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È la Giornata mondiale del rifugiato, ma in Italia si celebrano gli immigrati irregolari

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Il 20 giugno si è celebrata la Giornata mondiale del rifugiato, istituita dalle Nazioni Unite nel 2001, nel 50° anniversario dell’approvazione della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Come sempre, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr, nell’acronimo inglese) ha pubblicato per l’occasione il suo rapporto annuale sui profughi nel mondo, rifugiati e sfollati.

Al 31 dicembre 2019 le persone lontane da casa per motivi di sicurezza erano 79,5 milioni, 8,7 milioni più che nel 2018. In realtà, 5,6 milioni sono palestinesi e non sono sotto mandato dell’Unhcr perché per assisterli nel 1949 è stata creata l’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi del Vicino Oriente, Unwra; 3,6 milioni, inclusi per la prima volta, sono venezuelani espatriati il cui status è incerto e che si aggiungono a 93.300 connazionali rifugiati e 794.500 richiedenti asilo, per un totale di quasi 4,5 milioni. I venezuelani – in fuga dal loro Paese devastato dal “chavismo”, l’ideologia politica delirante che prende il nome dal presidente Hugo Chavez di cui Nicolas Maduro ha completato l’opera, riducendo in miseria la popolazione – sono diventati il secondo gruppo più numeroso di espatriati, preceduto solo dai 6,6 milioni di siriani tuttora all’estero, quasi tutti in Turchia, Libano e altri stati del Medio Oriente.

I rifugiati, vale a dire le persone che per sottrarsi a minacce alla vita e alla libertà hanno oltrepassato i confini nazionali e chiesto asilo alle autorità dei Paesi in cui sono entrati, sono 20,4 milioni come nel 2018. Il 68 per cento sono originari di pochi stati: Siria e Venezuela, come si è detto, e inoltre Afghanistan, Sudan del sud e Myanmar. Invece gli sfollati, ovvero le persone che si sono messe al sicuro entro i confini dei rispettivi Paesi, sono passati da 41,3 a 45,7 milioni. Molti nuovi sfollati sono africani subsahariani, minacciati dal jihad: decine di migliaia, ad esempio, nella Repubblica Centrafricana e in Mozambico. Infine, sotto mandato Unhcr ci sono i richiedenti asilo che ancora non sanno se otterranno lo status giuridico di rifugiato. Da 3,5 nel 2018 sono diventati 4,2 milioni. Centinaia di migliaia, specifica il rapporto Unhcr, hanno inoltrato la loro richiesta in Europa e lì sono in attesa di conoscerne l’esito.

La giornata del rifugiato si è celebrata anche in Italia, ma non come ci si aspetterebbe. Per l’occasione il governo avrebbe innanzitutto potuto diffondere un comunicato e riferire in Parlamento in merito ai finanziamenti del nostro Paese destinati ai profughi. L’Unhcr aveva previsto di dover spendere nel 2019 più di otto miliardi di dollari per assicurare loro alloggio, cibo, istruzione, assistenza sanitaria e legale, protezione… Stati Uniti, Unione europea e Stati europei forniscono circa l’87 per cento dei fondi volontari richiesti dall’agenzia. È giusto che i cittadini italiani sappiano a quanto ammonta il loro contributo e come è stato utilizzato.

Poi, capo dello Stato e ministri avrebbero potuto rivolgersi ai profughi, dovunque accolti e ospitati, per rassicurarli che l’Italia, per quanto possibile e di sua pertinenza, si prodiga per far sì che le crisi, le emergenze che li hanno messi in fuga si risolvano consentendo loro di tornare a casa. Vengono alla mente le parole del vescovo di Aleppo, monsignor Antoine Audo, che nel 2015, pur ringraziando per l’accoglienza alle famiglie cristiane costrette a lasciare i territori conquistati dall’Isis, insisteva sul desiderio dei cristiani di restare in Siria e scongiurava il mondo di aiutare quelli ormai lontani a tenere viva la speranza di poter tornare. 

Invece, il Ministero dell’interno ha celebrato la giornata pubblicando i dati della Commissione nazionale per il diritto di asilo. Dal 1° gennaio al 12 giugno 2020 sono state presentate in Italia 10.972 richieste di asilo: 40 per cento da persone provenienti dall’Asia, 37 per cento dall’Africa, 17 per cento dall’America, 6 per cento dall’Europa. I richiedenti più numerosi sono i pakistani, 18 per cento, seguiti dai nigeriani, 10 per cento. Le richieste esaminate e il loro esito confermano che però, come succede da anni, la maggior parte dei richiedenti non sono profughi, mentono sui motivi che li hanno spinti a lasciare i loro Paesi, viaggiare clandestinamente ed entrare illegalmente in Italia, e lo fanno all’evidente scopo di non essere respinti. Con un lieve aumento rispetto agli anni passati, tuttavia, lo status giuridico di rifugiato è stato infatti concesso a una persona su dieci circa, così come la protezione sussidiaria che l’Europa ha istituito per chi, pur non essendo un profugo, si teme corra il rischio di subire violenze se rimpatriato. Circa l’80 per cento delle richieste di asilo presentate dall’inizio del 2020 hanno avuto esito negativo. È una tendenza destinata a essere confermata, almeno stando ai Paesi di provenienza dei nuovi arrivati. Dal 1° gennaio al 19 giugno sono stati registrati 5.832 ingressi di immigrati irregolari contro i 2.242 dello stesso periodo nel 2019. Delle 10 nazionalità più numerose, nove sono africane: in ordine decrescente, Tunisia, Costa d’Avorio, Sudan, Algeria, Marocco, Guinea Conakry, Somalia, Mali e Nigeria. In testa con 1.098 sbarchi, finora sono gli arrivi dal Bangladesh.

Da parte sua, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo appello ha volutamente mescolato, o per inspiegabile distrazione ha confuso, immigrati e rifugiati: “Il fenomeno delle migrazioni conta su un approccio italiano basato su strumenti importanti quali il programma nazionale di reinsediamento e corridoi umanitari per rifugiati particolarmente vulnerabili”. Il capo dello Stato ha quindi rivolto un appello all’Europa affinché rafforzi il suo impegno nelle politiche di gestione dei flussi migratori: “La nostra azione di protezione e assistenza nei confronti dei migranti non può deflettere o indebolirsi, ma deve, anzi, rafforzarsi, con l’elaborazione di un nuovo corso dell’Unione europea in materia di migrazioni e asilo, nel segno di un più incisivo e condiviso impegno comune”. In definitiva, nella giornata del rifugiato, dedicata alle decine di milioni di persone involontariamente lontane da casa, molte in condizioni critiche, quasi tutte che non vedono l’ora di farvi ritorno, il capo dello Stato e il governo italiani hanno parlato di immigrati: e neanche di tutti, solo di quelli irregolari che dall’Africa e dall’Asia continuano a raggiungere l’Europa servendosi di organizzazioni criminali.

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