Perché Washington deve impedire la sottomissione di Roma ai franco-tedeschi

I tentativi di Berlino (con Parigi ancella) di destabilizzare l’Italia per impedire l’hub italiano del gas e salvare l’hub russo-tedesco. Usa e governo Meloni escano dal sonno

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La guerra in Ucraina ha due attori principali. Ciascuno col proprio obiettivo di guerra: quello russo è l’Ucraina, quello americano è la guerra economica permanente alla Russia. Sicché, la guerra non è una, ma sono due.

La mezza vittoria repubblicana alle elezioni parlamentari di martedì potrebbe forse parzialmente attenuare la resistenza di Washington all’obiettivo di guerra russo. Certamente non mutare l’obiettivo di guerra americano: considerata l’antica opposizione di Trump al gasdotto Nordstream, e considerata la posizione di DeSantis (Putin “fondamentalmente è un benzinaio autoritario … la loro intera società è svuotata, tranne che per l’energia. Colpiscilo dove gli fa male”).

Germania ed Italia su fronti opposti

I restanti Stati, debbono schierarsi in entrambi i conflitti. La Germania è debolmente schierata a difesa dell’Ucraina ma, molto più fortemente, a difesa del proprio commercio energetico con Mosca attraverso l’hub imperiale russo-tedesco.

In altre parole: debolmente contro l’obiettivo di guerra russo, ma fortemente contro l’obiettivo di guerra americano. Gli interessi di Russia e Germania, quindi, sono allineati: inondare l’Europa di gas russo.

L’Italia, al contrario, non solo è schierata a difesa dell’Ucraina, ma sta pure facendo tutto il necessario per rinunciare al proprio commercio energetico con Mosca.

In un vero grande gioco: divenire essa stessa l’hub energetico del Centro Europa, distribuendovi gas non russo, ma mediterraneo ed africano, dai propri gasdotti (quelli esistenti e magari pure uno nuovo sottomarino, dai rigassificatori spagnoli) e dai propri rigassificatori (vecchi e nuovi).

Una scelta decisamente filo-americana, ma pure un ottimo affare economico, almeno in prospettiva. Ciò di cui pare avere qualche contezza il ministro Urso: “io credo che saremo in grado di esportare energia verso i Paesi del Nord”.

E di cui è consapevole il banchiere Orcel: “finora abbiamo avuto un sistema infrastrutturale di fornitura dell’energia che va da Nord verso Sud, ma inevitabilmente cambierà. L’energia verrà da Sud verso Nord. E chi dovrà costruire porti, infrastrutture? Saranno l’Italia, la Grecia e altri Paesi del sud Europa. Sarà una grande occasione”.

Gli interessi di Germania ed Italia, quindi, sono perfettamente divaricati: due hub energetici in concorrenza. Ma meglio faremmo a definirla guerra commerciale. Nella quale, Berlino non rinuncia ad alcun colpo proibito, azionando le istituzioni europee che essa controlla: Bce e lo SSM, la Ue ed il Mes (ie Troika).

Gli Usa e i due hub europei del gas

Quanto agli Stati Uniti, non v’è dubbio da che parte converrebbe loro stare: contro l’hub russo-tedesco, con l’hub italiano. Quantomeno come minaccia immediatamente disponibile, contro il rischio che Berlino ripari e riapra i propri gasdotti sottomarini con la Russia.

Può essere che gli Stati Uniti lo abbiano compreso. Ma dubitiamo abbiano capito a che livello Berlino intende portare lo scontro.

La Russia e i due hub europei del gas

Quanto alla Russia, non v’è dubbio da che parte stia: con l’hub tedesco, contro l’hub italiano. Pensi il lettore al fatto che quasi tutto il poco gas russo che ancora arriva in Europa, arriva in Italia: una sua interruzione accelererebbe l’emergenza e, quindi, la costruzione dell’hub italiano. Un rischio notevole per l’hub imperiale russo-tedesco.

