Politica

John O’Sullivan: Thatcher e Meloni? Ecco cosa hanno in comune

Parla lo storico consigliere della Lady di ferro: il legame speciale tra Thatcher, Reagan e Wojtyla, gli errori dei Tories dalla spesa pubblica a Net Zero, la minaccia woke

Giorgia Meloni

Gli undici anni di Margaret Thatcher al 10 di Downing Street, i rapporti con Ronald Reagan e Giovanni Paolo II, la crisi dei conservatori britannici, le analogie tra la Lady di ferro e Giorgia Meloni. Ne abbiamo parlato con John O’Sullivan, commentatore politico, consigliere speciale e speechwriter di Margaret Thatcher dal 1986 al 1988.

Battaglia sui voucher

LORENZO CIANTI: Qual è il suo primo ricordo di Margaret Thatcher?

JOHN O’SULLIVAN: Il mio primo incontro con lei risale a quando lavoravo come cronista parlamentare per The Daily Telegraph. Margaret Thatcher si trovava a pranzo insieme ad alcuni giornalisti, anch’io ero stato invitato per l’occasione. Ero molto probabilmente l’unico conservatore a quel pranzo. Io e lei discutemmo sui voucher scolastici: all’epoca Thatcher era ministro dell’istruzione nel governo di Edward Heath. Sostenne che la strategia dei voucher non avrebbe funzionato. Ero appena tornato dalla California, dove avevo assistito ad una sperimentazione dei voucher nelle scuole.

Avevo la mente piena di cifre e dati sui voucher e replicai affermando che sarebbero stati meglio del modello esistente, nel quale i bambini sono allocati nelle scuole dai burocrati non garantendo ai genitori la libertà di scelta. Ingaggiammo una battaglia senza esclusione di colpi. Ma quell’accadimento fu molto fortunato, perché la signora Thatcher amava le persone che discutevano con lei. Da quel momento i nostri rapporti divennero sempre più cordiali. Dopo aver lasciato l’incarico e aver concluso le sue memorie (lavorai alla stesura con un team di altre tre persone), continuammo a rimanere amici fino alla sua morte.

Stateswoman and housewife

LC: La Lady di ferro ha incarnato due identità molto diverse: quella di una stateswoman, la statista che tutti conosciamo, e di una housewife, la perfetta casalinga britannica. Sembrerebbero essere caratteristiche speculari, ma che hanno rappresentato la cifra distintiva di Margaret Thatcher e del suo agire politico. In che modo è riuscito a unire queste due anime nei suoi discorsi?

JOS: Non penso di aver provato a costruire intenzionalmente questo dualismo. Lasciami puntualizzare un aspetto significativo: scrivevo con lei, non solo per lei. Margaret Thatcher è sempre stata coinvolta nella scrittura dei suoi speeches durante gli undici anni al 10 di Downing Street. La aiutavo a redigere discorsi che riguardavano la sfera politica, ma che non erano esplicitamente indirizzati a spiegare il suo carattere.

Ciononostante, la signora Thatcher aveva una personalità molto forte e riusciva ad esternarla con disinvoltura. Alcuni passi dei discorsi che ho scritto in sua compagnia veicolano in maniera efficace le sue idee personali: in essi si può cogliere facilmente l’indole thatcheriana. Credo che la citazione che ora menzionerò – ma che non ho scritto io – sia un ottimo esempio di ciò che stiamo dicendo: “Il problema dei socialisti è che continuano a rimanere a corto dei soldi degli altri”. Questa frase cattura l’essenza del thatcherismo e testimonia la sagacia e l’effervescenza con cui sapeva esprimersi in pubblico.

“Il Presidente, Il Papa e il Primo Ministro”

LC: Nel tuo libro “Il Presidente, il Papa e il Primo Ministro” hai descritto magistralmente la coincidenza storica della presidenza di Ronald Reagan negli Stati Uniti, del pontificato di Giovanni Paolo II e del governo di Margaret Thatcher nel Regno Unito. Hai avuto l’opportunità di conoscere tutti e tre. Qual è stato il trait d’union che ha legato questi straordinari leader?

