Politica

Con l’opposizione in rotta, lo spettro di “alternative” pericolose

Occhio ai soliti professionisti dell’antifascismo, la retorica resistenziale rischia di scappargli di mano. Scegliendo Schlein il Pd abbandona la vocazione maggioritaria

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È inutile cercare di nasconderlo: l’opposizione partitica – e sottolineiamo “partitica” – al neonato governo Meloni è pressoché inesistente, dilaniata da lacerazioni interne e rancori personali.

L’abbandono della vocazione maggioritaria

Nonostante le resistenze di poche voci lungimiranti, fra cui quella di Stefano Bonaccini che aspira alla leadership del partito, la nomenklatura del Pd ha scelto di sostenere Elly Schlein come nuova segretaria, la quale può forse vantare il consenso delle correnti (gli Orlando e i Franceschini la sosterranno per mantenere lo status quo), non certo quello dei ceti popolari, perlopiù ostili al politicamente corretto e alla cancel culture di cui Schlein è purtroppo fervida ammiratrice.

Pensano, la Schlein e i suoi sostenitori, che quelle balzane teorie germogliate nei campus universitari americani siano maggioritarie anche nel nostro Paese. Ma, come dimostra l’esito delle ultime elezioni, gli italiani – di destra e di sinistra – non sono e forse non saranno mai ammiratori del politically correct.

Per questo motivo, con Schlein segretaria, il Pd rischia di raggiungere i minimi storici, rinunciando una volta per tutte all’aspirazione maggioritaria auspicata da Walter Veltroni a inizio millennio, perseguita da Matteo Renzi nella sua breve stagione politica e da allora mai più ricercata.

Terzo polo e 5 Stelle

Come abbiamo già osservato nelle scorse settimane, il Terzo Polo si pone l’obiettivo (ambizioso) di cannibalizzare gli elettorati di Pd e Forza Italia. Tuttavia, i rancori mai sopiti fra Matteo Renzi e Carlo Calenda rischiano di demolire il progetto unitario di una forza riformista ancor prima di testarne il consenso nelle urne (alle prossime elezioni europee, mancano quasi due anni, che in politica sono un’eternità).

I 5 Stelle, invece, sopravvivono grazie al reddito di cittadinanza e ai suoi percettori che costituiscono, in larga misura, il bacino elettorale contiano. Sugli altri partitini eco-fondamentalisti e falsamente pacifisti della galassia progressista occorrerebbe stendere non uno, ma dodici veli pietosi (e forse non basterebbero).

Alternative poco rassicuranti

Eppure, come ha lucidamente sottolineato Daniele Capezzone su La Verità, la debolezza dell’opposizione rischia di generare alternative poco rassicuranti e potenzialmente pericolose al di fuori dell’arco parlamentare.

Si pensi, per esempio, alle occupazioni proclamate in numerosi licei contro la vittoria del destra-centro. Ancor prima di conoscere i nomi dei ministri e soprattutto di vederli all’opera, alcuni studenti hanno protestato non contro l’operato del nuovo governo, ma contro la volontà espressa democraticamente da oltre il 40 per cento degli italiani lo scorso 25 settembre.

Per non parlare delle altre “manifestazioni” di odio, dal sapore squisitamente “fascista”, per utilizzare un termine caro ai progressisti di casa nostra, volte a delegittimare e criminalizzare la maggioranza dei votanti.

Illegalità a Bologna

Non meno fasciste sono state le occupazioni di numerosi edifici pubblici e privati dell’hinterland bolognese, nell’indifferenza dell’amministrazione locale che, con un sola eccezione, da sessant’anni a questa parte è sempre stata di un solo colore.

Le politiche lassiste della sinistra hanno favorito il diffondersi dell’illegalità: la zona universitaria di Bologna è da tempo ostaggio di sbandati e spacciatori. Le forze dell’ordine evitano comprensibilmente di intervenire in modo incisivo per evitare denunce e ritorsioni mediatiche.

