Esteri

Perché l’allargamento della Nato Plus all’India è un’ottima idea

Anche l’India nella Nato-Plus, come suggerisce il Congresso Usa? Partita difficile ma aperta. L’espansionismo cinese spinge l’Alleanza ad adottare una visione globale

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Si sta facendo strada l’idea di un ulteriore allargamento della “Nato Plus”. Quest’ultima, com’è noto, è formata dai Paesi membri e da altre cinque nazioni tradizionali alleate dell’Occidente: Israele, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.

Una visione globale

Non è certo un caso che tutte si trovino nell’area dell’Indo-Pacifico, e questo ha già causato controversie, poiché la stessa sigla “Nato” fa chiaramente riferimento all’Oceano Atlantico, che è sempre stato il teatro di riferimento dell’Alleanza. Tuttavia, il mondo attuale non è più quello della competizione tra i due blocchi, americano e sovietico.

In particolare, la crescita esponenziale della potenza e dell’assertività cinese ha spinto i Paesi occidentali ad adottare una visione più globale dei problemi sul tappeto. Ciò significa che all’espansionismo – non solo asiatico – della Repubblica Popolare si è deciso di rispondere con un approccio per l’appunto globale, essendo chiaro che Pechino ha ambizioni di dominio sull’intero pianeta.

L’asse Cina-Russia

L’invasione russa dell’Ucraina, e il malcelato supporto cinese all’operazione, ha poi reso chiaro che le due maggiori autocrazie del nostro tempo lavorano di conserva per promuovere un nuovo ordine mondiale in cui l’Occidente sia, se non eliminato, quanto meno marginalizzato.

Avendo a disposizione un’alleanza militare efficace e ben collaudata, le nazioni occidentali ritengono proficuo utilizzarla anche in altri contesti, e in particolare quello asiatico, dove non esiste alcuna organizzazione così strutturata. Gli alleati nel Pacifico, infatti, hanno ciascuno un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti e confidano nello scudo militare americano.

È evidente che questo non basta più. Anche se molti si ostinano a vedere divisioni tra Repubblica Popolare e Federazione Russa, il tanto conclamato “piano di pace” cinese per l’Ucraina dimostra il contrario. Pechino ha fatto chiaramente intendere di appoggiare le rivendicazioni russe, sostenendo che la pace potrà essere raggiunta se, e soltanto se, Kiev cederà in modo definitivo i territori conquistati dall’esercito di Putin.

Strumento di deterrenza

Nel Pacifico, la stessa situazione si sta riproponendo per Taiwan. Prigioniero dello slogan “Una sola Cina”, l’Occidente non osa sfidare Pechino più di tanto. Sta tuttavia serrando le fila per far capire alle due autocrazie di non essere disposto ad accettare altre invasioni militari di Stati sovrani.

In questo senso la Nato Plus rappresenta uno strumento di dissuasione efficace, poiché i nuovi membri associati sono – tutti – preoccupati dalla tenaglia sino-russa che minaccia in modo diretto le democrazie. E lo sarebbe ancora di più se anche Taiwan vi fosse inclusa.

L’ingresso dell’India

La vera novità è però un’altra. La Commissione Cina del Congresso Usa ha proposto all’amministrazione Biden di sostenere l’ingresso dell’India nella Nato Plus, sia pure soltanto come osservatore. Si tratta di una proposta importante, benché di difficile realizzazione. L’India fa già parte, con Australia, Usa e Giappone, dell’organizzazione di sicurezza “Quad”, istituita in funzione anti-cinese.

Il premier Narendra Modi avrebbe tuttavia difficoltà ad aderire a una Nato Plus che ha pure caratteristiche anti-russe. La Federazione Indiana ha ottimi rapporti con Mosca sin dai tempi della ex Unione Sovietica, e sempre in funzione anti-cinese. Non si tratta comunque di un’eventualità da scartare del tutto, giacché Modi e il suo governo hanno con Pechino numerosi contenziosi aperti, pur non avendo aderito alle sanzioni occidentali contro la Russia.

La partita, insomma, è aperta. L’ambiguità indiana potrebbe forse cessare qualora i russi subissero una sconfitta in Ucraina, lasciando così libera New Delhi di concentrarsi sul pericolo cinese. Comunque la strada è ancora lunga. Occorre vedere se la visita di Modi a Washinton il prossimo 22 giugno porterà risultati positivi.

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