JOS: Credo che l’ascesa simultanea dei tre leader sia stata un segno provvidenziale. Reagan, Giovanni Paolo II e Thatcher si sono affermati in un periodo in cui si pensava che l’Occidente stesse morendo. L’Occidente fonda le sue basi sull’eredità cristiana: al giorno d’oggi la maggior parte delle persone – compresi molti politici – non è credente ma attinge in modo inconsapevole al pensiero cristiano. Ad esempio, non potremmo immaginare la lotta contro lo schiavismo nel XVIII e nel XIX secolo se non avessimo avuto l’insegnamento di Cristo (nel nome del Signore “non c’è più schiavo né libero”, Galati 3, 28).

Quando Dio interviene nella storia umana, agisce attraverso le persone. Se qualcuno mi chiedesse delle ragioni pratiche alla base di questa “provvidenzialità”, potrei rispondergli senza problemi. Non solo i tre leader sono arrivati nello stesso momento, ma in un lasso temporale ridotto (un anno nel caso di Ronald Reagan, tre anni nel caso di Papa Giovanni Paolo II, cinque anni nel caso di Margaret Thatcher) sono sopravvissuti miracolosamente agli attentati contro di loro.

Quei tentativi di assassinio sono quasi andati in porto. Il proiettile sparato contro Papa Giovanni Paolo II arrivò a sfiorare i suoi organi; quello sparato contro Reagan si è schiantato su un disco intervertebrale e non ha colpito il cuore per pochi centimetri. Thatcher è andata via dal bagno dell’hotel di Brighton in cui i terroristi dell’IRA avevano piazzato una bomba due minuti prima che questa esplodesse. Di lì a poco la parte dell’edificio in cui erano situati i bagni collassò, Thatcher sarebbe stata sicuramente uccisa.

Entrambi gli uomini riconobbero un disegno divino. Margaret Thatcher, da classica donna inglese cristiana del ceto medio, non voleva essere colpevole di vanagloria pensando a Dio come al suo salvatore. Ma credo che anche lei abbia goduto della misericordia del Signore.

Gli errori dei Tories

LC: Siamo di fronte ad una stagione positiva per i movimenti conservatori in Europa. In Italia c’è un governo di centrodestra; la Svezia ha un esecutivo conservatore dopo decenni di egemonia socialdemocratica; in Grecia Mitsotakis ha riscosso due schiaccianti vittorie consecutive; la destra cresce sempre di più in Francia, Germania e Austria. Perché il Regno Unito è in controtendenza, con i Tories che continuano a precipitare nei sondaggi? Un segnale preoccupante dopo la storico successo di Boris Johnson, che nel 2019 riuscì a strappare ai laburisti numerosi collegi della red wall nell’Inghilterra settentrionale.

JOS: Il governo britannico sta performando male. Innanzitutto, non è riuscito ad approfittare della libertà economica ottenuta con la Brexit; in parte perché è stato distratto dal Covid e dalle altre emergenze internazionali, in parte perché alcune fazioni del Partito Conservatore vogliono ribaltare il verdetto degli elettori sulla Brexit. In secondo luogo, guardiamo agli altri eventi che si sono verificati in Regno Unito. Ritengo che il governo abbia gestito in modo fallimentare la crisi pandemica.

Boris Johnson ha grandi doti politiche, ma anche grandi difetti. Durante il Covid seguì lo schema del national consensus, che ha determinato un rallentamento dell’economia. Altri Paesi hanno commesso lo stesso errore, ma il Regno Unito avrebbe potuto agire diversamente.

Un altro passo falso è stata l’adozione di politiche con cui il governo ha abdicato ad una visione socialista: pensiamo a NetZero. Il governo ha perso l’opportunità di cambiare la legge e, così facendo, ha prodotto costi enormi per i cittadini e ha privato le industrie di energia a basso prezzo. Tutto questo per risultati assai modesti in termini di sostenibilità ambientale.

Gli errori sulla Brexit, l’eccessivo protagonismo del governo nello scenario economico, il fallimento dei lockdown e NetZero hanno fatto crollare i consensi per i conservatori. I Tories hanno inseguito sconsideratamente la strada della massiccia spesa pubblica: ciò significa più inflazione e un abbassamento del tenore di vita medio. Il governo Sunak è impopolare e molto probabilmente perderà le prossime elezioni. Ma il risultato finale è ancora da scrivere.

I Tories hanno sedici mesi per rimediare agli sbagli compiuti. C’è un’angoscia evidente tra le fila dei Labour, poiché nelle ultime settimane si sono avvertiti alcuni segni di ripresa da parte dei Conservatori. La fortuna del governo sta rinascendo perché ha cominciato a rispondere all’opposizione popolare contro NetZero. Che sia da monito ai Conservatori: quando un esecutivo ignora le esigenze dei cittadini è destinato a perdere le elezioni.

