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Elettori e lettori le voltano le spalle, i totem vacillano, e la sinistra mostra la sua vera anima

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Un vero uomo si vede nella sconfitta e allo stesso modo, si potrebbe chiosare, si vede un vero partito. Vero per dire mero, sincero, senza inganni, scoperto di fronte alle sue responsabilità. Di fronte alle sue responsabilità, la sinistra ha gettato la maschera, ha rivelato il suo vero volto segnato dalle rughe profonde dell’ideologia. Che cosa ha fatto la sinistra dopo la legnata umbra? Ha ricompattato, almeno per un attimo, le sue anime presunte, riformista, barricadera, “vera”, finta, light o dalle mani callose (che a sinistra non ha più nessuno, ammesso che un suo qualsiasi leader le avesse avute mai) ed è scattata nel ringhio fatidico: elettori stronzi, non ci hanno capiti, ignoranti, involuti, ingrati, ci han voltato le spalle. Esemplare il fondo di Michele Serra su la Repubblica: per forza siamo impopolari, siamo troppo sottili, le nostre idee sono difficili, scomode, solo una volta rieducato il popolaccio diventeremo popolari (per forza, senza più nessun’altra campana…).

E così, sentendosi mancare il terreno sotto i piedi, si sono scatenati nella libidine che più li avvampa: il controllo, il regolamento, la regolazione, la verifica questurina, lo stato sopra tutto e che sia stato di polizia. Quel Marattin!, che uno se l’immagina di notte vestito da agente stradale a fermare tutti i veicoli che gli capitano a tiro: documenti, prego! Ovviamente, la trovata della cessione di tutti i dati per potere aprire un profilo non poteva che ritorcersi in boomerang: una girandola di prese in giro per il povero Marattin, che “sa chi è perché lo legge sulla sua carta d’identità” (lui reagisce all’insegna dell’amore: state attenti, pratico la boxe).

Capolinea di una sfrenata corsa nel ridicolo: controllare con ferocia maniacale per garantire la libertà. Rincarare bibite gassate, sigarette rollate, alimenti per tenere la gente in forma. Ammazzare di tasse chi già non riesce a pagarle per insegnargli a non evadere. Hanno scovato un codicillo agghiacciante nel decreto fiscale: le sanzioni ai commercianti devono essere aumentate perché “l’aumento di pena funge da monito e deterrente ad un comportamento illecito, diffuso in alcune categorie del settore del commercio”. Voilà il caro vecchio pregiudizio contro i bottegai e, in senso lato, gli autonomi, le partite iva, i piccoli imprenditori, chiunque griffato Cgil: tutti ladri, evasori, farabutti da mazzolare a prescindere. E meno male che le reazioni sono solo all’insegna di un esasperato ma tutto sommato accettabile, perché innocuo, sarcasmo in rete.

Ma loro non se ne preoccupano, la smania di Panopticon è irrefrenabile. Peccato che, agli albori della rete, la sinistra predicasse tutto il contrario: l’anonimato sistematico in chiave antagonista, guerrigliera, per sabotare le sovrastrutture, per minare le verità ufficiali del “potere”. Anche Grillo, ricordate? “Tutto quello che sai è falso” (e tutto quello che non sai è vero: i risultati si son visti). Un concetto movimentista molto maoista di una rete percepita come prateria da incendiare. C’era fior di collettivi di (pallosissimi) scrittori, agitatori e cantanti, tutti in falange per la libertà sfuggente della rete. Poi, qualcosa è andato storto. Si sono accorti che non potevano più manipolare il consenso indisturbati come prima; si sono resi conto che sempre più cittadini, navigatori, lettori, elettori trovavano coraggio e gusto nello spernacchiare i tromboni zdanoviani, non ne temevano più gli strali, rispondevano a tono, obiettavano, proponevano altre letture della realtà. I totem vacillavano, i tabù s’incrinavano, diventava decisivo costruire la mistica dell’amore – sedicente – da opporre all’odio attribuito ai nemici: una critica, ironia o coglionata da fonte sovranista contrappesava tonnellate di attacchi, minacce, insulti, insinuazioni dalla inesausta fonte solidale dei facciamorete che restanoumani. Tanto hanno spinto, vittimizzandosi nella mitizzazione di loro stessi, da riuscire patetici.

E allora, dopo la scoppola umbra, è scattato l’allarme rosso: leggi su leggi per stabilire cosa sia lecito dire, comunicare (e dunque pensare) in rete, per tracciare il confine della critica, per sciogliere e sanzionare iniziative, movimenti, gruppi di pressione e di opinione dissidenti. Fino al grottesco di usare una signora novantenne, memore di atrocità personali e mondiali, e consegnarle tanto di commissione per spingerla a fare ciò che ella aveva sperimentato, e quindi denunciato, per l’intera vita: il controllo, la censura, il processo alle intenzioni. Chissà se la senatrice Liliana Segre si rende conto di venire manipolata in un modo tanto spregiudicato, chissà se le sta bene. E fu così che la passione per l’anonimato si trasformò in feticismo anagrafico. Ciò che prima era doveroso, adesso è criminale e viceversa. Vedi le idee banderuola di chi ne ha poche e le rivolta come una gabbana sempre più lisa. Idee per insufflare idee. Senonché, delle due l’una: o questi apostoli del controllo patentato erano fascisti prima, o lo sono adesso. Tertium non datur.

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la grande bugia verde