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Il caso El Husseini e il Libano sotto la minaccia di Hezbollah nell’indifferenza dell’Ue

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Si chiama Mohamad Ali El Husseini ed è un clerico libanese sciita. Il suo nome è diventato famoso perché, da qualche anno, lo sceicco El Husseini si impegna per il dialogo inter-religioso, tanto da aver addirittura scritto post in ebraico sulla sua pagina Facebook. Nello stesso tempo, da sciita, è diventato una voce critica di Hezbollah, partito che accusa di controllare il Libano per nome di un altro Paese, ovvero l’Iran.

Il 23 gennaio scorso, lo sceicco El Husseini è stato tra i protagonisti di una visita al campo di concentramento di Auschwitz. Una visita davvero storica, perché in compagnia di una dozzina di altri importanti clerici musulmani sunniti guidati da Mohammad al-Issa, attuale segretario della Lega Musulmana Mondiale ed ex ministro della giustizia saudita. Chiaramente, la visita aveva il beneplacito di Riyadh, come parte della normalizzazione dei rapporti tra il mondo arabo sunnita moderato e il mondo ebraico (Israele compreso).

Purtroppo, lo sceicco El Husseini non aveva dietro di sé il silenzioso sostegno del suo governo. Al contrario, una volta pubblicizzata la sua visita, è stato minacciato di morte e per questo costretto a non ritornare in Libano e a chiedere asilo politico in Francia (dove in questo momento risiede). Per Beirut invece, l’idea di una normalizzazione dei rapporti con il mondo ebraico non antisionista non viene presa in considerazione e le leggi libanesi bandiscono ogni forma di contatto con chi ha la cittadinanza israeliana.

Precisazione: alla visita al campo di concentramento di Auschwitz non c’erano israeliani, ma solamente rappresentanti religiosi musulmani, accolti da altri rappresentanti ebraici. Nonostante questo, Hezbollah ne ha approfittato per attaccare e minacciare lo sceicco El Husseini, costringendolo ad abbandonare il Paese per evitare di finire in carcere. Così facendo, sfruttando come pretesto Israele, Hezbollah e il regime iraniano hanno eliminato dal Libano una voce critica, indisponibile a restare silente davanti all’interferenza iraniana nel Paese (soprattutto in un momento così delicato, con le proteste sociali che stanno scuotendo il sistema politico e che hanno costretto il primo ministro Hariri alle dimissioni).

In Libano oggi c’è un nuovo governo, presieduto da Hassan Diab. Nonostante le parole di apertura verso le richieste della piazza, è difficile pensare che Diab sia in grado di dare al Libano quello che serve perché diventi veramente uno stato sovrano, indipendente dal controllo di un Paese terzo. Diab, infatti, è espressione delle forze filo-iraniane, Hezbollah in primis, e certamente farà ben poco affinché rispettino le risoluzioni 1559 e 1701 dell’Onu, che ne chiedono il totale disarmo.

Di contro, l’Unione europeo potrebbe fare molto, se solo lo volesse, per lanciare un messaggio chiaro alle forze filo-iraniane in Libano: per esempio, far sì che, anche tornando in Libano, lo sceicco El Husseini non rischi di finire in carcere e sia libero di esprimersi come ritiene, soprattutto per quanto riguarda questioni come il dialogo interreligioso e l’Olocausto. Anche il governo italiano potrebbe fare un gesto simbolico importante, anticipando Parigi e offrendo immediatamente allo sceicco libanese sciita lo status di rifugiato politico e la possibilità di continuare la sua predicazione in favore della pace senza paura alcuna.

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