Oppure, pensi il lettore all’annuncio fatto da Putin di voler potenziare i gasdotti verso la Turchia: manifestamente troppo lontano dal Centro Europa per infastidire l’hub imperiale russo-tedesco, bensì una pistola puntata contro l’hub italiano, che tanto infastidisce i russo-tedeschi. Ovviamente con l’entusiasmo di Ankara, che di Berlino è alleata di ferro.

Parigi ancella di Berlino

La questione più dubbia, è sempre stata da che parte stia la Francia. O almeno lo era, sino alla ultima intervista del ministro Bruno Le Maire: un documento sconvolgente, che val la pena scrutare da vicino.

Per cominciare, fa piazza pulita delle illusioni del passato governo di Mario Draghi. Quanto al fondo europeo pandemico NgEU “è un successo collettivo europeo”, ma non è replicabile: quindi niente fondo europeo per l’emergenza energetica.

Né fa cenno al famigerato prezzo al tetto del gas, che era poi un altro modo per battezzare lo stesso fondo. In altre parole, qualunque sia la giusta politica, gli Stati membri debbono pagarsela da soli: che Roma si arrangi.

D’altronde, solo un bambino come Draghi poteva immaginare che Berlino potesse fornire a Roma i mezzi finanziari necessari per fare concorrenza energetica a Berlino stessa.

Parigi per Bce tedesca

Continua, asserendo che Bce benissimo fa ad alzare i tassi e benissimo ha fatto ad interrompere gli acquisti: “credo che il controllo dell’inflazione debba essere la nostra priorità”. Con la conseguenza implicita che i titoli di Stato italiani non potranno davvero mai più contare sul sostegno di Bce: di nuovo, che Roma si arrangi.

Ora, qui non si tratta di discutere la fragilità finanziaria italiana, dentro l’Euro, bensì di accettarla come un dato di realtà. È un fatto che, dentro l’Euro, senza l’appoggio di Bce, Roma non avrà i soldi per costruirsi gasdotti e rigassificatori.

Parigi gretina

Né tale nuovo corso di politica monetaria è da considerarsi transitorio. Così Le Maire:

siamo lucidi: all’uscita di questa crisi energetica, avremo probabilmente un livello di inflazione superiore a quello che conoscevamo dagli ultimi decenni. Perché la re-localizzazione della nostra produzione – priorità strategica per tutti i Paesi europei – e la decarbonizzazione dell’economia, aumenteranno strutturalmente il costo di alcuni prodotti.

Ma non se ne lamenta affatto, anzi: vuole che la coppia franco-tedesca trovi “una cooperazione sulle energie rinnovabili o sull’idrogeno” ed ha pure la faccia tosta di chiamare tutto ciò “indipendenza energetica europea”. Come si vede, egli ne è entusiasta.

Addirittura, rilancia: “dobbiamo difendere un commercio che sia coerente con le nostre ambizioni climatiche” attraverso “un’affermazione più rigorosa dei nostri interessi ambientali, meccanismi di preferenza europei o l’accelerazione dell’uso degli strumenti di reciprocità” … cioè dazi ai prodotti importati, per esempio dagli Stati Uniti.

Senza che Le Maire si curi del fatto che tutto ciò poterebbe ulteriore inflazione e, quindi, allontanerebbe ulteriormente il sostegno di Bce ai titoli di Stato italiani.

Insomma, dice Parigi, la decarbonizzazione dell’economia val bene la crisi dei titoli emessi dallo Stato italiano. Il quale, se pure avanzasse qualche soldo, dovrà indirizzarlo nella decarbonizzazione: cioè lontano dai gasdotti e dai rigassificatori.

Parigi per l’austerità fiscale

Lo stesso l’inflazione va combattuta, con “il corretto coordinamento delle politiche di bilancio degli Stati membri”. Cioè austerità fiscale, in quanto “una politica monetaria restrittiva non è compatibile con una politica di bilancio espansiva”.

