Esteri

Bonifici dalla Cina mentre Biden era in corsa per la presidenza

Scoperti ulteriori pagamenti dai soci cinesi di Hunter Biden: 260 mila dollari nel 2019. La villa nel Delaware del presidente indicata come indirizzo del beneficiario

Joe Biden Hunter Biden Il presidente Joe Biden con il figlio Hunter

Come ormai consuetudine, massima copertura, e rimbalzo immediato al di qua dell’oceano, alla notizia della presunta frode di Trump sui valori dei suoi asset, mentre zero, silenzio tombale sui nuovi pagamenti dalla Cina alla famiglia Biden – 260 mila dollari nel 2019, quando il presidente era in corsa per la Casa Bianca – scoperti dalla Commissione di Vigilanza del Congresso Usa. Ma i nostri media non si sono accorti che i loro colleghi liberal, come la Cnn, stanno cominciando a parlarne – un altro segno di qualche perplessità sulla ricandidatura di Joe Biden.

Sicuramente una coincidenza che la decisione del giudice di New York contro Trump sia arrivata, come le quattro incriminazioni, proprio nello stesso giorno delle nuove rivelazioni sui Biden. Coincidenze che però coincidono tutte le volte.

La presunta frode di Trump

Il giudice Arthur Engoron ha stabilito martedì che l’ex presidente e la sua società hanno ingannato banche e assicurazioni sopravvalutando enormemente i beni e il patrimonio netto nella documentazione utilizzata per concludere accordi e assicurarsi finanziamenti. Banche e assicurazioni notoriamente distratte nel valutare le garanzie a fronte di finanziamenti…

Ma per darvi un’idea della totale infondatezza e faziosità della decisione, basta citare il caso di Mar-a-Lago. Il giudice ha stabilito che la proprietà di Trump nell’esclusivissima Palm Beach, Florida, oltre 17 acri da costa a costa, con un campo da golf e un resort, valeva tra i 18 e i 27 milioni nel periodo 2011-2021. Più o meno lo stesso valore di ville limitrofe di meno di un acro, mentre un terreno di 2 acri nelle vicinanze è in vendita per 200 milioni.

Bonifici dalla Cina

Ma veniamo a Biden. Il Committee on Oversight and Accountability della Camera Usa ha scoperto che il figlio del presidente, Hunter Biden, ha ricevuto due bonifici da partner d’affari cinesi per un valore totale di 260 mila dollari nel 2019, mesi dopo che il padre Joe aveva iniziato la sua campagna per le presidenziali 2020, e che la villa nel Delaware del presidente era indicata come indirizzo del beneficiario.

“I documenti bancari non mentono, ma il presidente Joe Biden sì. Nel 2020, Biden ha detto agli americani che la sua famiglia non ha mai ricevuto denaro dalla Cina“, ha dichiarato il presidente della Commissione James Comer presentando le prove dei due bonifici, a luglio e agosto 2019. Proprio nell’agosto 2019, Biden affermò di “non aver mai discusso con mio figlio, mio fratello o chiunque altro di qualcosa che avesse a che fare con i loro affari, punto”. “Abbiamo già dimostrato che è una bugia all’inizio di quest’anno – ha ricordato Comer – ora sappiamo che due bonifici da Pechino indicavano la casa di Wilmington di Joe Biden come indirizzo del beneficiario mentre era candidato alla presidenza”.

I due bonifici sono collegati a BHR Partners, una joint-venture tra la Rosemont Seneca di Hunter Biden e Bohai Capital. BHR Partners è una società di private equity sostenuta da Pechino e controllata da Bank of China Limited. Secondo quanto riferito, Hunter sedeva nel consiglio di amministrazione. Lui il beneficiario dei bonifici, ma con indirizzo “1209 Barley Mill Rd.” a Wilmington, nel Delaware, lo stesso della residenza principale del presidente Biden.

Il primo pagamento di 10 mila dollari è arrivato da una persona identificata come la signora Wang Xin il 26 luglio, il secondo di 250 mila dollari circa una settimana dopo, il 2 agosto, da parte di Li Xiang Sheng, conosciuto come Jonathan Li, il ceo di BHR Partners.

Lo stesso Jonathan Li con il quale Joe Biden, da vicepresidente, ha conversato al telefono e preso un caffè a Pechino, scrivendo in seguito una lettera di raccomandazione per il college per i figli, come risulta dalla testimonianza dell’ex socio di Hunter, Devon Archer, alla Commissione. “C’è una relazione che è stata sviluppata tra Joe Biden e Jonathan Li“, ha accusato Comer.

E ora “abbiamo ulteriori prove del fatto che la famiglia Biden ha ricevuto milioni e milioni di dollari dal nostro Paese avversario per chissà cosa”, ha aggiunto. “I Biden non hanno mai detto cosa hanno fatto per ricevere i soldi. Cosa ha fatto Hunter Biden per ricevere un quarto di milione di dollari da un cittadino cinese affiliato al Partito Comunista Cinese?”.

Brand Biden

Il presunto schema corruttivo della famiglia Biden – 20 milioni di pagamenti dall’estero dal 2014 al 2019 per il “Brand Biden”, 24 milioni secondo fonti citate da Fox News, 15 ai Biden e 9 ai loro soci – è ora oggetto dell’indagine di impeachment che lo scorso 12 settembre lo Speaker della Camera Kevin McCarthy ha ordinato alle Commissioni Vigilanza e Giustizia di avviare.

Dall’affaire Burisma agli affari con la Cina, numerose le prove già raccolte, nonostante il sabotaggio dell’indagine su Hunter Biden da parte del Dipartimento di Giustizia, che alla fine ha dovuto nominare un procuratore speciale, David Weiss, per indagare sul figlio del presidente, ma come vedremo al fine di schermare il presidente.

L’incriminazione di Hunter

Hunter è stato incriminato per tre reati connessi al possesso di armi da fuoco. Non solo false dichiarazioni sul modulo di acquisto di una Colt Cobra relative alla sua dipendenza dalle droghe, ma anche il ben più grave possesso illegale. Certo, imbarazzante per il padre Joe, ma in molti hanno visto in questa tardiva incriminazione, arrivata dopo cinque anni – e solo dopo che il Dipartimento di Giustizia ha tentato di insabbiare l’intero caso offrendogli un generosissimo patteggiamento, poi saltato – una ennesima cortina fumogena per proteggere proprio il presidente Biden.

Guarda caso, infatti, gli unici reati che Weiss ha contestato a Hunter sono quelli in cui Joe Biden non è coinvolto, mentre non ha ancora agito, per esempio, per i reati fiscali che derivano dai milioni di dollari in pagamenti ricevuti dall’estero per la vendita dell’influenza politica dell’allora vicepresidente – che ha persino incontrato e parlato in numerose occasioni con i soci in affari del figlio.

Il Dipartimento di Giustizia, come emerso dalle indagini del Congresso, ha deliberatamente perso tempo, ma mentre i reati fiscali relativi al periodo in cui Biden era vicepresidente (2014-2016) sono probabilmente prescritti, i termini di prescrizione di sei anni per possibili reati fiscali e di cinque per possibili reati di corruzione, riciclaggio di denaro e mancata registrazione come agente straniero, non lo sono ancora, ma stanno trascorrendo. Non solo per Hunter, ma anche per il presidente.

L’incriminazione di Hunter per il solo possesso di armi, dunque, è un modo di allontanare i riflettori dalla condotta del presidente relativa alla sospetta corruzione, che solo la disonestà e la faziosità dei media mainstream al di là e al qua dell’Oceano non ha permesso al pubblico di conoscere.

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