Politica

Sinistra, centro, destra: ciascuno ha le sue pene

Sinistra virata dal rosso all’arcobaleno, unico straccio di pensiero ideologico è “essere contro le destre”, inclusivi in casa d’altri

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Carl Gustav Jung diceva che l’essenza della vita è l’essere se stessi e che la vita è difficile proprio perché sopportare se stessi non è facile. Ma anche per sopportare il prossimo ci vuole abnegazione e dedizione ad una causa suprema non sempre così chiara. Se dovessimo chiederci perché tante facce malmostose tra i nostri politici, forse dovremmo metterci al posto loro. Ci proviamo?

La sinistra dal rosso all’arcobaleno

Da un lato, v’è una sinistra che nemmeno più nomina i capisaldi del pensiero marxista, vuoi anche per la assoluta mancanza di conoscenza degli stessi da parte dei suoi più giovani esponenti, che poi sono quelli che contano, e già questo disturba la digestione a molti. L’unico straccio di pensiero ideologico di una sinistra virata definitivamente dal rosso all’arcobaleno, è quello di “essere contro le destre”. Punto.

Guai a chiamarli comunisti perché s’incazzano assai, ed il loro tanto amato colore rosso, che si ostinano ancora ad esibire, dalle cravatte ai simboli di lista, è ormai un trademark più che un’ideologia. Sempre pronti a chiamare fascista chi stia anche solo un pelo più a destra degli ex democristiani, patiscono ad essere chiamati comunisti.

Inclusivi in casa d’altri

Oppressi da un evidente problema d’identità ed ormai un po’ stufi del termine “democratico”, forse non hanno compreso a fondo che l’aver trasformato un pacifico aggettivo, che poi non rompeva le balle a nessuno, nel militante e puntuto sostantivo di partito è stato uno dei loro veri passi falsi.

Fanno i modernoni, i liberaloni, gli inclusivoni ed i tollerantoni, ma, stringi stringi, tengono in tasca, come una reliquia, la vecchia tessera del PCI, cantano Bella Ciao, non consentono agli esponenti di destra di parlare liberamente in pubblico, sono inclusivi a casa degli altri e, cosa non da poco, sono così tolleranti da far scoppiare il finimondo per una parola, una sola parola, detta in pubblico da un esponente “delle destre”, quando anche non si tratti di parola estrapolata da una conversazione assolutamente privata di cui siano venuti a conoscenza.

Una sconsolante tristezza è forse la causa di tanto malumore (ridono pochissimo e solo alle battute dei comici schierati e tesserati), così come certe gastriti di cui soffrono gli ormai vetusti ex comunisti veri potrebbero essere dovute al non sopportare proprio gli attuali maggiorenti del loro partito, la Svizzera in primis.

Orfani della Dc (e della Chiesa)

Non stanno meglio al centro, sia ben chiaro. Orfani di una DC che nemmeno i potenti e ricchi Casini e Mastella sono riusciti a resuscitare, pagano lo scotto del berlusconismo in salsa PPE degli anni in cui il Cav era gradito a mezzo mondo, ma con tutti gli annessi e connessi che ne sono derivati, e vagano oggi nelle nebbie dei ricordi di quando la Chiesa li votava e sosteneva.

Si aggiunga l’aggravante della pervicacia, come quando tentano di sostituire gli Andreotti, i Moro, i Fanfani ed altri politici di quel calibro, con mezze cartucce (e pure caricate a pallini da quaglie) che è già tanto se riescono ad essere recuperati col calcolo dei resti da una votazione all’altra.

Resta, comunque, una vasta prateria di elettori democristiani, perlopiù attestata nell’immensa provincia italiana. Quelli sì che voterebbero ancora Democrazia Cristiana se solo potessero tornare gli Andreotti. Ormai offesi dalle omelie dei tanti preti comunisti, ancor più allibiti dal sorriso felice del Papa che riceveva un crocefisso a forma di falce e martello donatogli dal presidente della Bolivia, sarebbero in tanti a dare di nuovo il voto al partito della Chiesa. Ma non di questa Chiesa.