La delegittimazione della polizia negli Usa

Come ha spiegato Federico Rampini in un suo fortunato libro (Suicidio Occidentale. Perché è sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori), la campagna demonizzatrice contro la polizia statunitense e il conseguente taglio di fondi hanno provocato effetti devastanti: “Il 2020 è segnato dal 30 per cento di aumento di omicidi in tutta l’America”. E ancora:

Ormai, tantissime città americane sono tornate a conoscere i picchi di violenza e i bilanci di sangue degli anni Novanta (…) Anche a prescindere dai tagli di fondi, le forze dell’ordine subiscono una tale delegittimazione che sono colpite da dimissioni in massa. Da New York alla California, così come a Washington, migliaia di agenti abbandonano la professione. Le accademie di polizia non riescono ad attirare un numero sufficiente di reclute per riempire i vuoti enormi negli organici. Alla fuga contribuisce una recrudescenza di atti violenti contro i poliziotti.

Con il clima che si respira in Italia (è bastata qualche manganellata ad alcuni studenti della Sapienza per gridare allo squadrismo di Stato), non stentiamo a credere che qualcuno voglia replicare il fallimentare esperimento Usa anche da noi.

Scende in campo l’intellighenzia

In assenza di un’opposizione forte in Parlamento, l’intellighenzia progressista è pronta nel migliore dei casi a fungere da stampella, nel peggiore alla mobilitazione vera e propria: se non ci pensa Letta a risollevare la sinistra, provvederemo noi.

In un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera del 17 novembre, Carlo De Benedetti ha addirittura invitato il Pd a sostenere la candidatura di Letizia Moratti in Lombardia pur di contrastare l’avanzata di “una destra dura, anti-europea, di matrice post-fascista”.

E pazienza se gli stessi epiteti venivano riservati anche al centrodestra berlusconiano, di cui Moratti è stata a lungo espressione. Alla vulgata resistenziale, si sono accodati anche celebri scrittori come Roberto Saviano e Antonio Scurati.

Il rischio di sdoganare la violenza

In democrazia, il diritto al dissenso è sacrosanto purché non venga esercitato tramite la violenza. E i toni utilizzati da questi signori apparirebbero perfino ridicoli, nella loro illogicità, se non fosse per gli effetti che potrebbero produrre a lungo termine, quantomeno nelle menti più deboli.

Durante gli anni di piombo, una stagione che rischia di ripresentarsi in forme diverse e auspicabilmente meno drammatiche anche nel nostro tempo, le Brigate Rosse videro nel compromesso storico un’abdicazione del Partito comunista.

Ma come: coloro che dovrebbe difendere gli interessi del proletariato (i comunisti) stringono un’alleanza di governo con il partito della borghesia (la Dc)? In disaccordo con questa operazione, le Br rapirono e assassinarono Aldo Moro, fautore del compromesso storico.

“Ogni tappa che ha scandito la controrivoluzione imperialista di cui la Dc è stata artefice nel nostro Paese (…) ha avuto in Aldo Moro il padrino politico e l’esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste”, scrissero le Br nel primo dei comunicati emessi durante i 55 giorni del sequestro.

Certo, fortunatamente nessuno immagina il ritorno di vere e proprie formazioni terroristiche con una organizzazione solida e coesa. Tuttavia, ciò non basta per rasserenarci: le nuove Brigate Rosse, che nel marzo del 2002 freddarono Marco Biagi in via Valdonica, non erano una struttura organizzata paragonabile alle Br degli anni Settanta.

No, erano quattro esaltati armati di pistola che – fomentati da una propaganda martellante – commisero un delitto atroce. Su questo dato, i professionisti dell’antifascismo in servizio permanente effettivo dovrebbero riflettere attentamente. Prima che le loro parole vengano tradotte da qualcun altro in fatti.

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