E tale austerità fiscale, deve essere imposta da Bruxelles con più forza che pria: “è legittimo che la Commissione si doti dei mezzi per garantire che ogni Paese rispetti i propri impegni. La responsabilità degli Stati implica un controllo rigoroso. Al quale la Francia è favorevole”.

Non solo, tale austerità fiscale è l’unica linea di difesa del mercato dei titoli di Stato italiani: “coordinamento, e ancora coordinamento. Che si tratti delle nostre politiche di bilancio o del risanamento delle nostre finanze pubbliche”. E non serve una grande fantasia, per intravedere la scure che Bruxelles è pronta a calare su qualunque spesa italiana in gasdotti e rigassificatori … con l’argomento che tanto ci saranno già quelli tedeschi.

Insomma, dice Parigi, pure se Roma riuscisse per miracolo a finanziarsi senza Bce, lo stesso non dovrà avere e non avrà i soldi per costruirsi l’hub italiano che tanto infastidisce i russo-tedeschi.

Parigi per l’austerità fiscale … ma solo in Italia

Le Maire aggiunge che la austerità fiscale imposta all’Italia, non verrà imposta a Francia e Germania.

Alla Francia, anzitutto, per la quale il ministro si bea di aver speso soldi a bocca di barile: “la Francia rimane il Paese con il tasso di inflazione più basso della zona euro. È la migliore protezione per i nostri connazionali, risultato della scelta strategica fatta dal presidente della Repubblica, a partire dall’ottobre 2021, con l’attuazione dello scudo tariffario su gas ed elettricità”.

Ed alla Germania, dove il cancelliere ha testé varato un grande ombrello difensivo di 200 miliardi di euro … i quali si aggiungono ad altri 100 miliardi stanziati allo scoppio della guerra, per un massimo di 300 miliardi, l’8,4 per cento del Pil. In beata solitudine.

E ha voglia Le Maire a blaterare che “Spagna, Italia, Germania e Francia hanno messo sul tavolo più o meno gli stessi stanziamenti, per proteggere le loro economie” … perché non è vero: l’ammontare degli aiuti tedeschi, in termini di Pil, è quasi il triplo di quello italiano.

La sfacciataggine di Le Maire si spinge a sostenere che si tratti di fondi destinati ad essere spesi “nella difesa e nella transizione climatica”. Roba che manco al circo.

Insomma, dice Parigi, all’Italia non solo sarà impedito di costruirsi l’hub gasiero concorrente di quello russo-tedesco, come abbiamo visto. Ma pure verrà punita per aver osato immaginare tanto, tramite la distruzione della sua economia, sotterrata dalla concorrenza sovvenzionata franco-tedesca.

Parigi per l’ESM, cioè il fallimento dello Stato italiano

Abbastanza, penserà il lettore. Invece no, perché Le Maire ha finito, ma Parigi non ancora. Interviene qui la questione del ESM, aka Troika. E della sua riforma, contenuta in un nuovo Trattato, del quale Le Maire è uno dei due padri, insieme all’attuale cancelliere Olaf Scholz.

Un trattato sulla cui natura orrenda non si insisterà mai abbastanza, e che è stata recentemente ricordata dallo ESM stesso: [1] finanzia gli Stati “in caso di shock esterni” (come la guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica), [2] ma solo quelli che già rispettano le norme fiscali, [3] e solo dopo aver giudicato sostenibile il debito pubblico, [4] giacché il suo scopo non è salvare gli Stati membri, bensì evitare che la crisi di uno Stato membro dell’Euro si estende ai restanti.

E se uno Stato è colpito da uno shock esterno (come l’Italia), ma non rispetta le norme fiscali (come l’Italia)? Ebbene, il suo debito verrà giudicato insostenibile e ogni sostegno verrà subordinato ad una preventiva ristrutturazione.

Ora, ci dica il lettore in che maniera mai Roma potrà finanziare gasdotti e dai rigassificatori … mentre Parigi e Berlino le impongono la ristrutturazione del debito pubblico? In nessuna maniera al mondo, evidentemente.

