Esteri

Da “operazione speciale” a guerra santa, la crociata di Putin e Kirill

Durante il Sinodo ortodosso emanato un decreto che esclude qualsiasi spazio per il negoziato. L’ideologia del “Russky Mir” alla base del nazionalismo russo

Putin Kirill (Orthodox Church)

Grazie all’appoggio incondizionato della Chiesa ortodossa russa e del suo capo, il patriarca di Mosca Kirill I, Vladimir Putin ha trasformato l’invasione dell’Ucraina, da lui definita in precedenza “operazione speciale”, in una vera e propria “guerra santa”. Durante il Sinodo ortodosso, riunito a Mosca, Kirill I ha infatti emanato un decreto che esclude qualsiasi spazio per il negoziato e ogni ripensamento delle ragioni che hanno indotto il Cremlino a invadere il territorio dello Stato confinante.

Le decisioni del Sinodo

Nel corso del suddetto Sinodo è stato infatti detto che, dal punto di vista morale e spirituale, l’operazione militare speciale è in realtà una guerra santa mediante la quale la Russia e il suo popolo difendono lo spazio spirituale della Santa Rus’. In questo modo s’intende proteggere il mondo intero dall’attacco del globalismo e dal “satanismo” che domina l’Occidente. Dopo la conclusione dell’operazione militare speciale, l’attuale Ucraina dovrà rientrare in una zona d’influenza esclusivamente russa.

Non sarà accettata in territorio ucraino la presenza di alcun regime politico ostile alla cultura e alla spiritualità russa, né di alcun centro esterno non in linea con gli interessi di Mosca. Si sottolinea, altresì, che tali presenze devono essere “completamente escluse”. Il che significa, da un lato, negare ogni spazio a trattative che possano condurre a compromessi e, dall’altro, a proposte di pace come quelle formulate, per esempio, dalla Chiesa cattolica e da Papa Francesco.

Il “mondo russo”

La summenzionata “guerra santa” ha, sempre secondo il Sinodo ortodosso, delle solide basi teologiche che vanno ricondotte all’ideologia del “Russky Mir” (il “mondo russo”), uno dei cavalli di battaglia di Vladimir Putin. Tale ideologia è il fondamento del nazionalismo religioso che ha giustificato l’invasione, e che prevede la necessaria riunificazione dei “grandi russi” (i russi veri e propri), dei “piccoli russi” (gli ucraini) e dei “russi bianchi” (i bielorussi). Non vi sono reali distinzioni tra essi, poiché fanno parte di un’unica entità geografica, spirituale e culturale.

Se oppongono resistenza, gli ucraini devono essere piegati con la forza, russificati e staccati dall’influenza occidentale che li ha indotti a dimenticare le comuni radici della Rus’ medievale di Kiev. Vanno, insomma, ricondotti alla casa comune con le buone o con le cattive, e senza alcuna pietà qualora la resistenza dovesse continuare.

Si noti però che l’estensione del “Russky Mir” trascende di gran lunga gli attuali confini della Federazione Russa. Il “mondo russo” include infatti tutti coloro che considerano la civiltà russa come portatrice di una salvezza universale, destinata a combattere, per l’appunto, il male satanico che proviene dall’Occidente. Liberalismo e atlantismo sono le basi portanti di tale male.

Eredità zarista e sovietica

Il decreto emanato da Kirill I, e ovviamente accolto (o ispirato) da Putin, ha toni apocalittici che non lasciano spazio alla discussione. Diventerà parte del sistema giuridico della futura – ed estesa – Federazione Russa, ed entrerà nei programmi d’insegnamento delle scuole di ogni ordine e grado. C’è inoltre un appello a tutti coloro che condividono i valori della tradizione e combattono la decadenza proveniente dall’Occidente. Il che significa che si vuole estendere l’operazione anche ad altre Repubbliche ex sovietiche. Peccato che quasi tutte abbiano popolazioni in prevalenza islamiche, ma a questo problema il decreto non accenna affatto.

Rifugiandosi dietro ragionamenti filosofici, spirituali e culturali, in realtà Putin getta la maschera proponendosi quale erede diretto e legittimo dell’imperialismo zarista e poi sovietico. Il fatto che egli non lasci spazio a trattative che non rispettano i suoi diktat, dovrebbe indurre l’Occidente a riflettere su quanto sia pericoloso abbandonare l’Ucraina al suo destino.

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