andrea Bernaudo, 1° maggio 2025
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis)