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Perché il controllo della Valle del Giordano è così strategico per Israele (ma anche per i Paesi arabi)

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Si discute in questi giorni della possibile annessione da parte di Israele della Valle del Giordano, ovvero la lunga valle che scorre lungo le rive del fiume Giordano e che, nei fatti, lambisce una lunga fascia che parte dalla Siria e che attraversa tutto il confine tra la cosiddetta Cisgiordania (per Israele i territori di Giudea e la Samaria). Se ne discute però in modo pregiudiziale, senza una consapevolezza strategica e dei rischi potenziali, improntando le proprie posizioni meramente sulla base dell’ideologia. Ciò è tanto vero che l’Ue, per bocca dell’Alto rappresentante per la politica estera Borrell, ha già deciso con chi schierarsi, condannando una eventuale annessione da parte israeliana.

In questa sede non ci interessa parlare dell’annessione in sé, quanto delle reali conseguenze – non solo per lo Stato ebraico – della eventualità che la Valle del Giordano non venga direttamente controllata da Israele. Per la cronaca, attualmente, si tratta di una zona inclusa secondo gli accordi di Olso nell’area C, ove l’amministrazione civile e militare è di competenza israeliana. Tutti i piani di pace sinora prodotti dopo quegli accordi, come noto, sono drammaticamente falliti, con i palestinesi che hanno rigettato anche offerte importanti – come quelle di Barak e Olmert – che concedevano loro praticamente quasi il 100 per cento delle richieste.

A fronte di questo aspetto giuridico e storico, la questione della Valle del Giordano è strettamente legata al tema della sicurezza. Cederne il controllo, per Israele, significherebbe fare un enorme regalo ai nemici dello Stato ebraico. Un regalo che permetterebbe a chi vuole colpire Israele di penetrare facilmente all’interno della Cisgiordania, arrivare fino alla Linea Verde e magari colpire città israeliane importanti, in primis Gerusalemme, ma anche Tel Aviv. Senza contare ciò che significherebbe per Israele l’ipotesi, irrealizzabile, di una concessione del controllo dei cieli ai palestinesi: una scelta pericolosissima, che permetterebbe agli aerei nemici di entrare in territorio israeliano in pochissimi minuti, con tutto ciò che ne consegue. Se questa ipotesi appare irrealistica, molto più realistico è pensare che anche la Cisgiordania, come la Striscia di Gaza, possa diventare un avamposto per i nemici di Israele, non solo per provare a penetrarne il territorio, ma anche per installare in quest’area una serie di missili a corta e media gittata, capaci di colpire i cittadini israeliani (così come è avvenuto per il Sud del Libano dopo il ritiro del 2000 e nella Striscia di Gaza, dopo il ritiro israeliano del 2005). Per Israele, quindi, significherebbe dover combattere costanti conflitti per la propria sicurezza.

Non è tutto: se Israele cedesse il controllo della Valle del Giordano, sarebbe un pericolo drammatico anche per diversi Paesi arabi, in primis la Giordania e i Paesi arabi del Golfo. Come suddetto, senza i militari israeliani, quella fascia di terra sarebbe preda delle suggestioni non solo dei jihadisti salafiti, ma anche dell’esercito siriano e dei jihadisti sciiti finanziati dall’Iran, a cominciare da Hezbollah e dalle milizie paramilitari sciite impegnate ora in Siria. Uomini armati che non agirebbero solamente contro Israele, ma anche contro i Paesi arabi considerati ostili, a cominciare proprio dalla Giordania. Qui, infatti, il potere della monarchia resta fragilissimo e credere che la Cisgiordania possa essere una testa di ponte per far cadere la “Transgiordania” e renderla un Paese al servizio degli islamisti, è qualcosa di più di una mera ipotesi.

Peggio, a sua volta la Giordania potrebbe diventare un territorio ostile, da dove i jihadisti sunniti e sciiti potrebbero lanciare attacchi non solo verso la Siria e l’Iraq, ma anche e soprattutto verso la vicina Arabia Saudita (e le varie monarchie del Golfo). Uno scenario che rasenta il rischio di una crisi mondiale. Non a caso, l’ayatollah Khamenei ha parlato della necessità di armare la Cisgiordania, come viene armata Gaza. Non serve neanche dire che proprio Gaza rappresenta un pericolo non solo per Israele, ma anche per l’Egitto, per mezzo della alleanza tra i jihadisti gazawi e quelli della Penisola del Sinai.

Sono questi gli scenari che l’Occidente accetta di mettere nel conto per il Medio Oriente? È ingenuo tra l’altro credere che una eventuale crisi totale in quell’area resti limitata al Medio Oriente: quanto visto con la crisi siriana – già essa stessa crisi de facto quasi mondiale – sarebbe soltanto un piccolo antipasto…

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