Fenomeno nuovo

Ma mentre a Roma si delibera, Sagunto viene espugnata e la destra ha, nonostante l’indiscusso ed eclatante successo elettorale, qualche problemuccio pur essa. Sgombriamo subito il campo, però, dal facile accostamento tra i problemi strettamente ideologici e storici tra sinistra e destra.

Con buona pace di Nicola Cusano e della sua Coincidentia oppositorum, ai due estremi dello schieramento parlamentare i problemi sono tutt’altro che assimilabili. La destra attuale è, bisogna riconoscerlo, un fenomeno piuttosto nuovo e di “fascisti” al suo interno ve ne sono molti meno di quanto si possa credere e certamente la centesima parte di quelli che vengono così definiti dagli ex militanti del Partito Comunista, ossia i comunisti che ancora oggi salutano a pugno chiuso.

Semmai, è curiosamente più facile trovare ex elettori di PCI, Pds, Ds, Pd passati negli ultimi anni al partito di Giorgia Meloni o alla Lega di Matteo Salvini che nostalgici del Duce. Il fascismo è morto e sepolto con Mussolini; si mettano pure il cuore in pace quelli che vedono squadristi e olio di ricino ovunque. Non tornerà mai più. Si sveglino, escano da un sogno a loro gradito per giustificare le loro azioni.

Confronto con la destra storica

Si consideri, però, che il pensiero di destra è nato intorno al 1861, col Risorgimento e l’Unità d’Italia e che il fascismo è durato soltanto vent’anni. Sono 162 anni ad oggi contro i 20 di Benito. Uomini come Ricasoli, Rattazzi, Sella, furono protagonisti autorevoli della destra storica. Non furono dittatori, ma grandi statisti e ciò è pacificamente riconosciuto da tutti. Anche quella è destra.

Quanto somigli la destra italiana di oggi a quella storica è, ovviamente, un confronto impietoso. Sarebbe come far giocare il Manchester City contro la Polisportiva di Busalla. Se si consideri che trovarsi, e con quella maggioranza inattesa, al governo del Paese, dopo aver maturato una rispettabilissima esperienza d’opposizione non è per niente facile, questa coalizione di maggioranza, per essere vincente, dovrà approfondire i temi sociali e le tematiche dei politici della destra storica.

Oltre a prendere nette distanze, come pare stia facendo, dagli estremismi di gruppi e formazioni che si siano resi responsabili di violenze o peggio ancora. Gli estremisti di ambo le parti non sono ammissibili in uno Stato civile. Sarà loro interesse farlo e se non sono fessi lo faranno.

Destra sociale, non fascista

Non vedo, in questa destra, schemi, programmi, strutture legate al ventennio a cui intendano rifarsi, anzi. . Che siano “tutti fascisti” è una scemenza colossale, detta tanto per attaccarsi a qualcosa che fa colpo e che non obbliga ad argomentare in modo serio e circostanziato. Al netto di qualche inevitabile e, tutto sommato, innocuo nostalgico (soprattutto se entro le mura di casa sua), allo stesso modo in cui giudico che agiscano nel loro diritto i tanti italiani che portano sulle bandiere i volti e i simboli dei dittatori comunisti.

Ciò che pare interessante è la forte componente sociale in questa destra, al punto di essere intrinsecamente pericolosa. I grandi temi sociali sono forieri di grandi malumori in diverse parti della società e dell’economia, malumori che poi bisogna avere la capacità e la sensibilità di gestire. Se ci mettessimo anche qualche appoggio estero, sarebbe ancora meglio. Vedremo.

Gli altri partiti intermedi o pencolanti un po’ di qua e un po’ di là? Elementi di contorno, interpreti non protagonisti delle parti che sinistra, centro e destra hanno lasciato (spesso coi loro errori) che avessero.

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