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Oltre che i toni, abbassiamo anche i volumi!

Come difenderci dall’aggressione sonora delle pubblicità in tv o via web? Normativa confusa e rassegnazione del pubblico, pur nell’epoca dell’indignazione facile

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Sempre più spesso, negli ultimi anni, ci giunge l’invito ad abbassare i toni del dibattito politico. Tanto per fare un esempio, è tematica assai cara al Colle. Ma se, oltre che abbassare i toni, non parlando della sola politica, imponessimo a tutti di abbassare pure i volumi, primo fra tutti quello degli spot televisivi e nella comunicazione via web? In questo articoletto, cercheremo di esaminare la questione nel suo insieme, senza troppo addentrarci, per ovvi motivi, negli aspetti strettamente tecnici, che pure ne sono parte.

Bombardamento acustico

A chi non capita di sobbalzare sulla poltrona, magari semi-assopito nel meritato riposo post-prandiale, per uno spot che, di fatto alza l’audio della televisione a livelli da concerto rock? A tutti. Ma non solo: mettiamoci pure quando stiamo navigando su internet e, aprendo un sito qualsiasi, veniamo travolti dalla spropositata onda sonora della pubblicità di un videogame.

Quando uso il pc di notte, come adesso per scrivere questo pezzo, sono costretto ad azzerare il volume del computer per non svegliare chi dorme due stanze più in là, e ciò capita magari consultando un sito di notizie o altra fonte informativa. Sto dicendo: non è che io sia andato sul sito della Nintendo o della Playstation e parta SuperMario Bros a tutto volume, no, no: ero su un sito di notizie o su una webcam turistica ed è partito lo spot, mi spiego?

Già qui si approssima un bivio e potremmo imboccare, cosa che non voglio fare adesso, la strada che ci porta nel magico mondo delle pubblicità veicolate da Google, la politica dei cookies e tutto l’ambaradan che fa sì che in quasi la totalità dei siti web o si riempie la pagina di pubblicità che non c’entrano una beata con la tematica di quel sito, oppure, evidentemente, mantenerlo attivo è antieconomico. Ne parleremo, semmai, in altro momento. Capita, peraltro, e da sempre, anche per la carta stampata. Ma torniamo alle aggressioni acustiche.

Pubblicità progressista

Ormai, che la pubblicità possa quasi tutto non interessa, evidentemente, un granché ad alcuno. Si consente alla pubblicità di proporci schifezze all’ora dei pasti, e pare andar bene. Ci propinano lezioncine con riferimenti allegorici che palesemente strizzano l’occhio a determinati modelli di vita e comportamenti sociali che sicuramente piacciono a loro, ma potrebbero dispiacere a molti altri, ed anche questo va bene.

Ci invitano a comprare salvifiche ma costosissime auto elettriche, facendoci sentire delle merde e degli assassini del pianeta se non vogliamo o possiamo farlo e va bene anche questo. Tanto ci sono i finanziamenti, no? Cosa importa se facciamo debiti per i prossimi vent’anni per avere un auto che avrà raggiunto da un pezzo il suo fine vita operativo e non sapremo come smaltire correttamente? L’importante è fare contenta la dolcissima Greta, sennò ci guarda con quegli occhietti cattivi e ci dice che le rubiamo il futuro! D’altra parte, siamo o non siamo una massa di ebeti da rieducare? E meno male che il Minculpop era una prerogativa unica del Ventennio!

Libertà di assordarci

Tornando al bombardamento acustico improvviso, v’è da dire che la materia non è stata trattata dal nostro legislatore con la necessaria chiarezza. Per quanto già dal 2005 sia in vigore una legge contro l’inquinamento acustico (la n. 447/95) e più volte l’Autorità Garante per le Comunicazioni (AGCOM) si sia occupata proprio del volume degli spot, come nel celeberrimo caso di quello della pantera nera per il promo dello spettacolo di Adriano Celentano, che irrompeva con un improvviso ruggito a volume assordante nelle nostre case pochi anni orsono, la situazione è confusa e tuttora vi è, di fatto, libertà assoluta di assordarci.

