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Nuovo lockdown? Per Conte sarebbe “un’autoaccusa paradossale”. Intervista al prof Luigi Curini

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Il rapporto malato tra potere politico e scienza. Cts sfruttato ad arte da Conte per legittimare le sue scelte e per renderle insindacabili. Nascondersi dietro gli scienziati significa far venire meno l’accountability della politica e costruirsi una perfetta rete di protezione dal giudizio degli elettori. E chi osa mettere in discussione la narrazione “liberal” della pandemia viene preso a male parole, come accaduto a Johnson e a Trump, che aveva provato a diffondere speranza. Ma la paura è il miglior alleato della tirannia…

“Il rapporto tra governo e Cts è un rapporto strategico, sfruttato ad arte da Conte per legittimare le sue scelte politiche e per renderle insindacabili”. Luigi Curini, professore ordinario di Scienza politica all’Università Statale di Milano, spiega le dinamiche politiche e mediatiche che si sono sviluppate nelle ultime settimane, avanzano un’importante riflessione sul rapporto tra scienza e politica.

MARTINO LOIACONO: Partiamo dalla crescita dei contagi, come sta gestendo la crisi Conte? È cambiato qualcosa rispetto a marzo?
LUIGI CURINI: Nella forma e nello stile non è cambiato nulla, è forse cambiata la sostanza. Rimangono i Dpcm, i ritardi e gli annunci del metodo Casalino. Poi c’è il solito paternalismo che guida tutti i discorsi di Conte, un padre di famiglia che parla ai suoi “sudditi”, facendo concessioni e rimproverandoli. Tuttavia, domenica sera è cambiato il contenuto, come si era già potuto vedere leggendo il Fatto Quotidiano (il secondo portavoce di Conte) che aveva abbandonato i toni catastrofici e aveva sdrammatizzato la situazione. Conte, in effetti, non ha accelerato sulle chiusure.

ML: Perché, secondo lei, ha frenato?
LC: Possiamo solo fare ipotesi. Forse perché ci sono dei dati sul virus che non sono stati resi pubblici e questo ha frenato le misure di chiusura. Oppure ci sono dei dati economici negativi in cui non viene registrato alcun rimbalzo. Una terza ipotesi potrebbe infine riguardare il sentiment negativo che circonda un nuovo lockdown. Tra l’altro, adottare ulteriori misure restrittive implicherebbe che quelle primaverili non sono state efficaci, un’autoaccusa paradossale. Ma mi lasci aggiungere una quarta ipotesi. È un’ipotesi più sottile che sarebbe l’apogeo del suo paternalismo. Conte si sta mostrando buono e comprensivo, lasciando del tempo agli italiani. Se dovessero comportarsi male, facendo crescere i contagi, potrebbe scaricare tutte le responsabilità su amministratori locali e cittadini. E, per l’ennesima volta, non sarebbe colpa del governo.

ML: Ritiene che ci sia un’eccessiva attenzione mediatica nei confronti di Conte?
LC: Più che un’attenzione mediatica su Conte direi che è un’attenzione per il Covid. Quando si parlava (un po’) meno di Covid nei mesi estivi non a caso il premier era sparito. A mio avviso il Covid occupa gran parte dei quotidiani italiani (oltre a quanto sarebbe dovuto data l’ovvia importanza della cosa beninteso) per due ragioni: per un interesse economico, che è quello di rallentare il crollo delle vendite; e poi per una ragione ideologica legata a una certa narrazione, che possiamo chiamare liberal, che ha abbracciato una posizione rigida sulla gestione della pandemia. La narrazione prevede che si soffra oggi, in vista di una redenzione futura dalle nostre colpe (che sono tante, e vanno al di là della pandemia). Chi mette in discussione questa linea viene preso a male parole come accaduto a Boris Johnson e a Trump, che aveva provato a diffondere speranza. Nella drammatizzazione dei fatti, poi, si crea paura.

