Politica

Riarmo, l’elenco delle bugie Ue per metterci l’elmetto

Si racconta che quando Eisenhower chiese a Churchill se il Regno Unito si sarebbe alleato con gli americani a dar manforte in Vietnam, lo statista britannico domandò: «Perché mai?». «Per contrastare i Russi». «Non preoccuparti: entro 50 anni l’Unione Sovietica crollerà sotto il peso del proprio sistema economico» tagliò corto Churchill. Era il 1953 e, come sappiamo, la previsione si è avverata in meno di 40 anni. Non credo bisogna essere un Churchill per prevedere che, al pari di quella Sovietica, anche l’Unione Europea, in cammino verso il baratro della guerra, crollerà sotto il peso della propria stessa elefantiaca burocrazia e di un sistema legislativo farraginoso e parolaio.

A uno che provi, magari con buona volontà, a leggere anche uno solo dei parti delle brillanti menti della Commissione o del Parlamento Ue, gli passa subito la voglia dopo le prime righe: tutto lo respinge, la stomachevole prosa, la contorta sintassi, la prolissità e ripetitività dei testi. Visto che la cosa ci sta a cuore, armati del necessario masochismo, leggiamo il testo della risoluzione sulla politica della difesa. Un mostruoso mattone che prima di arrivare al dunque, comincia coi soliti “visto che” (ce ne sono 70) e “considerando che” (ce ne sono 80).

Di questi, il primo recita: «considerando la scelta del regime russo di dichiarare guerra ai Paesi europei». Che è quanto basta per finirla qua: l’intera risoluzione – dalla quale, dei nostri parlamentari italiani a Bruxelles, quelli della Lega si sono dissociati con voto contrario e quelli di FdI si sono astenuti, e a favore della quale hanno votato i bellicosi parlamentari del Pd (tipo, Annunziata, Bonaccini, Ruotolo, Zingaretti) – può tranquillamente cestinarsi sul nascere, visto che apre con una palese bugia. Gli altri “considerando” son perle da non perdersi. Eccone alcune. Le premesse che indurrebbero la Ue alla chiamata alle armi sono il fatto che la Russia stia «rafforzando le proprie alleanze» (dovrebbe indebolirle?), che Trump osi «far pace con la Russia», che quasi 2 miliardi di cinesi aspirino (ohibò) «ad un ruolo dominante nel globo», e (guarda un po’), proprio «sul versante del Pacifico». Da un lato la Ue pretende che l’Ucraina continui ad essere foraggiata di armi «per tutto il tempo che le serve fino alla vittoria militare», dall’altro lamenta di essere stata «esclusa dai negoziati di pace». Sulle politiche migratoria, energetica, economica – anziché piangere su sé stessa – la Ue si sente colpita da «una gamma complessa e diversificata di minacce», sferrate da non si sa chi. Anzi, si sa, ché lo dicono dopo quattro lenzuola di parole: «dalle continue azioni malevole da parte della Russia e della Bielorussia volte a destabilizzare l’Ue spingendo i migranti a entrare forzosamente in paesi dell’Ue».

Ora sappiamo con chi prendercela per l’invasione dei migranti: con Russia e Bielorussia. E, a proposito di minacce, si chiede che i cittadini Ue «ne abbiano viva la percezione», come condizione necessaria per convincersi ad armarsi. E per aumentare la percezione della minaccia, progettano di «mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani», giacché «si riconosce l’importanza della resilienza psicologica degli individui». Armarsi servirebbe per lanciare ai (non meglio specificati) «nostri avversari il segnale che questi non potranno resistere alla Ue»: insomma, se leggo bene la lingua scritta, è la Ue che sembra avere bellicosi pruriti di sferrare attacchi contro i quali gli avversari non potranno resistere. Pruriti confermati dalla evocazione di misteriosi «campi di battaglia» sui quali «l’intelligenza artificiale può svolgere un ruolo significativo». Ed è per questo che la Ue avrebbe deciso di seguire il consiglio di «un numero crescente di esperti che ritiene necessario fissare un obiettivo in materia di investimenti nel settore della difesa pari al 3% del Pil». Chi siano codesti esperti non è dato sapere, ma la cosa non sorprende, giacché la Ue è notoriamente dotata di una inesauribile fonte di esperti in molti altri settori: si pensi a quello dei cambiamenti climatici i quali, appunto, emergono come i cavoli a merenda anche in questa risoluzione sul riarmo: «i cambiamenti climatici pongono seri rischi per la sicurezza dell’Ue e per la regione artica».

