Cultura

Come siamo passati dalla tolleranza alla “libertà” di censurare il prossimo

Marco Bassani: la società occidentale è riuscita a produrre fenomeni sfacciatamente intolleranti spacciati per tolleranti. Pericolo grave quanto ignorato

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Con il professor Marco Bassani, ordinario di Storia delle dottrine politiche all’Università di Milano, vogliamo parlare del suo nuovo saggio, “Tolleranza” (Liberilibri), che ha il pregio di illuminare un lato oscuro di un concetto dato troppo per scontato.

Il saggio di Marco Bassani "Tolleranza"

Fine della tolleranza

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Prof. Bassani, perché un nuovo libro per parlare del concetto di “tolleranza”?

MARCO BASSANI: Il tema della tolleranza prende vita nel dibattito pubblico nel corso dell’età moderna, dopo la riforma protestante. È un argomento profondamente occidentale, dato che in nessuna cultura nel resto del globo è mai stato predicato ed elaborato un simile concetto.

Nel saggio analizzo un aspetto relativo alla ricerca della tolleranza: se una comunità è minoritaria lotterà per essa ma nel momento in cui dovesse diventare maggioranza, probabilmente non la concederà ai gruppi numericamente inferiori.

Ad esempio, quando il cristianesimo divenne la religione più diffusa nell’Impero romano, il paganesimo venne sconfitto definitivamente e relegato a pratiche private, addirittura perseguibili. Nell’ultimo capitolo della mia opera – che potrebbe essere ampliato e sviluppato autonomamente – analizzo la fine della tolleranza: la società occidentale è riuscita a produrre fenomeni sostanzialmente opposti ad essa, sfacciatamente intolleranti, ma spacciati addirittura per garanti della libertà di pensiero.

Il rispetto delle posizioni altrui si è trasformato nella libertà di censurare il prossimo, che può essere punito, zittito ed inviso se osa esternare posizioni non conformi alla logica della massa.

Differenze tra Usa e Italia

TADF: Sembra il tema della Cancel Culture della ideologia woke, com’è la situazione negli Stati Uniti? Il fenomeno in che modo si sta espandendo anche in Italia?

MB: Negli Stati Uniti ci sono stati numerosi episodi pazzeschi. L’America non conosceva lo squadrismo fascista del secolo scorso e neanche quello comunista degli anni ’70. Eppure, attualmente nei campus universitari prevale un pensiero unico altamente censorio ed indisponibile ad accogliere posizioni politiche ed ideologiche di segno opposto.

Gli studenti ritengono di poter essere profondamente traumatizzati se costretti ad ascoltare considerazioni differenti rispetto alle loro. Pertanto, le università da teorici luoghi di libero confronto si sono tramutate in ambienti ortodossi ed invalicabili per i non conformi al pensiero unico. Tuttavia, in Italia questo fenomeno è promosso più dai docenti che dagli studenti, sostanzialmente disinteressati alla tematica.

La differenza sostanziale tra i due Paesi è che negli Stati Uniti esistono dei tribunali che – se necessario – compensano le vittime della censura. Se un rettore universitario applica un provvedimento censorio nei confronti di un docente in America tiene in conto che potrebbe dover risarcire di tasca propria – profumatamente – l’interessato. I tribunali americani tentano quantomeno di mantenere in vigore i principi cardine dello stato di diritto e limitare gli abusi incondizionati.

I lacchè del presente

Nel nostro Paese la cultura woke si sta espandendo nelle accademie e non restano molti strumenti per difendersi, non esistendo neanche tribunali ad hoc. Non capisco gli studenti universitari come possano interessarsi alle lezioni ed ai corsi tenuti da professori trasformati in una sorta di Intelligenza Artificiale ripetente linguaggio e repertorio politicamente corretto, pena il rischio di perdere il posto di lavoro.

Che senso ha dialogare in ambienti accademici se alcune posizioni è impossibile esprimerle o ascoltarle da chi è ritenuto responsabile della formazione? I professori universitari quasi sempre sono dei lacchè del presente: ripetono in maniera omologata il verbo comune e sono pronti esclusivamente a chinarsi dinanzi a ciò che si ritiene essere l’autorità.

Pericolo non percepito

TADF: Riusciremo a contrastare questo fenomeno? Cosa si aspetta dal governo Meloni sul tema?

MB: È molto difficile contrastare il fenomeno perché è impossibile creare dei fronti comuni. Il mio barista o il rivenditore ortofrutticolo adiacente la mia abitazione quanta conoscenza o interesse può avere di questi temi? I medici o i lavoratori comuni quando vengono sfiorati dal pericolo del politicamente corretto?

Il tema riguarda direttamente gli intellettuali che si occupano di linguaggio e parole, che Hobbes definiva “il danaro dei pazzi”. Lo saranno pure, ma definiscono il nostro strumento di lavoro. L’obiettivo ultimo del politicamente corretto è quello di creare una “città di Dio” totalmente asettica, destinata però esclusivamente a coloro i quali possano presenziare nel dibattito pubblico.

Una mannaia su un docente di storia del pensiero politico è un fatto grave quanto ignorato dalla larga parte della popolazione comune. La pericolosità non è percepita, automaticamente non può essere contrastata. Bisogna sperare che la società intaccata dal fenomeno si stanchi di subirlo ed automaticamente inizi ad opporsi ad esso.

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