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Aldilà delle pagelle ai leader: ad uscirne con le ossa rotte è l’intero sistema partitico

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Cercasi classe dirigente, fate presto!

Da anni l’elezione del presidente della Repubblica è un evento politico decisivo per le sorti non solo del Paese ma anche della politica italiana. In particolare, questo tornante della legislatura si è presentato da subito come il più tortuoso. La presenza a Palazzo Chigi del candidato numero uno per il Quirinale; la folta pattuglia di parlamentari del gruppo Misto disposti a tutto pur di vedere la continuazione del loro mandato; il cambiamento degli equilibri politici rispetto alle elezioni del 2018. Tutti fattori che hanno contribuito alla difficoltà di un appuntamento che ha messo in mostra crepe inquietanti nel sistema politico e istituzionale della Seconda Repubblica.

Analizzando il percorso politico degli inquilini del Colle si ravvisano tre grandi filoni culturali che hanno determinato la loro elezione. Il primo è quello del cattolicesimo (democratico o popolare), ben rappresentato dalla Democrazia Cristiana; il secondo è quello di derivazione tecnico-politica rappresentato dagli ex governatori della Banca d’Italia; il terzo è quello del laicato italiano, sia esso azionista, liberalsocialista, socialdemocratico o socialista tout court. Alcuni presidenti, come Ciampi, abbracciavano addirittura due filoni su tre (Bankitalia più fondatore del Partito d’Azione), ma tutti vedevano la loro quirinabilità innestata sulla comune appartenenza in passato al CLN che aveva fondato la Repubblica parlamentare. E non è un caso che anche i presidenti della Seconda Repubblica siano anch’essi provenienti da quel background: Scalfaro (DC), Ciampi (Pd’A), Napolitano (PCI), Mattarella (DC). Andando avanti con gli anni, naturalmente, i ciellenisti e i loro eredi si vanno sempre più assottigliando, e la nuova discriminante per essere papabile per il Quirinale – l’”europeismo” – non pare avere la stessa funzione formativa e politica per gli uomini politici, se la si compara con quella di chi ha lottato per sconfiggere una dittatura. Così, andando oltre l’europeismo, la sinistra ha dovuto proporre la ricandidatura per un altro settennato dell’attuale presidente, 80enne, cattolico democratico e uomo, da sempre, della sinistra DC e dell’apparato statale, che ha servito anche come giudice costituzionale. In attesa che si presenti, in futuro, un nuovo Mattarella.

Ma se gli eredi della sinistra DC e del PCI alla fine hanno superato la prova, portando a casa un risultato comunque non disprezzabile dal loro punto di vista, è l’intero sistema politico italiano che non pare più in grado di produrre candidati inappuntabili per il Quirinale. Non bisogna mai scordare che il presidente della Repubblica – oltre alle funzioni attribuitegli dalla Costituzione – è anche il rappresentante della comunità politica lato sensu, l’uomo che, per esperienza, conoscenze dei partiti e dei loro uomini, e per la profondità che ha raggiunto nel sistema politico italiano, fa da garante a tutti. E non ci si riferisce solamente alle scelte su mandati di formare i governi e altri momenti chiave delle legislature, ma anche e soprattutto a quelle cose che restano imperscrutabili ai più. Lo stesso Matteo Salvini, uno dei grandi sconfitti della tornata, lo ha detto prima di annunciare il voto per il Colle: “Abbiamo chiesto a Mattarella di rappresentarci”.

Sarebbe riduttivo e semplificatorio gettare addosso la croce al leader della Lega, quando da 30 anni il centrodestra a trazione berlusconiana non ha mai prodotto un serio candidato per il Colle, inseguendo la chimera del fondatore di Forza Italia di essere lui, un giorno, a presiedere la Repubblica. E quando l’unica candidatura su cui tutta la coalizione si è più o meno ritrovata è stata quella di una presidente del Senato, che si è fatta notare per il selfie con quello della Camera mentre passavano le schede dei Grandi Elettori. Gli altri nomi fatti dai partiti, a esclusione di Marcello Pera, erano tutti tecnici o politici con un cv che non era quirinabile. È il caso di Carlo Nordio, Elisabetta Belloni, Giampaolo Massolo: tutte persone e professionisti di alto profilo, ma sconosciuti a quegli italiani che avrebbero dovuto rappresentare e senza quel percorso alle spalle che li avrebbe fatti emergere come garanti del sistema e di una politica partitica sempre più in difficoltà.

E così, paradosso dei paradossi, sono stati proprio i cespugli centristi all’interno del centrodestra a rivelare una strategia politica nel vuoto totale dei 5 giorni di votazione: eleggere al Quirinale Pierferdinando Casini e andare a formare un nuovo centro che teneva insieme Toti, Carfagna, Renzi, Brugnaro e Cesa per puntellare le scelte decisive del nuovo presidente nella legislatura a venire.

L’ultima idea dei partiti, quella del “presidente donna” è durata lo spazio di un’ora, in tempo per affossare nel tritacarne mediatico la candidatura del capo del Dis, Elisabetta Belloni. Avrebbe fatto comodo a tutti a livello di immagine: Conte l’aveva proposta per primo. Salvini poteva smarcarsi dall’immagine maschilista che i media attribuiscono alla destra. Meloni l’avrebbe considerata un passo verso la presenza di un’altra donna (lei) a Palazzo Chigi e il Pd avrebbe dato azione compiuta a quella gender parity di cui parla da anni. Gender parity che è anche tra gli obiettivi del nostro Pnrr e della Commissione europea. Una scelta cosmetica, che non avrebbe però cancellato le perplessità sullo stato attuale dei partiti, ma che si è preferito accantonare per l’usato sicuro.

Aldilà delle pagelle dei leader, è proprio l’intero sistema partitico che ne esce con le ossa rotte. Non si vedono idee, strategie e visioni per il presente e il futuro dell’Italia. Non si vede una reale “presa” della politica partitica sulla società civile italiana. Una legislatura che ha avuto come partito di maggioranza relativa un movimento che ha segnato il record di sempre di trasferimenti dal suo gruppo parlamentare al gruppo Misto si è sfarinata e andata scomponendosi e ricomponendosi talmente tante volte da rendersi sfigurata. Ancora una volta l’appello è il solito: cercasi classe dirigente, fate presto!

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