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Elogio del “furbetto” dei vaccini: non spreca dosi e velocizza la campagna vaccinale

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Cioè fa quello che lo Stato italiano, che si è arrogato il monopolio assoluto delle vaccinazioni, avrebbe dovuto fare fin dall’inizio, e che nei Paesi più avanzati nella campagna – Israele e Stati Uniti – si fa da dicembre…

L’Italia sta conducendo una delle campagne vaccinali più lente d’Europa. In ogni film hollywoodiano sulle pandemie, il lieto fine è la scoperta del vaccino. Quei film, evidentemente, non avevano previsto Arcuri (ora sostituito), i portali online delle prenotazioni che non funzionano, le regioni che danno la colpa della lentezza e del caos al governo centrale e il governo centrale che se la prende con la politica dell’Ue (a cui ha aderito) e l’Ue che se la prende con Big Pharma. I film hollywoodiani non ci fanno mai vedere le persone che muoiono, a centinaia al giorno, anche 4 mesi dopo la diffusione dei vaccini nel mondo, 2 mesi dopo la diffusione dei vaccini in Italia; non ci fanno vedere cittadini anziani e altre categorie di persone fragili, dunque prioritarie, che muoiono, in attesa di un vaccino prenotato due, tre settimane prima. Nonostante questo scenario tristissimo, anche nella cruda realtà abbiamo un vero eroe: il furbetto del vaccino.

Come tutti gli eroi autentici, è odiato dai media mainstream. Non a caso lo hanno ribattezzato col ridicolo nomignolo di “furbetto”, lo stesso usato per gli assenteisti, i no-mask e chiunque sia additato come nemico del popolo. Ma il furbetto del vaccino, smascherato, anzi “beccato” dalle Iene, è un eroe vero. Fa quello che lo Stato italiano, che si è arrogato il monopolio assoluto della campagna vaccinale, avrebbe dovuto fare fin dall’inizio: si fa vaccinare con le dosi avanzate nei centri vaccinali, anche se non è in lista. Così facendo, produce almeno due benefici: aumenta numericamente la popolazione vaccinata, avvicinandoci all’agognato obiettivo dell’immunità di gregge, e permette di utilizzare delle dosi di vaccini che, altrimenti, dovrebbero essere buttate via. Una volta che una fiala è scongelata, infatti, non può essere ricongelata. Quindi il furbetto del vaccino riduce lo spreco e aumenta la velocità della campagna di immunizzazione. E lo fa a suo rischio e pericolo, perché, in Italia, tutto ciò è illegale.

Il furbetto del vaccino fa quel che i Paesi più avanzati nella campagna, come Israele e Stati Uniti, fanno regolarmente da dicembre. In Israele nessuna dose (comprata a caro prezzo dal governo Netanyahu) deve essere sprecata. Se una persona è prenotata per quel giorno e va in un centro vaccinale accompagnata, anche gli accompagnatori, se le dosi sono disponibili, vengono vaccinati. Siccome il governo di Gerusalemme, che in questa campagna procede con un ritmo 10 volte superiore a quello dell’Italia ha capito che il problema si risolve convincendo più gente possibile a immunizzarsi, centri vaccinali volanti aprono nei centri commerciali e presso i locali più frequentati, offrendo anche consumazioni gratuite, al bancone, per chi si fa fare l’iniezione.

Uno scenario simile lo vediamo anche negli Usa, dove le dosi e il personale sono disponibili anche nei supermercati come quelli della catena Walmart, o nelle grandi catene delle farmacie, come Walgreen, CVS e Rite Aid. Anche nel Paese oltre-oceano, che sta vaccinando ad un ritmo 3 volte superiore a quello dell’Italia, le dosi avanzate vengono inoculate nel braccio di chiunque voglia e spetta al proprietario dei locali che ospitano il centro vaccinale stabilire con quali priorità.

Il vero peccato capitale è lo spreco anche solo di una dose, perché magari chi ha prenotato non può presentarsi perché nel frattempo si è ammalato, o perché i messaggi dei servizi sanitari non vengono recapitati, quindi non per colpa dell’assenteista. Lo spreco, a fronte di una fornitura incostante o anche insufficiente rispetto alla domanda, diventa un peccato gravissimo.

Ma perché dare la colpa al “furbetto”? Contrariamente a chi salta la coda in un supermercato o in una biglietteria, il furbetto del vaccino non danneggia il prossimo, non gli aumenta il tempo di attesa, non gli sottrae la dose (l’unica alternativa è buttarla via). Semmai è come una persona che si sfila dalla coda, contribuendo, nel suo piccolissimo, ad accelerare i tempi d’attesa di chi è in fondo. Contrariamente ai “furbetti della mascherina”, quelli del vaccino non rischiano neppure teoricamente di contagiare altre persone. Dunque l’odio per il furbetto del vaccino non ha alcun senso logico È puramente irrazionale.

Per capire l’origine dell’odio dobbiamo sempre tenere presente quale sia il pensiero dominante in Italia: il catto-comunismo. Anche se, il partito dell’odio è trasversale: è un consigliere di Fratelli d’Italia della Toscana, Francesco Torselli, che ha accompagnato le Iene nella loro coraggiosa inchiesta. Quindi, come c’è un partito unico del lockdown, c’è anche un partito unico anti-furbetti: il collettivismo. Il collettivista insulta e infanga il ricco che va a farsi vaccinare negli Emirati Arabi Uniti, mentre “i nostri vecchi muoiono”. E lo stesso discorso lo applica a chi si fa vaccinare subito perché ha un amico infermiere, medico o volontario. Dietro a questo fastidio c’è sicuramente molto legalismo: la legge è legge, deve essere rispettata, senza discutere. Perché lo vuole lo Stato, punto. Il legalismo sfocia nel feticismo normativo quando scopre, nella pratica, che la norma è controproducente e, proprio per questo, occorre il doppio dello sforzo per farla rispettare. Il collettivista, però, viene infastidito dal furbetto del vaccino anche per motivi estetici ed antropologici, moralistici e mistici, perché il “furbetto” è colui che fugge dal castigo collettivo. L’unica cosa che interessa al collettivista è l’equa sofferenza di tutti. Se il Paese piange, nessuno deve ridere. Se un 80enne attende per tre settimane il suo turno e si ammala nel frattempo (per colpa della sanità pubblica), non deve esistere un 50enne che, per un caso della vita, si è già fatto vaccinare prima di lui. Perché tutti devono attendere allo stesso modo, solidali nella sofferenza. E anche nella morte, magari.

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