Esteri

Il ritorno del trumpismo. Ma in effetti, se ne era mai andato?

I consensi di Biden ai minimi, l’insicurezza nelle città, la crisi migratoria, gli strascichi della politica estera di Obama. E la “carta” Michelle Obama…

trump primarie

New York – Trump tuona vittoria, ma la popolazione è spaccata in due. Da una parte c’è la possibile rivincita dei Repubblicani, che male hanno digerito la sconfitta del 2020, contornata da episodi al limite della legalità, con tanto di denunce di brogli elettorali. Dall’altra i Dem con Biden, la nazione in caduta libera, la sua inadeguatezza al ruolo, le decisioni non prese, uno stato in crisi sotto diversi aspetti, soprattutto sicurezza ed economia.

I consensi per il presidente in carica sono ai minimi da quando ha iniziato il suo mandato. Il 62 per cento degli intervistati considera Biden sfavorevolmente. In questo ultimo periodo sono aumentati gli homeless e i casi di omicidio, nonché di delinquenza nelle città grandi, come New York. Una città che soffre dei tipici problemi della piccola criminalità. Ciò genera insicurezza, specie nei quartieri meno centrali.

Le alternative

Nel frattempo, il governatore della Florida, Ron DeSantis, che sarebbe stato un’ottima risposta, si è ritirato dalle primarie repubblicane. Si rende conto che la grande macchina da guerra trumpiana rischia di travolgerlo. Scelta diversa della candidata, ex ambasciatrice all’Onu e governatrice della Carolina del Sud, Nikki Haley, che resta in sella e combatte. Donna, una buona esposizione mediatica. Non così forte da vincere ma è giovane, e tra quattro anni si rivota. Chissà.

Biden, dal canto suo, riconferma la sua candidatura ma non è esclusa la discesa in campo della sua vice, Kamala Devi Harris, procuratrice e politica statunitense, letteralmente scomparsa dalla scena dopo aver annunciato forti cambiamenti grazie al suo impegno per le minoranze e le classi più deboli, immigrati compresi.

La crisi migratoria

Tema molto sentito. Nell’ultimo anno migliaia di migranti dal Messico sono arrivati nello stato di New York destando preoccupazione. Tanto che il sindaco ha richiesto milioni di dollari per i danni dell’immigrazione alle organizzazioni che l’hanno procurato.

E, come sempre, certi temi spaccano il Paese in due. Ecco perché ad oggi la percentuale di consensi vira verso l’ex presidente, perché nonostante tutti i processi in cui è coinvolto, si mostra pragmatico, deciso e forte. Un uomo grande anche di mole, così come di comportamenti talvolta eccessivi.

L’ora di Michelle?

C’è chi bisbiglia addirittura la discesa in campo di Michelle Obama per fermarlo. Ma la famiglia Obama qui è vista come divinità, quasi da proteggere, non da gettare in pasto alla politica. Cosa peraltro mai percorsa da Michelle. E poi, diciamolo, oggi l’America non è più quella del 2016, dove la carta “donna” e razza poteva pesare. Oggi esistono altri problemi, come le guerre in corso, in cui l’America potrebbe avere un grande ruolo, fare la differenza. Cosa che finora non ha voluto o saputo fare.

La politica estera di Obama, con i suoi strascichi nella presidenza Biden, si è rivelata un fallimento. Oggi non c’è più bisogno di “toni pacati” e narrazione politicamente corretta, la gente è stanca. Sono stati anni duri, difficili e di questo risentiranno queste presidenziali. Oggi l’America, anche quella moderata, chiede a gran voce un presidente che sappia usare la sciabola più che il fioretto. E ben sguainata.

Ecco perché il ritorno del trumpismo. Ma in effetti, se ne era mai andato? Da New York, that’s all folks!

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