Politica

Dal Covid al clima, rotto il tabù del reato d’opinione

L’emergenza Covid ha fatto scuola e creato pericolosi precedenti, la proposta di Bonelli viene da lì: come ai tempi del terrore sanitario, bisogna isolare i dissidenti

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Nei giorni scorsi, è stato pubblicato sul Corriere della Sera un interessante editoriale a firma di Antonio Polito in cui si disapprovava la tendenza a radicalizzare il confronto rendendo sgradevole oltre che pericoloso il dibattito sui temi di stretta attualità. Secondo Polito, “l’estremismo sembra diventato la malattia senile del nostro opinionismo”. Il riferimento è alle questioni ambientali ma non solo.

L’accusa di negazionismo

Particolarmente azzeccato è stato l’inciso sull’abuso del termine “negazionismo” già in voga durante l’era pandemica e riciclato nei confronti di chi si mostra scettico rispetto all’annunciata sciagura climatica. La firma del Corsera ha fatto notare come un’accusa del genere sia particolarmente infamante visto che crea una sorta di assimilazione ideologica con chi non ha riconosciuto l’abominio dell’Olocausto. Polito osserva che tale epiteto si è incuneato nel discorso sui vaccini e sul clima, “temi sui quali il dubbio è invece legittimo”.

A questo punto, tuttavia, bisognerebbe ricordare a Polito come il quotidiano su cui scrive ha alimentato lo scontro polarizzando le posizioni e indugiando su un’altra figura retorica abbastanza irritante, quella del no-vax (espressione con cui è stato additato non solo chi non si è piegato ai diktat sanitari ma pure chi ha espresso forti riserve rispetto all’approccio dispotico usato per costringere i recalcitranti a recarsi presso gli hub allestiti dal generale Figliuolo).

Allora, se il dubbio è legittimo, occorrerebbe anche un po’ di autocritica. Invece, si persevera nel parossismo, nell’enfatizzazione dei fenomeni e, infine, nel catastrofismo (pur stigmatizzato da Polito). Ergo, trattare da minus habens gli interlocutori di cui non si condivide l’opinione non è un buon punto di partenza per un corretto confronto di idee.

La censura social

Da questo punto di vista, la lunga emergenza sanitaria ha fatto scuola e ha creato pericolosi precedenti. Come, per esempio, il “filtro” da parte dei principali social network delle notizie sgradite ai governi che volevano scansare le critiche per le rigide norme imposte durante il Covid. Così, si è arrivati a bloccare, censurare, bannare qualsiasi utente abbia provato a diffondere una narrazione diversa contrapponendo la libera scelta individuale al collettivismo sanitario in stile cinese.

Una cosa inaccettabile per il mainstream che ha inserito in un unico calderone i complottisti e i pochi libertari ancora in circolazione offendendo non solo i diretti interessanti ma anche la storia del libero pensiero. Per cui, in un contesto sospeso tra l’irrazionale e il dispotico, non era certo inimmaginabile che si potesse arrivare a proposte sempre più azzardate.

La “provocazione” di Pellegrino

Lo scorso 22 maggio, sul Domani il professor Gianfranco Pellegrino si è spinto fino a suggerire di punire attraverso il codice penale il “negazionismo climatico”. Quattro giorni dopo, sullo stesso giornale, a seguito delle ovvie polemiche seguite, lo stesso professore ci ha spiegato perché l’istituzione di questo nuovo reato non è affatto illiberale: “È ovvio che la libertà d’opinione va protetta (meno male, professore!), ma non può spingersi fino a negare fatti evidenti, di fronte a conseguenze pericolose”.

La fonte di ispirazione di questo assunto – a dire di Pellegrino – sarebbe addirittura uno dei massimi esponenti del pensiero liberale, Juan Stuart Mill, il quale sosteneva che non bisogna diffondere volantini contro i mercanti di grano a una folla inferocita durante in carestia. Al di là del paragone poco calzante tra il popolo affamato e le teorie care a Greta, è il concetto di fatti evidenti a risultare poco digeribile.

Anche perché il mondo scientifico, sia in materia ambientalista che in quella sanitaria, non ha mai avuto una posizione granitica come si vuol far credere. Anzi, durante il Covid, notizie bollate come fake news (tipo quella della fuga del virus dal laboratorio di Wuhan) si sono rivelate poi più che verosimili. Così come il famoso teorema draghiano sugli ambienti protetti dal Green Pass si è sgretolato di fronte agli innumerevoli contagi di pluridosati.

Allora, più che di fatti certi, si tenta incredibilmente di criminalizzare opinioni che non hanno la certificazione ufficiale dei governi e della stampa che li sostiene. “La società aperta si tutela anche spingendo le persone ad assumersi la responsabilità delle conseguenze pericolose dei propri atti linguistici. La libertà di pensiero non è esente da conseguenze, altrimenti non puniremmo la diffamazione e l’insulto”, spiega ancora il professor Pellegrino dimenticando che l’ingiuria è stata depenalizzata e sorvolando sul fatto che un reato come la diffamazione andrebbe derubricato a illecito civile.

La proposta di Bonelli

Ed ecco che, con questa impostazione ideologica, il reato di opinione non viene considerato più un tabù in una democrazia di stampo (formalmente) liberale come la nostra. Il deputato verde Angelo Bonelli ha annunciato che presenterà un disegno di legge per introdurre il reato di negazionismo climatico.

Chi mistifica, specialmente se ha ruoli istituzionali, fa più danni di grandine, alluvione, caldo e siccità. Si dovrebbe cominciare ad ammettere che il negazionismo climatico non è differente rispetto ad altri tipi di negazionismo.

Gira e rigira, si arriva sempre al punto indicato da Polito nel suo editoriale: l’assimilazione tra un nazista e chi non segue l’ecologismo alla Greta. Questa sì, è una pericolosa spirale per un Paese civile. Bonelli neppure considera i tanti esperti che le teorie bislacche ed estreme le hanno smentite a più riprese ritenendo fantascientifica un’eventuale apocalisse climatica. Ma tutto questo non conta.

Come ai tempi del terrore sanitario, serve piantare le bandierine e isolare i dissidenti (definiti dal nostro Bonelli “climafreghisti”) fino a perseguirli davanti a un tribunale penale. Chissà cosa ne penserà Polito di questa ulteriore deriva. Del fatto che i reati d’opinione (anche solo ipotizzati) rappresentano l’ultimo passo verso il baratro di una moderna tirannia.

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