Esteri

La retorica anti-satanista nella propaganda di guerra russa

Dopo la mancata vittoria lampo, Mosca ha iniziato a giustificare la guerra come “crociata” esistenziale contro i “satanisti” al potere in Ucraina e in Occidente

Di fronte alla mancata vittoria “lampo” in Ucraina, invasione lanciata dal Cremlino il 24 febbraio 2022, i funzionari russi, a partire dall’autunno di quell’anno, iniziarono a giustificare la guerra presentandola come una “crociata” esistenziale contro il “satanismo” e i “satanisti” al potere in Occidente.

La retorica anti-satanica

Lo scorso ottobre, al 24° Consiglio mondiale del popolo russo, il patriarca Kirill, al secolo Vladimir Mikhailovich Gundyaev, ex agente del KGB e ora capo della Chiesa ortodossa russa, ha ripetuto la dichiarazione, fatta un mese prima dal presidente Vladimir Putin, secondo cui l’Occidente avrebbe “abbracciato il satanismo”. La battaglia contro il diavolo dell’Ovest, disse allora con accenti profetici lo Zar, sarebbe potuta sfociare, persino, nell’Apocalisse. Facendo un ulteriore passo avanti, Kirill ha definito Putin come “principale esorcista” del mondo e come “combattente contro l’Anticristo”.

Lo stesso giorno, Aleksei Pavlov, vicesegretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, ha chiesto la “desatanizzazione” dell’Ucraina. Inoltre, ha denunciato una presunta proliferazione di “culti satanici neopagani” in Ucraina, pratiche emerse dal “calderone di una strega”, che renderebbero il Paese una “iper-setta totalitaria”. Sempre Pavlov, in un articolo per il quotidiano statale russo Argumenty i Fakty, ha qualificato il movimento ebraico chassidico Chabad-Lubavitch, come “setta” orientata a “dominare i popoli”.

Le invettive contro le supposte pratiche sataniche degli ucraini occupano ampio spazio nei discorsi dei leader russi e all’interno dei media di regime. Esse descrivono i presunti adoratori del diavolo come una minaccia esiziale tanto per il cristianesimo ortodosso, quanto per l’Islam.

Ramzan Kadyrov, capo della Repubblica cecena, usando il termine “Shayṭān”, un nome islamico per i diavoli, ha affermato la necessità di una “de-shaiytanizzazione” dell’Ucraina. Dmitry Medvedev, ex presidente della Russia, ha dichiarato che l’obiettivo della guerra è “fermare il sovrano supremo dell’Inferno, qualunque nome usi – Satana, Lucifero o Iblis”.

Questa preoccupazione pubblica per il satanismo rispecchia i continui appelli della Russia alla “denazificazione” dell’Ucraina. Le due accuse sono ugualmente infondate e svolgono una funzione simile. Sia la “denazificazione” che la “desatanizzazione” presentano il nemico come una incarnazione del Male, con cui non è possibile alcuna riconciliazione né compromesso. In sostanza, la retorica ha trasformato il conflitto in una lotta di civiltà tra Bene e Male, Oriente e Occidente.

La decadenza occidentale

La proliferazione della retorica anti-satanica sfida le aspettative storiche in diversi modi. In primo luogo, la secolarizzazione della politica nei secoli XIX e XX ha incoraggiato una fiducia mal riposta nell’obsolescenza di Satana. Tuttavia, il “Principe della tenebre” è tornato alla ribalta in modo pressante ed efficace. Le invocazioni di Putin circa i pericoli satanici sono in linea con le sue campagne sistematiche contro l’infiltrazione della “decadenza” occidentale, intendendo soprattutto i movimenti LGBT, nella Russia ortodossa.

La “minaccia omosessuale” è un tema ricorrente della propaganda russa, degna erede della scabrosa rivista nazista Der Stürmer. Putin non parla del pericolo rappresentato dalla “perversione giudaica”, ma associa i suoi nemici alla “sodomia globale” e accusa la “Gayropa” di minare i valori cristiani della Russia.

Gli fanno eco non solo il patriarca di Mosca Kirill, ma anche Aleksandr Dugin, che qualifica come “Anticristo” la civilizzazione occidentale. Il pensatore della “Quarta Teoria Politica”, nel febbraio del 2022 si entusiasmò per la conquista russa dell’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, poi liberata dagli ucraini nell’aprile del medesimo anno, chiamando in causa la “sacralità” del “Serpente”, connesso al dio Apollo.

Manca all’appello solo Aleksandr Solženicyn, nel frattempo defunto, che negli ultimi anni si era messo a condurre uno scombinato programma televisivo tradizionalista e antioccidentale.

Nazionalismo e misticismo

I tre principali registri della retorica putiniana – nazionalismo, omofobia e apocalittismo – si sono intensificati dopo l’invasione, suggerendo che sono collegati a un livello fondamentale.

Nazionalismo e misticismo sono una combinazione politica russa che, da Ivan IV, arriva agli slavofili del XIX e del XX secolo e si prolunga fino alla Russia contemporanea, dove il clero è parte attiva delle decisioni militari e politiche, come ha ben dimostrato lo studioso Dmitry Adamsky nel suo libro “Russian Nuclear Orthodoxy. Religion, Politics and Strategy”.

Dato che numerosi teorici della cospirazione di estrema destra, americani ed europei, come il movimento QAnon, promuovono la “lotta al satanismo”, non c’è da sorprendersi se i funzionari russi adottano questa retorica. Il linguaggio da “guerra santa” viene utilizzato per giustificare l’orribile brutalità esercitata contro soldati e civili ucraini, nonché la distruzione di comunità, città, monumenti e manufatti culturali, comprese le chiese ortodosse, che dovrebbero stare a cuore degli autoproclamatisi “nemici di Satana”.

Quando la politica si abbandona alla soteriologia e all’esoterismo non è mai un buon segno. È presto per prevedere come si svilupperà questo discorso, tuttavia, con il loro millenarismo, i politici e i guerrafondai russi si sono messi in un angolo, da dove possono uscire solo con una vittoria totale.

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