Politica

Michela Murgia e i “suoi” trent’anni di “fascismo a piccoli passi”

Su Instagram la scrittrice ha ripercorso e riassunto gli ultimi trent’anni della politica italiana con quello che ormai è il suo mantra: il nuovo fascismo

Murgia fascismo

Fascismo. Un periodo storico e politico indubbiamente da ricordare con accezione negativa. Un periodo, il Ventennio, seppur connotato da qualche “buona azione” per l’Italia, che ha comportato una dittatura che ha segnato il popolo italiano. Un termine, “fascismo”, sdoganato e alquanto abusato per definire ogni azione che, a detta di certa compagine politica, tenda a minare-limitare la democrazia e la libertà individuale.

Un mantra

I rimandi al passato del periodo fascista riempiono da sempre il racconto della politica italiana di Michela Murgia, quasi a far capire che sono diventati il suo mantra, da tanto che oggi dichiara che “il nuovo fascismo si serve dei percorsi democratici, prima di arrivare a forzarli”.

Massimo rispetto e sorellanza per la donna e collega Murgia, che sta vivendo una malattia drammatica, anche se lei è brava a non darlo a vedere. E sempre con la sua solita ironia, con la quale si beffa delle idee altrui, se diverse dalle sue, lo fa (quasi) anche di lei, tanto da renderla immortale. Va bene, è encomiabile. Ma non perché una persona vive in uno stato di malattia ha ragione a gridare al pericolo fascista ogni qualvolta la intervistano o scrive (come accaduto) decine di pillole come antidoto al “regime meloniano“.

Gli ultimi trent’anni

La scrittrice ha usato Instagram per ripercorrere e riassumere gli ultimi trent’anni della politica italiana: “Non siamo arrivati a questo punto di colpo”, scrive. E quindi, l’avvento del “nuovo fascismo” in Italia, a parer suo era prevedibile. E giù la sequela dei perché, che evito di commentare.

“Io penso che questo governo sia fascista, si vede dalle scelte, dalle decisioni che prendono”. A parer suo, è in atto “il controllo dei corpi, il controllo della libertà personale, le discriminazioni delle comunità già discriminate che stavano cominciando a ottenere dei diritti, una certa impostazione ideologica che abbiamo già visto in passato…”, ha dichiarato recentemente.

Mi chiedo perché, nel caso, non abbia preso posizioni identiche quando è stato impedito, per fare un esempio tra i tanti, di parlare alla ministro Eugenia Roccella al Salone del Libro di Torino. Non avrebbe avuto senso il suo indignarsi? Oppure, perché fa parte di un governo che disprezza, non ne ha?

Chi è il censore?

Ma, Murgia, chi è davvero il censore? È per caso fascista questo governo, solo perché sta cercando di rimettere in piedi dei sistemi valoriali ormai persi, con limiti e confini tracimati, di una società in cui conta più un “politically correct” che punta il dito continuamente sulla parola sbagliata o sul libero pensiero (perché, se non è di sinistra è sbagliato?), tanto da aver paura di esprimersi liberamente, e che parteggia per i Pride Lgbtq che ancora manifestano per il loro riconoscimento (non rendendosi conto che sono già nel futuro, ed i riconoscimenti li hanno già), che tutela chi commette omicidi perché “sono da comprendere”?

Ma Michela Murgia, conosce il fascismo? Io credo che neppure abbia sfiorato cosa davvero significhi non aver diritti, perché oggi, e così continuerà, i diritti vengono tutelati e preservati, a partire da quelli personali di scelta sessuale, per finire con la libertà di parola. Altrimenti, non avremmo mai letto il suo continuo inneggiare al ritorno del fascismo “a piccoli passi”. La libertà, che bella parola. Anch’essa abusata, perché la tua termina dove inizia la mia.

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