Esteri

Scacco di Berlino: perché Scholz ha già vinto, le opzioni del governo Meloni

Il piano da 200 mld riafferma il potere tedesco in Europa. Una politica economica distruttiva dell’impegno europeo contro Mosca, Washington farebbe bene a impedirla

Esteri

Quanto lunga è la notte? Tanto lunga, dice Reuters: “un equilibrio più confortevole dei mercati energetici potrebbe essere a molti inverni di distanza. La normalizzazione dei prezzi del gas in Europa potrebbe richiedere dai cinque ai dieci anni”. Nel frattempo, “l’Europa dovrà continuare a pagare tanto per il gas e pregare per un clima meteorologico più mite”.

I rigassificatori sono necessari per garantire le quantità di gas. Così Descalzi: “se smettessimo di comprare dai russi, avremmo bisogno di sostituire quel metano col gas liquido di Usa, Qatar, Egitto, Congo. Ma dobbiamo installare in fretta i due rigassificatori ed aumentare i nostri depositi”. Nel frattempo, dice sempre Descalzi, “il contributo addizionale del gas russo, di 20 milioni di metri cubi al giorno, è fondamentale”. Ma per garantire le quantità, non per abbattere i prezzi.

E il governo dei migliori, che dice? Così Cingolani: “purtroppo non toglieremo la sofferenza a famiglie e imprese … speriamo anche che la guerra finisca”. Non volevamo crederci, ma lo ha detto veramente: “purtroppo, nulla allevierà le sofferenze delle imprese e dei cittadini … speriamo che la guerra finisca”.

I 200 miliardi tedeschi

E i Paesi senza il governo dei migliori? Così Scholz: “il governo tedesco farà tutto il possibile per abbassare i prezzi” dell’energia, “oggi stiamo erigendo un grande ombrello difensivo … che doteremo di 200 miliardi di euro”. I quali si aggiungono ad altri 100 miliardi stanziati allo scoppio della guerra, per un massimo di 300 miliardi, l’8,4 per cento del Pil. Aggiungeva il suo ministro delle finanze Lindner: “siamo economicamente forti e mobilitiamo questa forza economica quando necessario”.

Sì, va bene, pure il governo dei migliori ha congeniato qualche sconto. Ma l’ammontare degli aiuti tedeschi, in termini di Pil, è quasi il triplo di quello italiano. Né l’incidenza della manifattura sul Pil tedesco è tanto così maggiore di quella sul Pil Italiano. Si vede la differenza?

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Una politica fiscale iper-espansiva

Nel far ciò, Berlino ha gettato alle ortiche quattro concetti ideologici, ai quali ha sempre preteso di essere molto legata. Anzitutto, il conservatorismo fiscale.

L’intera maggiore spesa tedesca verrà finanziata a debito perché, contestualmente, Berlino rinunciava ad imporre un previsto contributo di solidarietà in bolletta. Come era già accaduto per un precedente stanziamento straordinario di 60 miliardi di euro dedicato al clima. In totale fanno 360 miliardi di spesa a debito, pari al 10 per cento del Pil. Sia pur non iscritta nel bilancio ufficiale dello Stato, bensì nascosta in certi fondi speciali, ma è solo cosmesi di bilancio come ha sottolineato la locale Corte dei Conti.

Una sconfitta grossa per i Liberali (FDP) al governo, che il ministro delle finanze Lindner ha cercato di camuffare, accompagnando l’annuncio con roboanti proclami di aderenza al più stretto conservatorismo fiscale: che sarebbero patetici se non fossero ipocriti.

Una politica energetica generosa

In secondo luogo, Berlino ha gettato alle ortiche il gretinismo. In pratica, le famiglie tedesche in dicembre non pagheranno la bolletta e, nei 14 mesi da marzo pagheranno, per l’80 per cento dei propri consumi di gas, 0,12 euro/Kwh contro i circa 0,3 di mercato: in media 0,174 euro/Kwh, cioè il 58 per cento del prezzo di mercato.

