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Radio e guerra

Non solo satelliti, sui campi di battaglia in Ucraina la radio si prende la sua rivincita

Errore mettere da parte tanta tecnologia di ieri, rivelatasi comunque affidabilissima, a favore dell’uso eccessivo di sistemi di comunicazione assai più complessi

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Nel 1901, subito dopo essere riuscito a traversare l’Atlantico con un segnale radio, Guglielmo Marconi definì le radiocomunicazioni come “il più potente ed universale mezzo di rapida comunicazione a distanza che il mondo abbia mai conosciuto”. Non si sbagliava di certo, anche se ancora non poteva stimare quali implicazioni di natura militare e strategica avrebbe avuto l’invenzione della radio. A distanza di oltre un secolo, in piena era di satelliti e di comunicazioni digitali, la radio gioca ancora un ruolo fondamentale tanto nella vita civile che nelle applicazioni strettamente militari.

Già dai primi giorni dell’aggressione armata russa ai danni dell’Ucraina, nello scorso mese di febbraio, gli osservatori ed analisti dei conflitti armati hanno potuto riscontrare un inatteso e prepotente ritorno all’uso delle radio rice-trasmittenti da parte di ambo le parti in conflitto, rovesciando e surclassando le previsioni dei più aggiornati studiosi delle telecomunicazioni, che avrebbero giurato che tale nuovo conflitto si sarebbe giocato prevalentemente nello spazio e con l’uso delle più recenti scoperte di comunicazione cibernetica.

Rapidità, semplicità d’uso, affidabilità della radio

In realtà, le cose sono andate assai diversamente, a causa di una serie di considerazioni di opportunità e di tempo che possiamo, con qualche inevitabile approssimazione, condensare in pochi concetti-chiave. Innanzitutto, lo sviluppo repentino dei fatti di guerra “vera”, ossia estesa ad un’intera nazione (peraltro la più estesa d’Europa) ha imposto un rapidissimo dispiegamento di infrastrutture ridotte al minimo dal punto di vista quantitativo, non essendoci stato il tempo per convogliare tutte le più importanti comunicazioni militari in svariati flussi di dati satellitari che avrebbero potuto renderle fruibili da tutte le unità in campo e nelle sedi dei comandi superiori.

Ma, soprattutto, è stata un’esigenza di estrema semplificazione delle procedure radio, richiesta da uno spiegamento di forze assai frammentate e sparse su un campo di battaglia enorme. Contrariamente a quanto molti ritengono, la gestione del traffico dati satellitare (in grado di raggiungere qualsiasi punto della Terra) è tutt’altro che semplice ed intuitiva. Perché una rete satellitare funzioni a dovere, oltre ai moltissimi satelliti, sono necessarie altrettanto numerose strutture di terra, poste in località strategiche e adeguatamente protette da possibili attacchi fisici o virtuali.

Nell’improvvisa escalation delle operazioni militari in Ucraina, si è preferito fare affidamento sulle più tradizionali comunicazioni radio del tipo point-to-point, ossia quelle dirette in modo circolare ad un numero elevatissimo di stazioni riceventi, che, a loro volta, irradiano ancora oggi le loro comunicazioni in modo diretto, da antenna ad antenna. Dopo decenni in cui le frequenze metriche tra 1 Mhz e 30 Mhz (dette HF) vennero messe sempre più in un ruolo secondario, rispetto all’utilizzo delle frequenze altissime (centimetriche o millimetriche), la guerra in Ucraina ne ha ufficialmente fatto riscoprire l’utilizzabilità anche e soprattutto in caso di conflitti su vasta scala.