ML: In effetti è un sentimento crescente.
LC: Della paura non ci si può fidare. Lo diceva giustamente anche Elsa in quel capolavoro filosofico che è il cartone animato Frozen, ed è anche l’alleato di tutte le tirannie in senso ampio, di tutte quelle scelte politiche che pongono delle limitazioni al processo democratico. Come detto, l’attenzione mediatica eccessiva data a Conte è funzionale all’attenzione che la stampa ha sul Covid, tanto è vero che il metodo Casalino funziona solo in questo contesto altamente drammatizzato. In questo processo c’è quindi una naturale convergenza tra gli interessi di Conte, Casalino e dei media. Si crea così un nodo gordiano difficile da sciogliere che non fa altro che alimentare la paura.

ML: Che rapporto c’è tra le scelte di Conte e il comitato tecnico-scientifico?
LC: Al di là dello scambio di doverosi (e competenti) punti di vista, il rapporto tra governo e Cts mi pare evidente che sia anche un rapporto strategico, sfruttato ad arte da Conte per legittimare le sue scelte politiche e per renderle insindacabili. “Vi prometto che se gli scienziati mi danno il via libera…”, “il governo ha ceduto il passo alla comunità scientifica…” sono due frasi dette da Conte, non inventate. Il rapporto si gioca sull’autorevolezza della scienza e sul discredito della politica agli occhi dei cittadini. Nascondersi dietro gli scienziati, e alla speranza offerta dalla scienza, serve anche a non correre rischi politici in una logica tecnocratica. Ma da una prospettiva più ampia significa far venire meno l’accountability della politica e costruirsi una perfetta rete di protezione dal giudizio degli elettori. Oltre a nascondere il fatto che in un contesto democratico la competenza tecnica e scientifica è sempre “al servizio” della politica e non viceversa. E poi risulta problematica anche da una prospettiva diciamo epistemologica, se me lo permette.

ML: Perché?
LC: Perché strumentalizzando la scienza, rischia di passare l’idea che esista una Verità assoluta, data una volta per tutte. È un approccio pericoloso che fornisce all’opinione pubblica un’idea sbagliata di cos’è la scienza. In realtà, nella scienza non esistono Verità assolute ma conclusioni sempre provvisorie che hanno il pregio di non essere state ancora falsificate ma che una futura teoria potrebbe benissimo farlo. È e rimane un continuo processo in divenire, senza una fine, come al contrario l’idea di “verità” porrebbe per costruzione. Il connubio scienza-verità diffuso ahimé sovente dai media è invece tipico delle religioni (incluse quelle civili, come il comunismo), che ritengono che esista una Verità assoluta. Quanto di più lontano esista dalla scienza insomma. Questo approccio tra l’altro impedisce un dibattito politico leale. Come ci ricorda Tzvetan Todorov, il dominio della scienza trasformata in religione è uno dei pilastri del totalitarismo.

ML: Cosa può fare l’opposizione in questo contesto?
LC: Il reiterato uso dei Dpcm esclude in partenza ogni tipo di relazione costruttiva con le opposizioni. E non stupisce perché l’Esecutivo Conte si regge sull’ostilità (che sconfina nell’ostracismo) nei confronti di Salvini. A mio avviso il centrodestra dovrebbe muoversi in modo maggiormente unitario, magari facendo un governo ombra, con proposte chiare, anche perché ad oggi non si conoscono le soluzioni alternative avanzate dal centrodestra su molti temi, pandemia in testa. Questo permetterebbe anche una dinamica parlamentare più virtuosa e un maggior controllo sulle scelte dell’esecutivo. Del resto, nonostante le speranze di Salvini, non si andrà al voto a breve e, se dovesse cadere il governo, probabilmente si giungerà ad un governo di unità nazionale. Per questo servirebbe una strategia di lungo periodo, anche per attrarre i delusi dalle scelte del governo. E forse per mettersi in gioco per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Viceversa, se l’opposizione dovesse restare sfilacciata farebbe il gioco di Conte.

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