Senza dimenticare che gli aumenti di prezzo per l’energia elettrica sono già calmierati dalla legge sulla protezione dei consumatori.

Una sconfitta grossa per i Verdi (GRU) al governo. Vero che 0,12 euro/Kwh è un prezzo più alto di quello precedente la crisi e che le soglie dell’80 e 70 per cento inducono comunque un incentivo a risparmiare rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, assai meno di una applicazione bruta del prezzo di mercato.

Una tetta per l’industria tedesca

In terzo luogo, Berlino ha gettato alle ortiche il liberismo commerciale.

Quanto alle imprese industriali, nei 16 mesi da gennaio pagheranno, per il 70 per cento dei propri consumi di gas, 0,07 euro/Kwh contro i circa 0,3 di mercato: in media 0,139 euro/Kwh, cioè il 46 per cento del prezzo di mercato. Un beneficio gigantesco.

Per mostrarlo, basti richiamare che in Italia i costi energetici incideranno mediamente per il 9,8 per cento sul totale dei costi di produzione (nel 2022, secondo Confindustria); il che significa che, per un uguale concorrente tedesco, i costi energetici incideranno mediamente per il 4,5 per cento sul totale dei costi di produzione. Un vantaggio di prezzo mediamente del 5,3 per cento … nella manifattura una enormità.

Senza voler dimenticare l’eventualità che la più forte domanda tedesca indotta dal maxi-sconto, spinga al rialzo i prezzi del gas sui mercati all’ingrosso europei. Sicché, mentre le aziende tedesche pagheranno di meno, i loro concorrenti europei pagheranno di più di quanto avrebbero pagato senza il maxi-sconto tedesco, minando ulteriormente la propria competitività.

Ma non è tutto, perché gli altri Stati membri della Ue saranno costretti pure a sopportare una crescita dell’indice generale dei prezzi ben al di sopra di quella tedesca: il che è automatico, essendone oggi l’energia la componente principale. Il che comporterà pressioni salariali maggiori che in Germania, con tutto ciò che ne consegue in termini di competitività dentro la moneta unica.

La frammentazione monetaria

In quarto luogo, Berlino ha gettato alle ortiche la convergenza monetaria dell’Eurozona.

Bce sarà presto chiamata a decidere di quale inflazione curarsi: se della inflazione più bassa in Germania, o più alta in Italia.

Tradizionalmente si cura della prima, definita inflazione core o del Paese cuore dell’Eurozona. Come prima del 2011 aveva fatto con la Spagna, la quale ebbe per anni una inflazione molto maggiore della Germania. Mentre Bce conduceva una politica monetaria adatta alla bassa inflazione tedesca, dunque eccessivamente espansiva per l’economia spagnola. Così precipitando la Spagna in una crisi di bilancia commerciale, la quale poi si tradusse nella crisi del debito del 2011.

Lo sottolineiamo: qui il problema non è l’inflazione, ma il differenziale d’inflazione. Ed è un problema destinato a produrre una crisi del debito comunque, anche se Roma si asterrà dalla tentazione di emularne il maxi-piano di spesa tedesca … perché l’inflazione italiana rimarrebbe più alta di quella tedesca e precipiteremmo in un nuovo 2011 per la via spagnola di allora.

Al contrario, se Roma cedesse a quella tentazione di spesa, essendo finiti gli acquisti di Bce precipiteremmo in un nuovo 2011 per la via italiana di allora.

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Conseguenze per il governo Meloni

Di fronte a tutto ciò, dentro la moneta unica Roma deve emulare gli effetti anti-inflattivi della politica espansiva di sussidio tedesca, ma senza spendere.

L’unico modo è adottare una politica restrittiva. E può scegliere: fra il razionamento forzato dei consumi energetici, che piace tanto a Boeri e Perotti; oppure una classica politica fiscale restrittiva.

