Pillole Ricossiane

Vogliono far passare per pazzi i difensori della libertà

Gli scritti di Sergio Ricossa, economista e liberale vero, per leggere il presente

© JLGutierrez e fzant tramite Canva.com

Dovrebbe essere una anomalia mentre in realtà è diventato normale convivere con regimi autoritari, in cui apparati statalisti di diversa natura impongono sistemi di potere sanguinari e disumani. Nei paesi in cui una maggiore libertà di espressione è ancora concessa, grande visibilità e risonanza riescono ad avere i sostenitori delle ideologie liberticide (politiche, religiose, etc) che hanno generato quei regimi. Costoro si presentano come i “ragionevoli” sostenitori di istanze “progressiste”, mentre vorrebbero far passare per pazzi i difensori della libertà. E si beffano di coloro che predicano nel deserto le virtù dei valori liberali, che nella maggior parte del pianeta vengono semplicemente calpestati.

Con la consueta lucidità e preveggenza, e con il coraggio che lo ha sempre contraddistinto, ad un certo punto della sua carriera Sergio Ricossa non si accontentò più di dirsi liberale e di predicare inutilmente “tra pochi benpensanti”: “I “benpensanti” hanno perduto la capacità di indignarsi. Questi benpensanti erano brave persone, moderate, assennate, di buona educazione, liberali vecchia maniera, cioè disposti a difendere la libertà con le prediche. Pensiamo a Luigi Einaudi, grande predicatore, che predica ininterrottamente dal 1893 al 1961. Risultato? La sua stessa valutazione è: prediche inutili. Totalmente inutili”. (L’insopportabile peso dello stato – Leonardo Facco Editore, 2000).

I nuovi finti liberali, spesso eredi di ideologie liberticide, si rifanno una verginità e si beffano dei “liberali da predica”: “Già Gramsci si era beffato di Einaudi dicendogli all’incirca: predica, predica, la tua borghesia magari ti applaude, e poi fa il contrario di quanto chiedi. Vogliamo fare la fine di Einaudi Luigi, le cui prediche non convertirono nemmeno il figlio Einaudi Giulio (comunistoide fino all’ultimo, perciò oggi ricordato come il “vero e unico” Einaudi degno di entrare nella storia d’Italia)? Io non voglio fare tale fine, per mezzo secolo Luigi è stato per me maestro. Oggi non può più esserlo, e mi rincresce. Dirmi liberale e liberista non mi basta più, dopo quello che è accaduto dal 1989 in poi[Ibid].

Ritrovare la forza di indignarsi di fronte alle violazioni della libertà, mascherate da altruismo e da buoni sentimenti. Alzare il tiro e rischiare di passare per pazzi: “Mi definisco libertario o anarco-individualista. In Italia siamo pochissimi; negli Stati Uniti, un po’ di più. Chi è oggi un Libertario? Non è più un “benpensante”. E’ un malpensante, perfino un pazzo. Pazzo per la libertà. Non ha un partito politico. Non è certo di sinistra, ma nemmeno di destra. Vede nello Stato non il suo protettore, ma il suo aguzzino. Qualunque Stato, a cominciare da quello comunista. Il libertario oggi torna all’anticomunismo viscerale: non è più di moda, ma ci torna. Il libertario pensa con la sua testa. Le mode e le convenzioni sociali non lo interessano” [Ibid].

Tutti contro, statalisti di destra e di sinistra. L’importante è smascherare i nemici o i finti amici della libertà: “Che risultati speriamo di ottenere? A differenza dei comunisti noi non conosciamo le leggi della storia. Sarà quel che sarà. A noi basta salvarci l’anima, esserci schierati per la libertà ad oltranza, avere indicato inequivocabilmente i nemici eterni della libertà. Noi non chiediamo altro che ciò che è già nostro ab origine: essere noi responsabili della nostra vita, disporre noi dei frutti del nostro lavoro, consociarci come vogliamo e di comune accordo col nostro prossimo. Tutto qui. Eppure, l’Italia in cui siamo ci ha derubati e ci deruba di tutto, anche della speranza di un futuro migliore (sempre promesso, mai favorito dai politici statalisti). Intorno a noi vediamo solo la rassegnazione dei derubati o la loro ebete incoscienza o la loro connivenza con i ladri. Noi non apparteniamo a nessuna di queste categorie. Perciò siamo i matti libertari, fieri della nostra pazzia[Ibid].   

Fabrizio Bonali, 23 marzo 2024

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