Economia

E intanto la Francia rallenta sulle rinnovabili: ecco perché

Mentre la presunzione dei politici europei non arretra di un passo, l’instabilità del fotovoltaico che ha causato il blackout spagnolo e la domanda rimasta indietro inducono ripensamenti

Come tutti sappiamo il 28 aprile 2025 la Spagna e il Portogallo (e una limitata zona della Francia del sud) sono state colpite da un rarissimo “panne” (detto in Italia blackout) della rete elettrica. La sera stessa, a fronte degli ovvi interrogativi sulle cause della grave anomalia i media hanno iniziato a scrivere che ci sarebbero voluti giorni per avere delle risposte.  

Verso fine settimana alcuni politici spagnoli hanno parlato addirittura di “mesi” (li abbiamo sentiti direttamente intervistati su France Info), prima di poter fornire una spiegazione. E infine domenica 4 maggio il ministro della “transizione ecologica” spagnola Sara Aagesen ha dichiarato che il sistema elettrico spagnolo è “molto complesso” e che dunque “tutte le ipotesi sono aperte, inclusa quella di un cyberattacco”.

L’instabilità del solare

Eppure, anche solo due giorni dopo l’incidente, molti media hanno iniziato a riportare le osservazioni di tanti esperti: con un contributo dell’energia solare pari al 40 per cento del totale, la Spagna è esposta a fenomeni di instabilità inevitabili della rete.  

Uno dei motivi, semplice a comprendere, riguarda il meteo: come è auto-evidente, basta una nube che passa rapidamente sopra un’array di pannelli per far scendere il rendimento degli stessi del 50, 60 o anche 90 per cento (dipende dal tipo di nube). Un pannello singolo che stava generando 400W potrebbe passare dunque a generare 40W nell’arco di due/tre secondi. Moltiplichiamo questo fenomeno per il numero di pannelli installati in zone ristrette e capiamo l’entità del problema. 

L’altro motivo riguarda la disponibilità ed efficienza di batterie tampone – di cui non sono forniti dati – e il contemporaneo stato della generazione da eolico. Per evitare il ripetersi dei blackout, la ministra Aagesen ha reclamato una maggior cooperazione da parte della Francia: e qui ci viene da dire “troppo comodo”.

Niente nucleare… nel mio giardino 

Sì, perché il governo spagnolo ha in piano di rinunciare totalmente all’energia nucleare – intrinsecamente stabile – “entro 10 anni”. Una maggior “cooperazione” con la Francia (dove invece si sta investendo su nuove centrali nucleari) permetterebbe di risolvere i problemi a spese dei contribuenti francesi, facendosi contemporaneamente belli del proprio essere verdi senza macchia (nucleare).

Val la pena dunque capire cosa si dice intanto in Francia, nazione che vanta non solo uno dei migliori know-how in materia energetica al mondo, ma anche esperienza nella costruzione delle famose nuove centrali EPR.

La velocità della transizione   

E dalla Francia viene un messaggio sorprendente, proprio in questi giorni e proprio da parte del presidente della Commissione di regolazione dell’energia francese, Emmanuelle Wargon. Ecco quanto ha affermato in settimana, come riportato da BFM Business“il faudra peut-être ajuster à la baisse le rythme de développement des énergies renouvelables”. Tradotto, “dovremo forse aggiustare verso il basso il ritmo dello sviluppo delle energie rinnovabili”.

Tutti sorpresi: vediamo quindi nei dettagli l’attuale programma (pre-dichiarazione) del governo francese: concentrarsi principalmente sull’elettricità a basse emissioni di carbonio (nucleare e rinnovabile), con una quota che aumenterà dal 27 al 39 per cento tra il 2023 e il 2035, e sulle energie rinnovabili diverse (geotermica, biomassa, ecc.) che dovranno essere aumentate dal 15 al 30 per cento. Investire nell’energia eolica offshore, lasciando l’energia eolica sulla terraferma al ritmo attuale e continuare a mobilitare le storiche centrali nucleari e idroelettriche.

Minore domanda

E oggi – appunto – “togliere il piede dall’acceleratore” per quanto riguarda la crescita del fotovoltaico. Per l’instabilità vista in Spagna? No, con tanto nucleare il problema qui non sussiste. La motivazione è decisamente suggestiva e pertanto la riportiamo pari pari:

Potremmo dover rivedere al ribasso alcuni obiettivi di fornitura di energia elettrica, perché la domanda è rimasta indietro.

La domanda è rimasta indietro? La domanda è rimasta indietro è un modo elegante per dire che i (colpevoli consumatori) francesi non stanno consumando tanta energia quanto previsto da governo ed esperti.  

Non viene spiegato il motivo del minor consumo, per cui avanziamo noi qualche ipotesi: forse tante famiglie stanno sostituendo lampade alogene con quelle LED; forse gli elettrodomestici moderni sono meno energivori dei vecchi. Forse le grandi aziende sono più in crisi di quanto si racconti e dunque necessitano di meno elettricità.

O forse – anzi: senz’altro, ne abbiamo parlato – il parco di vetture elettriche non sta crescendo come previsto/auspicato/desiderato. In ogni caso il risultato netto è che la Francia produce oggi più energia di quanta ne serva.

Rischio blackout

E il punto resta: di tutte le fonti di energia possibili in Francia si sceglie di rallentare proprio sul solare. E lo si fa anche citando nientemeno che documenti ufficiali spagnoli emessi da REE (il gestore della rete iberica), che nel documento finanziario pubblicato a fine febbraio aveva messo in guardia contro “la forte penetrazione della produzione da rinnovabili senza le capacità tecnica necessarie a un comportamento adeguato a fronte di perturbazioni”. 

Il che – proseguiva il documento – “potrebbe provocare dei blackout anche severi, in caso di un forte disequilibrio tra la produzione e la domanda”. Monito a febbraio, blackout a fine aprile: non è stato necessario neppure attendere un trimestre. 

Ma i progressisti non si scoraggiano. Durante un’intervista alla rete Cadena Ser l’ex deputata socialista Beatriz Corredor ha assicurato che la produzione di energia rinnovabile è sicura. Non c’è proprio nulla da fare. Anche di fronte all’evidenza, anche dopo aver letto documenti e rapporti di ingeneri e tecnici del settore, la presunzione dei politici europei non arretra di un passo: è la fisica, è il mondo della scienza che deve adattarsi, inchinarsi ai dogmi dei politici. E non il contrario.