Esteri

L’Africa al posto della Russia: le ultime mosse di ENI

Algeria, Nigeria ed Egitto. Ma solo dal 2025 riusciremo a fare completamente a meno del gas russo. Terze vie non se ne vedono

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La situazione energetica del nostro Paese è ormai chiara a tutti: è necessario per noi, e per tutti i Paesi europei, diversificare fonti di approvvigionamento e cambiare partner internazionali.

L’ENI vira verso l’Africa

Con lo scoppio della guerra e l’adozione delle sanzioni contro la Russia di Putin, ENI ha bruscamente virato verso l’Africa. Già il ministro Roberto Cingolani, nel suo piano presentato alcuni giorni fa, ha previsto nuove partnership con alcuni Paesi africani, come Algeria e Nigeria.

ENI ha fatto di più: il ceo Claudio Descalzi ha annunciato l’acquisto delle attività dell’inglese Bp in Algeria. Si tratta dell’acquisizione di due concessioni per estrarre gas nel Sahara meridionale. Non è certo la prima volta che ENI lavora sul territorio algerino, come non è la prima volta che la nostra compagnia di Stato (dato che il 30,3 per cento di ENI è nelle mani del Tesoro) sbarca in Africa.

È in Algeria dal 1981 e in Africa dagli anni Cinquanta (Mozambico, Libia, Nigeria e altri). Ci pensa Guido Brusco, Chief Operating Officer, Natural Resources di ENI, ad ipotizzare quando e come gradualmente l’Italia riuscirà a fare a meno del gas russo: l’Italia acquista dalla Russia circa 20 miliardi di metri cubi di gas, di cui già da quest’anno il 50 per cento verrà pienamente sostituito con nuovi partner. Entro il 2024 sostituiremo l’80 per cento e nel 2025 dovremmo poterne fare completamente a meno.

Algeria

Come lo sostituiamo? Prevalentemente con il gas dell’Algeria, con la quale il nuovo accordo commerciale prevede che dagli attuali 9 miliardi di metri cubi si passi a ben 18 miliardi entro il 2024. Non solo l’Algeria, però, guarda con attenzione alla guerra in corso.

Nigeria

La Nigeria, stando alle parole del ministro del petrolio nigeriano, Timipre Sylva, è in procinto di portare a termine entro il 2030 dieci progetti sul gas, tra cui un metanodotto che, passando per l’Algeria, porterebbe direttamente il suo gas in Europa.

Queste nuove relazioni in cui va ad inserirsi l’Italia non avranno un risvolto solamente in termini di energia. Nel momento in cui si stringono accordi così significativi, il rapporto tra i due Paesi diviene molto più intenso tanto da non riguardare appunto solo gli scambi commerciali, ma ad esempio anche i cambiamenti politici e le ripercussioni sui patti stipulati.

Egitto

Un altro Paese con cui ENI sta rafforzando le relazioni è l’Egitto. Il presidente al-Sisi ha incontrato recentemente il ceo Descalzi, per incrementare la produzione egiziana di gas naturale da esportare in Europa.

Per ENI non è la prima volta nemmeno con l’Egitto: pochi anni fa è stato scoperto tramite un’operazione congiunta il più grande giacimento di gas del Mediterraneo, denominato Zohr, che solamente nell’agosto 2019 ha raggiunto l’estrazione di 76 milioni di metri cubi di gas al giorno.

Non c’è alternativa

Non ci stiamo affidando certo a Paesi celebri per la loro stabilità politica, però i tempi che corrono ci obbligano ad assumere dei rischi. Non c’era altra via dinanzi all’invasione russa se non quella di allontanarsi sempre di più dal Cremlino.

Sulla scena internazionale assistiamo ad una polarizzazione che per i più costituirà la principale caratteristica degli anni a venire. Terze vie non se ne vedono: o da una parte o dall’altra. Stiamo con le democrazie e l’Occidente. Quindi, dobbiamo cambiare la filiera di approvvigionamento se non vogliamo vivere al freddo e al buio.

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