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Colin Powell: lo stratega militare prestato alla politica

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L’ex segretario di Stato era diventato di recente un beniamino dei liberal, secondo l’antica tradizione della sinistra che prima lincia, poi redime i suoi antagonisti trasformandoli in statisti al solo scopo di diffamare la nuova generazione di contendenti

Dopo Donald Rumsfeld, è toccato ad un altro protagonista dell’America post-2001 lasciare la scena. Colin Powell è stato indubbiamente uno dei più rispettati uomini della sua generazione, in virtù della sua grande capacità strategica di cui si parla ancora oggi, a distanza di tempo. Dopo gli anni del Vietnam e dell’affiancamento al suo mentore Weinberger, dal 1987 al 2005 Powell rimane al centro della politica estera e militare statunitense, passando da Reagan ai Bush.

Pochi ricorderanno però che nel 1995, forte del consenso ottenuto come stratega della Guerra del Golfo all’epoca di Bush padre, pensò di candidarsi alla presidenza per sfidare Bill Clinton. Ma dopo pochi mesi, per mancanza di commitment, abbandonò l’idea di una carriera politica a cui non era ancora pronto, affermando che “Such a life requires a calling that I do not yet hear”.

Quella chiamata arriva con la vittoria di George W. Bush e il ritorno dei Repubblicani alla Casa Bianca. È dunque un Repubblicano il primo afroamericano a ricoprire la carica di segretario di Stato nel momento più difficile per l’America.

Ed è nel 2001 che il neo-segretario di Stato Powell intraprende una strada che gli riserverà non pochi grattacapi. Contrario sin dal principio ad un intervento in Iraq, Powell sarà costretto a giustificare alle Nazioni Unite e al mondo le ragioni di una guerra in cui nemmeno lui credeva. Il coraggio di servire il proprio Paese e l’amministrazione a cui apparteneva, soprattutto nella sua darkest hour, ha portato con sé irrimediabili conseguenze. Le responsabilità sulle spalle di Powell erano molte e lo hanno travolto nel giro di poco tempo. Forse è anche per questo che nel 2005, finita l’esperienza di segretario di Stato e lo scandalo sulle armi di Saddam Hussein, non trova più spazio nella politica per cui, tutto sommato, non si sentiva portato.

Anche dopo aver abbandonato i palazzi del potere Powell sarà voce lucida e critica verso l’atteggiamento americano nel mondo. Diventerà anche beniamino dei liberal, nel momento in cui appoggerà Barack Obama nel 2008 e nel 2012. Curioso come la sinistra distrugga i propri antagonisti e dopo qualche tempo li redima, trasformandoli in statisti al solo scopo di diffamare la nuova generazione di contendenti. Quegli stessi che lo hanno linciato a livello mediatico hanno cominciato ad acclamarlo tutto d’un tratto.

Con la recente decisione di distaccarsi dal suo partito ormai schieratosi con Trump, può dirsi concluso il processo di beatificazione di Powell da parte dei progressisti. L’ipocrisia mediatica è stata però ancor più evidente con George W. Bush, da famigerato guerrafondaio texano a Repubblicano moderato e dignitoso, solo ed esclusivamente per non aver mai appoggiato pubblicamente il tycoon. Il recupero della rispettabilità dell’avversario è un mantra della sinistra che vuole gettare fango sulla destra attuale, secondo la logica perfettamente illustrata da Thomas Sowell:

“Right-wing leaders are always vilified and denigrated. Each time a new one comes in or takes power, the previous one is revaluated and elightened only to cover up and destroy the current”.

Ciò detto, Powell resta uno degli strateghi militari più acuti di fine Novecento che, forse consapevole dell’azzardo, affronta la politica rimanendone schiacciato, laddove deve agire contro le proprie convinzioni di uomo, soldato e generale. Perché è questo che in fondo è sempre stato Colin Powell. Quella mancata candidatura a metà anni Novanta rimane forse l’elemento meno noto ma più significativo per comprendere l’essenza della sua vita pubblica. Si è prestato alla politica, pur non appartenendovi fino in fondo. Ha poi pagato il prezzo di approdarvi in uno dei momenti peggiori della storia recente, che pochi stentano a dimenticare e di cui rimarrà uno dei volti più noti.