Nei 200 commi «si sottolinea, si deplora, si ritiene, si invita, si esorta, si ribadisce, ci si rattrista, ci si rallegra» e via di questo passo. Nel leggere, il pensiero corre veloce all’apprezzato capolavoro di Almodovar, “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”. E così, per esempio: «Si sottolinea la gravità delle minacce alla sicurezza del continente europeo; il rischio che la Corea del Nord studi tattiche di combattimento avanzate con l’intenzione di applicarle in potenziali conflitti futuri; la necessità che, al riguardo, la Ue prepari azioni olistiche (sic!) che riflettano i principi dell’uguaglianza di genere e della diversità, promuovendo ambienti militari inclusivi, che garantiscano che i conflitti armati siano considerati nell’ottica di una prospettiva di genere. Si ricorda, a tale proposito, l’importanza di rafforzare la partecipazione delle donne alla prevenzione e risoluzione dei conflitti, e si insiste sulla piena e significativa partecipazione delle donne nelle missioni militari». Leggere è uno spasso, se non ci fosse la sensazione di stare a perdere il proprio tempo. Si sottolinea, in un passo, «il ruolo cruciale del disarmo» e, in quello successivo, o poco oltre, come a spargere benzina sul fuoco, «che il futuro dell’Ucraina è nella Nato». Si deplora, da un lato, «l’indebolimento dei regimi di controllo degli armamenti» e, dall’altro, «qualsiasi tentativo di indurre l’Ucraina ad arrendersi». Anzi, «si ritiene controproducente l’attuale tentativo da parte dell’amministrazione statunitense di negoziare un accordo di cessate il fuoco e di pace».

In una sequenza di commi si piange da un occhio «per il cambio di posizione degli Stati Uniti sulla guerra di aggressione della Russia, per il sostegno della Cina alla Russia e per la rinnovata amicizia tra i due Paesi, per la sorveglianza e il sabotaggio da parte della Russia e della Cina di infrastrutture marittime critiche, come i cavi di comunicazione sui fondali marini e gli impianti energetici offshore». Stravagante lamentela visto che la Russia aveva chiesto un’indagine internazionale presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ma la richiesta fu respinta. Ma si ride con l’altro occhio, visto che in altri passi della Risoluzione ci si «rallegra dell’aumento della quota di Pil destinato alle armi» e, in particolare, della «decisione di fornire all’Ucraina armi, aerei da combattimento, droni, sistemi di difesa aerea, sistemi d’arma e munizioni, compresi missili da crociera aviolanciati e sistemi terra-terra; in particolare ci si rallegra dell’avvenuta consegna all’Ucraina di un milione di munizioni di artiglieria». In questo bellicoso tripudio, senza vergogna «si ritiene che il programma di armamento nucleare dell’Iran rappresenti una delle principali minacce alla sicurezza globale».

Questi guerrafondai sostenitori di Ursula, si riempiono la bocca di democrazia, ma anziché rispettare i voti contrari a ciò che piace loro, deplorano «il voto del governo statunitense, allineato con quello russo, in seno all’Assemblea generale dell’Onu e del suo Consiglio di sicurezza»; e deplorano anche «la scelta della Cina di sostenere la Russia, la scelta della Turchia di non voler sanzionare la Russia e di aver firmato intese con la Libia». Approvano lo stravagante principio di “pace attraverso la forza”, buono per la Ue ma non per altri, visto che condannano «fermamente le esercitazioni della Cina e il programma di armamento nucleare dell’Iran». Ebbri di violenza, invitano «gli Stati membri a revocare tutte le restrizioni che impediscono all’Ucraina di utilizzare sistemi d’arma occidentali nel territorio russo, a sostenere il piano per la vittoria del presidente ucraino Volodymyr Zelensky quale unica via percorribile», e ribadiscono che «l’Ue e la Nato dovrebbero impegnarsi a fornire sostegno militare all’Ucraina con almeno lo 0,25 % del loro Pil annuo».

Con singolare coerenza, ribadiscono «il diritto naturale dell’Ucraina di scegliere il proprio destino», diritto che però negano alla Crimea, al Donbass; e perfino all’Ungheria negano il diritto al dissenso giacché «esortano il governo ungherese a desistere immediatamente dagli sforzi tesi a ostacolare le azioni dell’Ue». Osservano «con preoccupazione le azioni della Russia volte a trattenere la Moldova nella sua sfera di influenza» ma elogiano «l’istituzione e le operazioni della missione di partenariato dell’Ue in Moldova». In uno spassoso comma, si inventano di sana pianta una presunta «violazione della Russia del trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967», evocando fantomatiche bombe nucleari russe non si capisce se sulla Luna o in orbita. Nel corpo si tanta tragica comicità devo dire che una sola cosa m’inquieta: ove sottolineano «che dovrebbero essere prese in considerazione riflessioni istituzionali sulla revoca del requisito dell’unanimità». Non sembrano capire che più mortificano gli stati nazionali più veloce sarà la dissoluzione della Ue.

Franco Battaglia, 8 maggio 2025

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