Cultura

Il caso

Solo una t-shirt, ma ecco dove porta la sotto-cultura di sinistra del disprezzo

In una t-shirt la protesta di uno studente contro la scuola italiana. Al di là del merito, le modalità hanno radici lontane e precise: la sotto-cultura di sinistra

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Gli hanno detto di vestirsi in maniera consona alla prova che doveva affrontare. E lui, studente 19enne del liceo scientifico Pietro Farinato di Enna, che ieri l’altro affrontava la prima prova dell’esame di maturità, ha pensato che la cosa da fare fosse indossare questa maglietta.

Motivazioni valide, accusa infantile

Ha fatto bene? Ha fatto male? Nessuna delle due cose. Ha ragione? Ha torto? Acqua anche qua, nessuna delle due. Ovvero, in parte ha espresso un giudizio che ha delle motivazioni valide, in parte ha lanciato un’accusa infantile e ingiusta.

Perché dire le cose così non serve a niente, anzi, fa solo danno perché, ad esempio, rischia di colpevolizzare una categoria di lavoratori, gli insegnanti, i cui tanti meriti mettono in ombra i difetti e le colpe di una minoranza esigua di cialtroni (che sono presenti ovunque, non solo nel sistema scolastico).

Ma lasciamo stare questi discorsi, chi ha insegnato per una vita sa che il 90 percento dei genitori ha della scuola (o meglio degli insegnanti, non del sistema nel suo complesso) un’idea molto positiva, e il resto sono chiacchiere da bar.

La sotto-cultura di sinistra

Piuttosto io mi soffermerei sulla modalità – superficiale e generica, oltre che insultante – della protesta, che ha radici lontane e precise. Tutto è cominciato con una certa sotto-cultura di sinistra, quando la Dc governava indisturbata e il PCI instillava odio e disprezzo per le istituzioni (e i suoi simboli, tipo la bandiera nazionale) e per le gerarchie (soprattutto di valori e ideali).

Bisognava demonizzare tutto ciò che non era “il Partito”, “l’idea”, tutti coloro che operavano al di fuori dell’unica l’ideologia ammessa, rispettata e rispettabile, quella comunista – persino la socialdemocrazia e il socialismo liberale erano “il nemico”, spesso apostrofato come “schifoso” e “servo dei padroni”…

Così hanno seminato per decenni un disfattismo e un senso di debacle che appunto salvava solo i combattenti per il “Nuovo ordine” gramsciano-togliattiano, secondo un modello escatologico e catartico mutuato dalla religione giudaico-cristiana che si voleva gettare nel contempo nella spazzatura della storia.

Questo odio, questo disprezzo radicale ha prodotto tra l’altro il brigatismo rosso, osteggiato, sia pure obtorto collo, da una sinistra (e neppure tutta) che aveva flirtato per mezzo secolo con l’illusione semplicistica e “criminale” che bastasse cambiare classi dirigenti e ideologia dominante per una “nuova umanità” in cui l’amore, la fratellanza e l’altruismo regnassero in eterno… Cose da pazzi.

Adesso pare che i più indignati nei confronti del gesto dello studente siano proprio gli eredi del PCI, moralisti in ritardo e, come sempre, senza pudore, mentre a destra prevale una tolleranza ispirata ad una paternalistica comprensione per le “ragazzate” innocue. Tra i due estremi meglio sicuramente il secondo. Ma i problemi della scuola non hanno niente a che fare con le scritte sulle magliette.

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