Sul concetto di “potenza sonora”, che la Legge Quadro del 1995 individua come unità di misura di riferimento tra il volume normale del programma e quello degli spot, ancora si discute, così come i tecnici indicano nel c.d. “loudness”, ossia il volume effettivamente percepito dall’uditorio come unico fattore da adottarsi, ma temo che, alla fine, si tratti solo di chiacchiere in libertà.

Dite a qualunque Dj da festa di Paese o allo speaker della festa del salamino piccante di armonizzare senza troppi sbalzi il volume delle diverse tracce audio e lo sapranno fare senza grandi complicazioni. Non lo si vuole fare, e ciò sia detto da un nemico di ogni forma di dietrologia come chi scrive. Sul perché non lo si voglia si potrebbe tuttavia farci un’idea, secondo il basilare principio del “cui prodest”. A qualcuno giova così…

Eppure, nessuno fa una piega

Comunque, non ci si capacita di come siano migliaia ogni giorno, in tutto questo sciagurato Paese, quelli che telefonano alle Forze dell’Ordine perché disturbati dalla musica provenente dal bar sotto casa o quella della festa pubblica o privata in corso nei dintorni, mentre nessuno fa una piega se, soprattutto di sera, bisogni stare col telecomando in mano come pistoleri, prontissimi ad azzerare il volume della pubblicità per non svegliare bambini, anziani, infermi e, comunque sia composta la nostra famiglia, per non subire l’aggressione sonora della pubblicità in tv o dalle casse del pc.

Evidentemente, nonostante sia questa l’epoca della collettiva facile indignazione per innumerevoli pretesi diritti calpestati, e proprio in una società nella quale ci vantiamo di essere attenti alla nostra sacrosanta privacy, non c’importa nulla di rischiare il coccolone per l’urlo di gioia televisivo di un deficiente che dà di matto per una bibita o se altri babbei con la faccia da cattivi sgommano con una ridicola auto da tamarri che la pubblicità vorrebbe farci piacere, irrompendo fragorosamente nel nostro salotto e facendoci trasalire. Che questo, poi, avvenga con il non trascurabile prelievo forzoso del canone tv in bolletta Enel è ancora più odioso ed insopportabile.

Capiranno di aver esagerato?

Probabilmente, Adriano Celentano, che è tutt’altro che un fesso, la lezione l’ha capita e ritengo sia assai improbabile che ci possa proporre ancora l’anteprima dei suoi imperdibili show con spot che fracassano gli altoparlanti e non solo quelli. La capiranno in Rai, Mediaset e compagnia cantante, di avere abbondantemente superato un limite (e non solo quello misurabile in decibel)? Dalla risposta che potremo avere, dedurremo quanto ci ritengano ancora i soliti poveri fessi paganti, al netto delle chiacchiere e dei fervorini della presentazione del palinsesto, nei quali vorrebbero sembrare più buoni di Padre Pio.

Vedremo. Ma il principio, sempre lasciando elettrotecnica ed informatica ai loro posti, è uno solo: la pubblicità si fa per vendere. Rendersi simpatici o meno al grande pubblico è parte prioritaria di ogni campagna promozionale, per cui, tirare troppo la corda potrebbe avere effetti tutt’altro che pubblicitari.

Prima o poi, si accorgeranno che quel minimo sindacale di moderazione e buongusto (ammesso che ancora ve ne sia sulla piazza) possono ancora pagare, come l’utilizzo di volumi audio al di sotto della soglia del dolore? Che poi, la colpa delle pubblicità urlate stia all’origine, oppure dei distributori o di chi remixa in studio e mette in onda lo spot, a noi importa un fico secco.

A mio sommesso avviso, sarebbe giunto il momento di cantargliela noi, preferibilmente a pochi centimetri dalle loro orecchie grassocce e pelose, con lo stesso volume con cui spaventano persino i nostri animali domestici.

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