Sicché, inevitabilmente, dentro l’Euro, la ratifica del nuovo Trattato ESM segnerà la morte certa dell’hub energetico italiano ed il trionfo certo dei russo-tedeschi.

Parigi usa i migranti come una clava

E non è tutto, perché Parigi non ha ancora finito. Interviene qui la questione delle navi ong, che tanti migranti sbarcano in Italia … e solo in Italia. Dettaglio cruciale: si tratta di navi anzitutto francesi e tedesche.

Ora, qui non si tratta di discutere la eventuale bontà delle politiche migratorie italiane, bensì la unilateralità di quelle franco-tedesche: due Paesi che gettano l’onere sull’Italia. Facendo, anzi, del proprio meglio per aggravarlo, tramite le navi delle proprie ong.

E senza mai alleviarlo, per esempio accogliendo in Germania i migranti salvati dalle navi tedesche, ovvero facendo navigare quelle francesi verso i porti francesi: come pure sarebbe perfettamente possibile, testimone in questi giorni la partenza forzata verso Marsiglia della nave Ocean Viking della ong Sos Mediterranée. Il tutto in un fare costante richiamo ad un ridicolo meccanismo di solidarietà, che interessa meno migranti di quanti ce ne starebbero in un solo torpedone.

Chiunque sia dotato di un minimo di cinismo, non avrà difficoltà a riconoscere, in tale atteggiamento franco-tedesco, un esplicito tentativo di destabilizzare l’Italia o, quanto meno, il suo governo.

Insomma, dice Parigi, non solo all’Italia sarà impedito di costruirsi l’hub gasiero, e non solo la sua economia verrà distrutta. Ma pure verrà distrutto il suo assetto politico, ancorché solo poche settimane fa scelto dal popolo sovrano attraverso libere elezioni.

E a qual fine? Beh, è facile … al fine di riaprire le porte al partito appena sconfitto: il Pd, cioè il partito francese. Più che felice di sottomettersi alle esigenze franco-tedesche, cioè russe. Più che felice, cioè, di far scontenti gli americani.

Washington esca dal sonno

Di fronte a tutto questo, gli Stati Uniti debbono decidere se accettare un destino già scritto: la sottomissione italiana, cioè l’abbandono dell’hub italiano, cioè il trionfo russo-tedesco nella guerra economica permanente alla Russia. Ovvero opporsi.

Ma, per opporsi, Washington deve anzitutto comprendere a che livello Berlino intende portare lo scontro: quello che abbiamo visto. E deve comprendere che mai l’Italia potrà resistere, se sarà sottoposta alla austerità fiscale, alla distruzione economica, alla destabilizzazione politica che le promettono i franco-tedeschi.

E deve comprendere che, per sottrarsi, Roma deve recuperare la propria autonomia fiscale, cioè la propria autonomia monetaria. Infine, dopo averlo compreso, Washington deve curare di spiegarlo per bene al nuovo governo italiano.

Venga Washington a Roma

Quest’ultimo, infatti, è una curiosa congerie di cripto-francesi, come il ministro dell’economia Giorgetti (che considera Le Maire “un amico”), accanto a veri filo-americani, come il primo ministro Meloni e la gran parte dei ministri.

I filo-americani al governo, però, non paiono avere perfettamente in chiaro la posta in gioco: si illudono ancora che Parigi stia litigando con Berlino, che Berlino stia litigando con Mosca; coltivano la vana speranza di una Germania filo-americana che, prima o poi, diventerà buona. Con le parole di Federico Punzi: paiono assurdamente illudersi “che basti un atteggiamento più assertivo”.

Venga Washington a Roma, usi della grande influenza della quale ancora gode, per catechizzare Meloni su ciò che è indispensabile: non solo per vincere la guerra in Ucraina, che prima o poi finirà … ma per vincere la guerra economica permanente alla Russia, che è il vero obiettivo di guerra americano.

In difetto Berlino, con Mosca propria alleata e Parigi propria ancella, avrà partita vinta. E gli Stati Uniti avranno gettato al vento una vittoria che pure appare a portata di mano.

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