Com’era lecito attendersi la lite in diretta tv tra Donald Trump, il suo vice J.D. Vance e il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha suscitato nel nostro Paese molte reazioni, quasi tutte contrarie al presidente Usa e favorevoli, invece, al leader di Kiev. Ho addirittura visto un post in cui Zelensky viene paragonato al grande Winston Churchill e, a questo punto, credo sia lecito invitare tutti a non scherzare, giacché tra i due c’è davvero un abisso.
Censura preventiva
Mi sia dunque consentito esprimere un’opinione diversa. Tutti rammentano le polemiche che fioccarono per le assenze di molti deputati e senatori quando il presidente ucraino fece il suo intervento da remoto al Parlamento italiano. Non è del resto un caso unico. Polemiche ancora più feroci vi furono quando parlò al Parlamento israeliano. I deputati di quel Paese accolsero con grande irritazione il suo paragone tra l’invasione russa dell’Ucraina e la Shoah, visto che lo stesso Zelensky è di origini ebraiche.
Nessuno ovviamente nega che lui è l’aggredito e Putin l’aggressore. Tuttavia nei mass media, e soprattutto nei grandi quotidiani come Corriere della Sera e Repubblica, si sta diffondendo una sorta di censura preventiva, che trasforma subito eventuali critiche a Zelensky in un presunto atteggiamento filo-russo.
Si tratta di un’identificazione del tutto scorretta, e in quanto tale lesiva della libertà di parola e di opinione garantita dalla Costituzione. In una società aperta quale è – teoricamente – la nostra, nessuno dovrebbe essere automaticamente immune dalle critiche, che sono sempre segno di libertà. Soltanto pochi cani sciolti, che non temono di sottrarsi al mainstream, hanno il coraggio di formulare critiche e osservazioni. Qualcuno ha scritto, per esempio, che “Zelensky ci prende a schiaffi”. Forse li meritiamo anche, questi schiaffi, ma vale comunque la pena di approfondire la questione sottolineando anche il tono spesso arrogante dei suoi interventi.
Molti hanno visto l’edizione italiana della mediocre “fiction” in cui Zelensky, che è un attore comico di professione, interpreta per l’appunto la parte di un attore che viene poi eletto presidente. Evento in seguito verificatosi nella realtà, e nei suoi discorsi ai vari parlamenti il leader ucraino sfrutta appieno la sua professionalità di attore, ricorrendo alla retorica che, come tutti sanno sin dai tempi dell’antica Grecia, è un’arma potente che i politici usano volentieri. Già quel suo comparire sempre con una sorta di maglietta militare suscita perplessità.
Stupisce poi che egli non comprenda l’esitazione di molti Paesi occidentali di fronte alle sue richieste. La “no fly zone” da lui perorata sui cieli ucraini condurrebbe allo scontro diretto tra aerei russi e della Nato, eventualità che nessuna persona di buon senso può augurarsi.
Ed è questo il punto. Dopo il totale appoggio fornito da Joe Biden, con l’avvento di Trump gli Stati Uniti manifestano un distacco crescente. Ed è chiaro che il loro principale obiettivo è evitare lo scoppio di una terza guerra mondiale, eventualità che invece sembra non preoccupare affatto Zelensky e il suo ristretto gruppo dirigente.
Comprensibile il desiderio di salvare il suo Paese. Ma non si può nemmeno, su tale base, adottare la logica di “muoia Sansone con tutti i Filistei”. La salvezza dell’Ucraina va garantita, ma senza far sprofondare l’intero continente europeo in una guerra generale che, probabilmente, sarebbe anche un conflitto nucleare. Sono critiche di questo tipo a suscitare perplessità circa l’operato e lo stile di Zelensky. E ciò non significa affatto schierarsi con Putin.
Molto più semplicemente, significa ammettere che, forse, agli attori comici andrebbe riservato il palcoscenico, e non la guida delle nazioni. Dopo l’invasione russa nel Paese è stata proclamata la legge marziale, tuttora in vigore, e le critiche a presidente e governo attivano subito la censura, soprattutto da parte dei potenti servizi segreti.
La corruzione
In realtà, le critiche che molti cittadini rivolgono a Zelensky non riguardano tanto l’andamento della guerra quanto, piuttosto, l’incapacità di combattere la corruzione che in Ucraina è un fatto endemico, presente ben prima dell’invasione putiniana. È, questo, il vero elemento che può minare la popolarità del presidente ancora in carica benché il suo mandato sia scaduto.
Mancano alternative
Il fatto è che, almeno per ora, non sono emerse figure politiche in grado di contrapporsi all’attuale leader. I due ex presidenti Petro Poroshenko e Yulia Tymoshenko, critici nei confronti di Zelensky, sono entrambi impopolari. Il sindaco di Kiev, l’ex pugile e campione dei pesi massimi Vitalij Klycko, avrebbe forse qualche chance, ma non ha mai manifestato l’intenzione di contrapporsi al presidente in carica. E i partiti filo-russi, che prima avevano un certo peso, sono poi stati silenziati per ovvi motivi.
Mancano reali alternative, anche se la legge marziale impedisce di effettuare sondaggi realmente significativi. Una figura che pare avere un certo seguito popolare è l’ex consigliere del presidente Oleksij Arestovych, dimessosi dall’incarico nel gennaio dell’anno in corso. Ha destato molta sensazione una sua dichiarazione, secondo cui l’Ucraina dovrebbe cedere parte dei territori occupati in cambio dell’entrata nella Nato.
Ammesso che tale scenario sia realistico, la sua tesi si è subito scontrata con la volontà di Zelensky di vincere la guerra recuperando tutti i territori occupati. In ogni caso la posizione di Arestovych dimostra che il presidente scaduto non gode di un consenso unanime. Un cambiamento potrebbe verificarsi qualora sorgessero contrasti tra Zelensky e i vertici militari ucraini. Qualche debole segnale si è percepito, ma la censura impedisce di comprenderne la reale portata.
Il destino dell’Ucraina si giocherà sul piano internazionale più che su quello interno e dipenderà, come sempre dagli Stati Uniti. Gli aiuti stanziati da Joe Biden sono in pratica finiti, e Trump ha pure minacciato di tagliarli del tutto in futuro. Vorrei chiudere con un quesito. Visto che l’incontro – con lite annessa – si è svolto a Washington, alla Casa Bianca, e non a Kiev, quale diritto aveva Zelensky di attaccare il presidente Usa e il suo vice? A me pare nessuno e insisto: Zelensky non pare l’uomo adatto a condurre negoziati che portino alla pace. E pazienza se verrò accusato di filo-putinismo.