Politica

Una Repubblica fondata sulle “strette”, un bondage collettivo di regole

Dalla casa ai monopattini, dalle auto al web, ogni giorno ha la sua “stretta”: bersaglio di tanto compulsivo legiferare è la libertà personale, a cominciare dalla proprietà

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L’Italia è una repubblica fondata sulle “strette”. Sulle regole, sui divieti, sugli obblighi e sulle sanzioni. Non passa giorno senza che governi, giornali, televisioni non ci avvertano che sono in arrivo nuove “strette”. L’altro giorno è stato il turno di quelle riguardanti il codice della strada: monopattini, alcoltest, caschi, assicurazioni.

La “stretta” sugli affitti brevi

Per non parlare, poi, della fantastica bozza del decreto del ministro Daniela Santanchè sugli affitti brevi: i turisti potranno prenotare il soggiorno in appartamenti privati ma solo se dormiranno lì almeno due notti. Sono escluse da questo obbligo le famiglie numerose. Non sto scherzando, il decreto dice proprio così. Aggiungerei anche l’obbligo di farci il pisolino pomeridiano, nell’appartamento. Così, tanto per rompere le scatole alla gente e cercare di affossare un segmento della ricettività turistica che fa girare tanti soldi.

Il settore degli affitti brevi ha finora funzionato così bene e portato ricchezza proprio perché pochissimo regolamentato. Ma gli italiani e i loro governi amano le regole da rispettare, si sa, e così avanti ad imprigionare e mettere restrizioni ad minchiam. Non sia mai che ci ritroviamo nel Far West, signora mia.

Con i Dpcm poi, durante la cosiddetta pandemia, ci siamo goduti la madre di tutte le strette, l’apoteosi, il trionfo dei restringimenti e delle regolamentazioni.

Bondage di massa

Dopo di che, ad ogni giorno la sua stretta: sull’energia, a scuola, sul web, al lavoro, sugli youtuber. E gli italiani, inondati da tutte queste limitazioni pervasive, godono come in un gigantesco bondage di massa. Non ne sono mai sazi, vivono in un’assuefazione da divieto, da corda che viene stretta (appunto) attorno al collo. Come in un perverso gioco sadomasochistico, ne vogliono sempre di più.

E i governanti non lesinano, non chiedono altro. Ormai siamo al regolamento dei regolamenti, al mega-controllo della “supercazzola prematurata con doppio scappellamento a destra”. Sotto la stretta, niente. Insomma, siamo al parossismo, alla nevrosi collettiva, all’asfissia da pianificazione psicotica.

Il potere fa leva ed alimenta queste insicurezze dell’uomo medio per proporgli sempre la stessa soluzione: regolamentiamo. Siamo nell’era del rischio zero (altro che in quella delle pandemie). Si è arrivati al ridicolo di imbastire una narrazione sul mortale pericolo dei monopattini, come se questi fossero la potenziale causa dell’estinzione del genere umano.

Attacco al diritto di proprietà

Dopo l’emergenza climatica, si intende. La quale è causata da case e auto che inquinano. Sì perché, alla fine, l’obiettivo di tanto frenetico legiferare è l’attacco alla libertà personale, a cominciare dal diritto di proprietà. Questo negletto. Decenni di denigrazioni, di esaltazioni del mitologico e ingannevole “bene comune”, di accusa di egoismo a chi vuole tutelarlo lo hanno ridotto ad uno straccio.

Ed in questi anni è in corso l’attacco finale: basta con case e auto di proprietà, inquinatori ed egoisti che non siete altro. Pensate al pianeta invece che al vostro benessere. In realtà, il diritto di proprietà, e con esso il principio di non aggressione, è l’unica legge fondata sull’ordine spontaneo e naturale delle cose.

Tutte le altre leggi, come dice Giovanni Birindelli, sono leggi “fiat”, cioè create dal nulla (esattamente come la moneta), cioè frutto del mero arbitrio del legislatore. Di qui l’alluvione di leggi oppressive, insensate, liberticide che costituiscono il fondamento dell’apparato repressivo che ci governa.

Oggi l’attacco al diritto di proprietà è arrivato fino al nostro corpo: se non ti vaccini fai morire, il bene della comunità prevale sul tuo. Metti il tuo corpo, la tua casa ed i tuoi soldi a disposizione dello Stato e sarai felice.

Italiani che non ne possono più

Diceva Leo Longanesi che in Italia non manca la libertà ma mancano gli uomini liberi. Eppure, c’è una fetta crescente di italiani che ha capito. Che non ne può più dell’invadenza e dell’onnipresenza dello Stato. Che non ha rappresentanza politica (e difatti non vota) e che attende qualcuno che gli parli di riduzione dei poteri dello Stato, di Stato minimo, di liberazione dell’energia creativa degli individui e delle imprese.

Che non lo colpevolizzi, che gli dia libertà di scelta. Che dica che le tasse non sono una cosa bellissima e che la burocrazia fa schifo (“le catene dei popoli sono fatte con la carta dei ministeri”, Franz Kafka). Che non lo tratti come un bambino da educare e punire. Che gli consenta, infine, di urlare un potente e liberatorio: “le strette dei governi sono una boiata pazzesca!”

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