Entrambe ci verrebbero imposte da regole europee vecchie e nuove ma, fra queste ultime, quelle fiscali godono di una pervasività ed efficacia certamente maggiore. Le ha richiamate Scholz, in una intervista a El Pais: “l’invasione russa dell’Ucraina segna un cambiamento epocale. L’Europa, l’Ue, deve reagire e adattarsi a questi tempi nuovi”.

Ma, per reagire e adattarsi, il cancelliere intende rispetto delle regole: “l’invasione russa dell’Ucraina ha dimostrato quanto sia importante che l’Ue resti unita, agisca di concerto e con determinazione … possiamo presumere che il futuro governo italiano rispetterà le norme e i valori che ci uniscono nell’Ue”. Cioè le norme fiscali, cioè tagliate la spesa. Tradotto: l’invasione russa dell’Ucraina impone che voi italiani smettiate di fare deficit di bilancio.

Tale è pure il messaggio principale di Domenico Fanizza, direttore esecutivo del FMI, rivolto al nuovo governo Meloni: “politica fiscale molto prudente” … riducendo i sostegni esistenti al caro energia.

Certo poi Fanizza indora la pillola, citando il solito Pnrr, augurandosi la fine della guerra in Ucraina. Soprattutto, criticando il piano tedesco: “non è coerente con la politica monetaria europea. Complicherà la vita e può avere risultati sfavorevoli per la competitività delle industrie italiane”.

Carino, ma sterile, giacché Berlino procede come un treno. A mero titolo di esempio, Fanizza loda la proposta italiana per il famigerato tetto al prezzo del gas. Ma non può non sapere come esso sia stata definitivamente abortita.

Un fondo europeo di solidarietà

Di una cosa sola Fanizza non parla: del famigerato fondo europeo di solidarietà. Già sappiamo: che Draghi voleva fare l’americano coi soldi dei tedeschi; che l’ambasciatore Massolo aveva esteso la richiesta di sussidi di guerra persino a Washington; che Cingolani aveva disegnato il tetto al prezzo del gas come un modo per ottenere compensazioni finanziarie dalla Germania.

Da ultimo, all’indomani dell’annuncio dei 200 miliardi di Scholz, il testimone è stato raccolto dai commissari Gentiloni e Breton: i quali chiedono un nuovo SURE, a finanziare la spesa corrente per il sostegno delle bollette.

Purtroppissimo, si tratta della soluzione esattamente contraria a quanto indicato dal FMI, come abbiamo visto. Infatti, non trova neppure l’approvazione della Francia, nonostante la proposta fosse firmata pure dal commissario di quel Paese: Macron chiacchera, piuttosto, di un Recovery, che finanzia non spesa corrente ma investimenti in energia, per giunta condizionati al taglio della spesa corrente.

Scholz stesso, a difesa dei propri 200 miliardi è ricorso ad un solo argomento sostanziale: usiamo prima i soldi non spesi del Recovery. Poi seguito dal proprio ministro Lindner, dalla di lui collega olandese Sigrid Kaag, persino da Dombrovskis.

Più chiaro di tutti Charles Michel il quale, in tema di energia: non solo tratteggia una genuine energy union priva di qualsivoglia fondo di solidarietà, ma pure specifica che alla bisogna c’è lo ESM. Cioè il Mes, cioè la Troika, cioè il trattamento greco.

Il Cancelliere chiagni e fotti

Come si vede, il cancelliere è tutt’altro che isolato. Anzi, ha già vinto. Tant’è vero che a Berlino hanno già cominciato a festeggiare, facendo partire il consueto chiagni e fotti.

L’industria tedesca si lamenta che il maxi-sconto parta solo da gennaio.

Il ministro Habeck blatera che i 200 miliardi “aiuteranno a proteggere l’intera economia europea … se la Germania dovesse sperimentare una recessione davvero profonda, trascinerebbe con sé l’intera Europa … Non siamo egoisti, stiamo cercando di stabilizzare l‘economia nel cuore dell’Europa”. Cioè, io sono io e voi non siete un c***o.

