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La furia iconoclasta nel Regno Unito: la commissione orwelliana di Khan minaccia la memoria di Londra

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In seguito all’omicidio di George Floyd a Minneapolis, come noto a Londra si è tenuta una manifestazione di appoggio al movimento Black Lives Matter, definita “ampiamente pacifica”. Nonostante ciò, 27 agenti di polizia sono stati attaccati e alcune statue, tra cui quelle di Churchill e Abraham Lincoln, sono state vandalizzate. Non è stato risparmiato neppure il cenotafio che commemora i caduti delle due guerre mondiali, deturpato con la sigla ACAB (All cops are bastards). Un gruppo di giovani della Household Cavalry, la cavalleria della casa reale, è prontamente intervenuto a pulire il monumento, ottenendo il plauso del pubblico conservatore sui social.

Nel frattempo, a Bristol, la statua di Edward Colston, filantropo coinvolto nella tratta degli schiavi, è stata rovesciata e gettata nel porto della città. L’università di Liverpool rimuoverà il nome del primo ministro Gladstone perché suo padre era stato coinvolto nella tratta di schiavi. L’accusa è assurda, se si pensa che il quattro volte primo ministro Gladstone fu un grande sostenitore della home rule, ovvero l’autogoverno irlandese, nonché autore di importanti riforme – dall’Education Act del 1870, che rese obbligatoria l’istruzione fino a 12 anni, al disestablishment della Chiesa d’Irlanda e in generale alla promozione del libero mercato. A Manchester, Preston, Leeds e Glasgow, quattro statue di Sir Robert Peel – fondatore della polizia – rischiano di essere rimosse. Sir Peel è accusato, nella mappa interattiva Topple the Racist, di aver votato contro l’abolizione della tratta di schiavi nel 1806, ma gli attivisti, a quanto pare, lo hanno confuso col padre, suo omonimo.

A rischio anche la statua di Cecil Rhodes a Oxford, che a fine Ottocento era uno degli uomini più potenti dell’Impero Britannico, titolare della società mineraria De Beers e finanziatore dell’Oriel College.

Nel frattempo, il 9 giugno il sindaco di Londra Sadiq Khan ha annunciato l’istituzione di una commissione – Commission for Diversity in the Public Realm – composta da storici e leader di comunità, che garantisca la “diversità” della capitale britannica, attraverso una revisione dei monumenti cittadini, nomi di edifici pubblici e placche decorative. Contemporaneamente, i borough laburisti della capitale, Inghilterra e Galles hanno annunciato un’indagine approfondita di tutte le statue per verificare l’assenza di legami tra i personaggi rappresentati con la tratta degli schiavi. Nel borough di Tower Hamlets, la statua dello schiavista Robert Milligan è stata rimossa.

Sul New Statesman, Stephen Bush suggerisce che Khan, onde evitare l’ondata di acrimonia in seguito alla rimozione delle statue, dovrebbe invece puntare su nuove statue da erigere che unifichino la comunità. Se questa proposta è costruttiva, e il sindaco di Bristol ha promesso che la statua di Colston sarà recuperata e posta in un museo, per avviare una discussione cittadina all’insegna della razionalità, non possiamo che ricordare a noi stessi che senza il rispetto delle leggi e delle procedure democratiche la società non può che autodistruggersi.

Diversi commentatori hanno espresso ferma contrarietà alla cancellazione della memoria, come ad esempio Mark Wallace su The Independent. Il direttore esecutivo di Conservative Home ha sottolineato che, se i reperti storico-archeologici ci dicono qualcosa sulla società che li ha creati, certamente la modalità con cui interagiamo con essi ci dice qualcosa di noi stessi. Ne consegue che in una società fondata sulla rule of law, affidarsi alla folla inferocita anziché alle decisioni democratiche è una pessima scelta.

Douglas Murray sullo Spectator riassume la settimana con una difesa dei principi del liberalismo classico, primo fra tutti la sua umiltà e apertura al perdono in contrasto al purismo delle masse progressiste, per cui un errore, seppure grave, merita la cancellazione dalla memoria. Se il liberale sa che i personaggi del passato hanno agito con le conoscenze allora disponibili, continua Murray, i manifestanti continuano a credersi nell’anno zero della civiltà, prima del quale si era tutti irrimediabilmente dei bigotti.

Black Lives Matter non nasconde di voler distruggere il capitalismo e le strutture dello stato; ma inevitabilmente, secondo il vecchio (e frustrante) adagio conservatore, è molto più facile distruggere che non ricostruire. Murray auspica, quindi, che persone di ogni background ed etnia possano opporsi con fermezza alla deriva della ragione in atto. Per citare San Tommaso Moro nel film “Un uomo per tutte le stagioni”, bisogna garantire la protezione della legge anche al demonio, perché se abolissimo le leggi per rincorrerlo, non potremmo più difenderci una volta attaccati. Il Regno Unito non può arrendersi alle intimidazioni e rinunciare alla tradizione della rule of law proprio ora.

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