Il pericolo della woke culture

LC: Una tra le tendenze che accomuna i Paesi occidentali è l’emergere della cosiddetta woke culture. Se Margaret Thatcher fosse viva, come commenterebbe questo fenomeno?

JOS: Ne ha parlato varie volte in passato, ma non in termini di “woke culture” – è una degenerazione successiva che lei non ha conosciuto. Alcune persone sostengono sia impossibile definire la woke culture, sbagliando. Il wokismo è una fusione di numerosi ideali di sinistra: l’interventismo statale – non solo nelle questioni economiche, ma anche nel rimodellare la morale delle persone in modi che non vorrebbero – e, non sorprendiamoci, l’abbandono dell’egualitarismo. I fautori della woke culture hanno sposato una logica che tratta diversamente gli individui in base al proprio retroterra etnico. La stessa concezione dell’apartheid in Sudafrica, ma con ruoli rovesciati.

In aggiunta, è presente un’attitudine alla controversia nei dibattiti pubblici. Chiunque esprima un pensiero diverso viene visto come un violento. Il free speech diventa una forma di violenza, ma la violenza è tollerata se in risposta al free speech. Assistiamo ad un capovolgimento spaventoso dei nostri valori civili e politici, il presupposto della società occidentale per millenni, sostituiti da un invadente Levitano di sinistra.

Un misto di “1984” di George Orwell e di “Brave New World” di Aldous Huxley, in cui si tenta di corrompere la popolazione attraverso la promiscuità sessuale e il consumo di droghe, minando le fondamenta della morale individuale basata sulla responsabilità e sull’autosufficienza. Margaret Thatcher aveva capito in anticipo cosa sarebbe successo. Se osserviamo le sue politiche, potremmo notare che combattevano il wokismo prima che questo nascesse.

Thatcher e Meloni a confronto

LC: Molti commentatori politici si sono soffermati sulle analogie tra Giorgia Meloni e Margaret Thatcher. Quali sono gli elementi di affinità tra la leader di Fratelli d’Italia e la Lady di ferro?

JO’S: C’è un forte parallelismo tra le due figure, con le dovute differenze. Entrambe hanno risposto ai problemi dei propri giorni: i veri politici non decidono i problemi che dovranno affrontare, ma è la storia ad imporglieli. Thatcher ha dovuto fare i conti con l’inflazione, con lo strapotere dei sindacati e con la minaccia sovietica alla fine degli anni ’70. Meloni si deve confrontare con nuove sfide, tra cui il contrasto ai flussi migratori.

Come Margaret Thatcher, Giorgia Meloni sostiene la famiglia, l’autonomia del singolo, il patriottismo, i valori religiosi tradizionali. La signora Thatcher è cresciuta metodista ed è poi diventata anglicana, ma è stata un’ammiratrice della Chiesa cattolica – io stesso sono stato tra i cattolici che ha assunto. Inoltre, ha sempre difeso la famiglia come un’istituzione che attraversa il tempo, combattendo contro qualsiasi regime fiscale che ostacolasse il benessere delle famiglie.

A mio avviso, entrambe le donne hanno gusti letterari marcati. È risaputo che Giorgia Meloni sia un’appassionata di G. K. Chesterton; la signora Thatcher, invece, apprezzava molto Rudyard Kipling. Credo che i loro scritti diano sostanza alle idee delle due leader. Ricordo bene Margaret Thatcher mentre recitava a memoria lunghe poesie, era una lettrice coltissima.

Giorgia Meloni ha intrapreso una linea ferrea contro l’aggressione russa ai danni dell’Ucraina, Thatcher avrebbe fatto esattamente lo stesso. Infine, ricordiamo la passione in comune per il filosofo Roger Scruton. Entrambe hanno condiviso il pensiero scrutoniano sulla famiglia, sulla nazione e su una società non controllata dallo Stato.

Margaret Thatcher ieri e Giorgia Meloni oggi si sono opposte allo Stato assistenzialista, che elargisce soldi in grande quantità ma che impone le proprie regole. Il compianto Scruton voleva una società di associazioni, che nasce grazie alla cooperazione volontaria tra cittadini: una società in cui la libertà individuale prevale sulla politica.

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