Le voci dai campi di battaglia

Con grande stupore di milioni di radioamatori nel mondo, in quanto dotati di radioricevitori ed antenne adatte alla ricezione delle comunicazioni HF, i messaggi radio provenienti dalle singole unità militari impegnate sul campo sono tornati prepotentemente alla ribalta, come accadde, per l’ultima volta nei tempi recenti, durante la Prima Guerra del Golfo nel 1991. Voci concitate di soldati russi ed ucraini impegnati in operazioni coi carri armati oppure addetti a quei sistemi anticarro ed anti-missile che abbiamo ormai imparato a conoscere tutti, hanno letteralmente riempito le frequenze (più o meno riservate ai militari) per tutta la prima fase della guerra ed ancora in questi giorni, seppure più raramente, risuonano ancora negli altoparlanti delle radio in onde corte di tutta Europa.

Non è la prima volta che accade e ciò, probabilmente, è dovuto ad una scelta di maggiore semplicità ed autonomia operativa delle singole stazioni radio portatili o mobili dei militari in conflitto, laddove in tempi brevissimi e con impiego di mezzi decisamente limitati è possibile installare una efficiente stazione radio rice-trasmittente con portata di molte centinaia, se non migliaia di chilometri.

Il rovescio della medaglia: jamming e intercettazioni

Esiste, tuttavia, un rovescio della medaglia, anzi, se fosse possibile, più di un rovescio: trasmissioni del tipo point-to-point possono essere facilmente “coperte” da forti segnali radio di disturbo (il c.d. jamming) da parte dei nemici ed abbastanza facilmente intercettate qualora non si utilizzino sistemi di criptatura. A proposito di quest’ultimo aspetto, benché moltissime comunicazioni radio di tipo militare siano criptate e rese inintelligibili se non si possegga l’apposita chiave elettronica per decifrarle, non tutte quelle che si sono ascoltate recentemente facevano utilizzo di sistemi di codifica di sicurezza, principalmente perché, non dovendo occuparsi anche di complessi sistemi di criptatura, la maggior parte delle radio ricetrasmittenti che si possono acquistare anche sul web sono perfettamente in grado di stabilire una connessione in voce, in telegrafia o in dati con altre stazioni poste anche a migliaia di chilometri, in assoluta semplicità operativa, permettendone l’utilizzo anche a personale non adeguatamente addestrato nelle telecomunicazioni.

Quanto affermo è facilmente riscontrabile dall’esame delle fotografie abbondantemente presenti in rete, dove si scorgono tra i soldati quasi unicamente sistemi radio di tipo commerciale, più che quelli di manifattura militare. Va da sé che, evidentemente, si è ritenuto che il gioco valesse la candela e poter dotare ogni unità operativa sul campo di una efficiente stazione radio, anche se tecnicamente non sicura, anzi, intercettabile, è pur sempre meglio che non riuscire ad installare complesse stazioni satellitari per mancanza di tempo, addestramento del personale e praticità d’utilizzo.

D’altra parte, bisogna pur considerare che i tempi della guerra moderna si sono incredibilmente ristretti, per cui se un’informazione sui movimenti delle truppe durante la Seconda Guerra Mondiale poteva avere un interesse militare per almeno un giorno, oggi tutto si svolge alla velocità dei missili ed anche una preziosa informazione proveniente dal campo di battaglia dopo alcuni minuti è vecchia, obsoleta e non più utilizzabile.

One step behind

Anche in questo specifico settore tattico e strategico, la guerra in Ucraina – possiamo dire per fortuna ancora combattuta con tecniche tradizionali – ha dimostrato tuttavia una generalizzata scarsa preparazione di certi alti comandi ad affrontare quegli scenari di guerra asimmetrica un po’ datati, irragionevolmente ritenuti non più probabili nel terzo millennio. Ho più volte parlato della probabile necessità di un passo indietro (one step behind) per poterne fare due in avanti, per non ricadere nell’errore di mettere da parte tanta tecnologia di ieri, rivelatasi, comunque, affidabilissima, a favore dell’utilizzo eccessivo di sistemi di comunicazione intrinsecamente assai più complessi e basati su reti (che possono essere messe fuori uso da attacchi di pirateria informatica mirati). Purtroppo, la radio si userà ancora in altre guerre in futuro. Meglio non disimparare a utilizzarla e insegnare il suo uso anche ai giovani.

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