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Quell’asse Germania-Ue contro l’Italia

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Nell’ultimo vertice europeo si è decretata una frattura che rischia di diventare insanabile. La spaccatura fra il fronte italiano, spagnolo e francese, che invoca l’implementazione di dispositivi finanziari inediti e straordinari, e quello tedesco, olandese e austriaco che, invece, nega l’intervento di misure eccezionali, attesta il definitivo tramonto dell’ideale europeo. E che a prendere le parti dello schieramento rigorista sia stata la presidente Ursula von der Leyen in persona (“Coronabond? Uno slogan, le riserve della Germania sono giustificate”) la dice lunga su una divaricazione politica che, qualora perduri, è prodromica della dissoluzione europea. I falchi del nord, con il ventriloquo della Merkel, l’olandese Rutte, non concedendo spazi all’utilizzo senza condizionalità del Mes e agli eurobond si ostinano nell’ottusa idolatria di una rigidità che i tempi correnti non autorizzano.

Le vestali del rigore non cedono, nonostante la drammaticità della contingenza destinata a degenerarsi in strutturale privazione, ad una applicazione flessibile degli istituti vigenti come il Mes e all’emissione di eurobond per reperire risorse. Una rigidità dogmatica che ammaina la bandiera dell’Europa confermandosi prigioniera di vizi egoistici che in tempi ordinari potevano avere una loro legittimità, ma nella straordinarietà corrente sono espressioni blasfeme di quei postulati di solidarietà con cui la visione apologetica europeista ha fuorviato i popoli. Alla drammaticità della crisi, che può sfociare in depressione economica ed ecatombe sociale, è d’obbligo replicare con la perentorietà di interventi espansivi senza i quali rischiamo di essere inghiottiti dalla voragine provocata dallo smottamento della produzione nazionale. E nell’economia interconnessa il pregiudizio di una parte non rimane isolato e confinato, ma si propaga al sistema in cui è integrato.

Per l’ex banchiere centrale Mario Draghi la depressione economica, causata dalla crisi di proporzioni bibliche, va neutralizzata con una massiva mobilitazione finanziaria, ricorrendo ad un indebitamento illimitato che è il solo strumento abilitato, in questa fase, ad immettere la necessaria liquidità in sostegno dei singoli operatori e dei grandi aggregati economici. L’Europa, che nel momento più drammatico per la vita del suo popolo si sottrae a dare risposte economiche certe, indugiando e differendo una reazione comune e solida, conclama il suo fallimento. Non è il tempo di parametri subordinati alla contabilità, ma è il momento dei programmi subalterni alla vivibilità per non essere sepolti dalla valanga di un cataclisma economico a cui occorre opporsi innalzando la diga monetaria. I ministri delle Finanze entro 15 giorni devono trovare un accordo, tuttavia la mediazione è destinata a vanificarsi qualora permangano i veti della coalizione “nordista”, che non può ignorare l’eccezionalità congiunturale a cui è tassativo contrapporre misure straordinarie in una logica di solidarietà continentale.

La Germania si ricordi dell’accordo sul debito firmato a Londra nel 1953 che cancellava parzialmente le sue passività estere, comprese quelle maturate come riparazioni della seconda guerra mondiale. Attingere al Mes senza vincoli capestro può rappresentare un utile anticorpo per immunizzare l’organismo produttivo dagli effetti di una ipotermia economica dalle conseguenze sociali devastanti. Le prime forme di ribellione nel Meridione sono assaggi di un focolaio insurrezionale che può dilagare se non si debella il virus del disagio e delle privazioni.

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