Esteri

La crisi del gas

“Tagliate il gas del 15% da agosto”. Il piano choc dell’Ue

L’Ue tira dritto: entro la primavera 2023, gli Stati membri dovranno ridurre il gas utilizzato. Possibili ulteriori misure drastiche

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Nell’arco di soli quattro mesi, l’Unione Europea è riuscita a diminuire la propria dipendenza dal gas russo dal 40 ad una cifra inferiore al 25 per cento. Tra i principali Stati membri, protagonisti di una radicale politica di indipendenza rispetto a Mosca, troviamo proprio l’Italia, dove la Russia è passata dal primo al quinto posto in tema di esportazione del metano. Questo, come già riportato qualche giorno fa su nicolaporro.it, anche grazie al legame che il governo Draghi ha saldato con le autorità algerine (che però porterà il metano in Italia solo tra qualche anno).

Il piano dell’Ue

Nonostante le percentuali di dipendenza dal Cremlino continuino a scendere radicalmente, ciò non basta per porre l’intero continente europeo al riparo dalla prossima stagione invernale. Putin, infatti, rappresenta ancora un quarto degli import di gas Ue e, proprio per questo, le istituzioni comunitarie si stanno già preparando allo scenario peggiore. A partire dal primo agosto, fino alla primavera 2023, gli Stati europei dovranno ridurre del 15 per cento la quantità di gas utilizzata. Per di più, nell’ipotesi estrema in cui Mosca dovesse tagliare definitivamente le forniture di Gazprom, ecco che l’Ue potrebbe disporre anche nuove misure aggiuntive non obbligatorie.

Nonostante gli allarmismi delle istituzioni comunitarie, pare che Gazprom non sembri ancora intenzionata a sospendere totalmente il proprio export. I lavori di manutenzione del Nord Stream, giustificazione usata dal Cremlino per spiegare la riduzione di gas all’Ue, dovrebbe cessare da domani, tant’è che, durante la visita a Teheran, Putin ha specificato come Gazprom abbia “sempre adempiuto e adempirà sempre a tutti i suoi obblighi”.

I 2 problemi della strategia Ue

Ma le dichiarazioni verbali non sono ovviamente sufficienti per creare una garanzia. La presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, tira dritto: “Dobbiamo prepararci ad un’interruzione integrale del gas russo. È uno scenario probabile, che andrebbe ad avere un impatto su tutta l’Unione”. E prosegue: “Gazprom non ha intenzione di riequilibrare il mercato. Al contrario, ha tenuto a un livello molto basso gli stoccaggi, riducendo la fornitura per creare tensioni sul mercato e aumentare i prezzi. Sappiamo che la situazione è estremamente complicata”. Da qui nasce l’obbligo di riduzione del 15 per cento del metano utilizzato dagli Stati, che andrebbe a colpire per primi gli edifici pubblici, le luminarie delle città ed anche le dimore private.

Nonostante tutto, ci sono almeno due problemi da tenere in considerazione. Il primo riguarda le percentuali di import divergenti che esistono tra i vari Paesi membri. L’Italia, come già detto, dipende dalla Russia per il 25 per cento delle sue importazioni totali; la Germania, invece, per il 35; fino ad arrivare alle cifre mastodontiche di Austria ed Ungheria, che si aggirano intorno all’80 per cento – e anche oltre per Budapest. Con ciò cosa intendiamo dire? Che la riduzione di una tale percentuale non potrà mai risolvere la crisi dell’Unione Europea. Troppe sono le disparità tra i vari appartenenti alla comunità e troppe sono ancora le percentuali di dipendenza, soprattutto per gli Stati dell’Est. Anche nelle remota ipotesi, in cui tutti i governi riuscissero a raggiungere il parametro codificato, ecco che la dipendenza dalla Russia sarebbe al di sopra del 50 per cento per una larga parte dei Paesi membri.

Il secondo problema, invece, concerne i metri cubi di gas che l’Ue riuscirebbe a risparmiare dal primo agosto, cioè dalla data di inizio della politica di risparmio del gas utilizzato. Oggi, la presidente della Commissione Europea ha parlato di una cifra pari a dieci miliardi di metri cubi, solo per quanto riguarda le case private più fredde. Peccato che il valore rappresenti un settimo dell’uso annuale di metano in Italia. Com’è possibile ritenere che la cifra possa essere sufficiente per l’intero continente? E come l’Ue riuscirà a diminuire la dipendenza dalle forniture russe, nel caso in cui i Paesi membri non riuscissero a ridurre le proprie percentuali?

Insomma, la situazione appare sempre più confusionaria, caotica, senza la presenza di una visione di lungo periodo che certifichi l’esistenza di una strategia. Siamo ufficialmente entrati nel paradosso, secondo cui le sanzioni fanno più male al sanzionatore che al sanzionato.

Matteo Milanesi, 20 luglio 2022

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