La cancelleria esprime irritazione, addirittura: “negli ultimi 10 anni siamo stati criticati per non aver investito abbastanza, e ora che lo facciamo, tutti ci criticano. È come se fossimo dannati se lo facciamo, dannati se non lo facciamo”. Come se i sussidi ai consumi fossero un investimento … come se gli abitanti del resto d’Europa fossero veramente tutti dei babbei.

Ma è normale, Berlino si lamenta sempre dopo aver conseguito una vittoria importante e distrutto qualche altro Stato membro. In tale chiagni e fotti Merkel era maestra indiscussa e Scholz promette di non essere da meno.

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Il potere tedesco in Leuropa

Il cancelliere ha vinto per due motivi. Anzitutto, perché si appoggia sui trattati i quali, per principio fondamentale come ricorda sempre Barra-Caracciolo, sono competitivi e non solidaristici.

In secondo luogo, perché egli è libero di rispettare i trattati che vuole lui nel momento in cui lo vuole: non le famigerate regole europee a tutela della concorrenza, ad esempio. Tanto Bruxelles è di Berlino e le sue regole sono solo per i PIGS.

I quali PIGS possono essere fatti obbedire, perché hanno l’Euro. Non stupisce che le critiche più aperte ai 200 miliardi di Scholz siano giunte da due Paesi Membri dell’Ue ma non dell’Euro: Polonia e Ungheria. Mentre Draghi si è limitato ad invocare l’impossibile solidarietà.

Il potere tedesco con Washington

Eppure, in teoria, Scholz avrebbe avuto un ostacolo più grande: l’impossibilità, per l’Italia, di sopportare, contemporaneamente, il trattamento greco che ci impone Scholz e le sanzioni contro la Russia. Ciò che, in teoria, Washington non dovrebbe tollerare.

Il fattore discriminante ci pare essere l’esplosione dei gasdotti Nord Stream. Se totale, come abbiamo visto, essa avrebbe tolto a Berlino qualsivoglia margine di manovra verso Washington … pena restare senza energia.

Al contrario, come poi rivelato da Putin, uno dei due tubi del Nord Stream 2 è ancora attivo. Perciò, Berlino può sempre aprirlo alla bisogna e, perciò, Washington non è libera di impedire una politica economica alla fine distruttiva dell’impegno europeo contro la Russia.

Non per nulla Scholz ha annunciato 200 miliardi pochi giorni dopo la scoperta delle esplosioni da parte di Danimarca e Svezia: egli era, evidentemente, sin da subito molto ben informato.

Concorre l’annuncio parallelo fatto da Putin: l’intenzione di potenziare i gasdotti verso la Turchia, onde far di lì transitare gas verso la Ue. Manifestamente troppo lontano dal Centro Europa per infastidire l’hub imperiale russo-tedesco, bensì una pistola puntata contro l’hub mediterraneo-africano in costruzione in Italia e che tanto infastidisce i russo-tedeschi. Ovviamente con l’entusiasmo di Ankara, che di Berlino è alleata di ferro.

Insomma, nello scontro fra Usa e Russia, la Germania resta in vendita.

Opzioni per il governo Meloni

Qui sta l’unica speranza del governo Meloni, se non vuol subire il trattamento greco, che Scholz ha preparato per noi:

• Persuadere Washington che le politiche di Scholz non possono che defatigare l’Italia al punto da costringerla alla resa verso la Russia. Con conseguente rinuncia alla sua nuova politica gasiera.

• Dopodiché, persuadere Washington che Roma non potrà mai essere libera di opporsi a Berlino dentro la moneta unica.

• Infine, prepararsi al gran salto, cominciando a bollare come putiniano chiunque si attardi a sostenere l’Euro.

In difetto, Scholz avrà partita vinta, dell’Italia resteranno solo le ceneri e la Nato non si sentirà più tanto bene.

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