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Perché in Italia i non vaccinati sono ormai immunizzati ed è anti-scientifico vaccinarli

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Scientificamente provata la superiorità dell’immunità naturale, vaccinare i guariti è una politica irresponsabile

In questo articolo scoprirete delle cose ben note agli immunologi ed ai medici più preparati, ma che i media mainstream e le autorità sanitarie si guardano bene dal comunicare alla popolazione. Vedremo, infatti, non solo qual è il livello di immunizzazione (da vaccino o da infezione naturale) della popolazione italiana, ma soprattutto come l’immunizzazione naturale da Sars-CoV-2 comporti una protezione assai migliore di quella da vaccino e un rapporto rischi-benefici del tutto sfavorevole per la vaccinazione.

Cominciamo dal livello di immunizzazione della popolazione. Tutti coloro che sono guariti dal Covid-19 ora hanno un’immunità e una protezione naturale dalle nuove infezioni e dagli esiti più gravi. E queste persone in Italia sono ora davvero molte grazie alla variante Omicron, che è estremamente contagiosa, poiché una persona non vaccinata ne infetta, mediamente, altre 6 (contro le 15 del morbillo), ma lo fa in 4-5 giorni (contro i 12 del morbillo), per cui in 12 giorni infetta 216 persone (contro le 15 del morbillo).

Ebbene, possiamo calcolare facilmente il numero di persone guarite di recente dall’infezione da Sars-CoV-2 grazie ai dati ufficiali relativi ai Green Pass rilasciati, che sono riportati dal sito del Sole 24 Ore in un grafico interattivo, per cui passandoci sopra con il mouse è possibile leggere i guariti giornalieri cui è stato rilasciato un Green Pass (valido per 6 mesi). Questi Green Pass da guarigione, come si vede dal grafico (barre verde scuro), sono stati rilasciati essenzialmente dall’inizio di gennaio in poi.

Sommando i guariti giornalieri dal 1° gennaio al 13 febbraio, si scopre che i guariti (che hanno ricevuto il Green Pass da guarigione) sono stati, in totale, 7,51 milioni e, poiché la popolazione italiana ammonta a 59,5 milioni di persone, si tratta del 12,6 per cento della popolazione italiana. D’altra parte, dalla stessa pagina del sito del Sole24Ore (v. figura) relativa alle vaccinazioni, si scopre che al 13 febbraio 2022 è vaccinato con ciclo completo l’88,7 per cento della popolazione over 12, che è quella oggetto della campagna vaccinale.

Percentuale vaccinati

Dato che il Green Pass, effettivamente, serve solo agli over 12 poiché i bambini sotto i 12 anni sono esentati dalla certificazione verde per accedere alle attività e servizi per i quali nel nostro Paese è obbligatorio (come ad es. mangiare seduti al tavolo in una sala al chiuso di un ristorante, visitare un museo o un parco di divertimento, prendere mezzi di trasporto locale o a lunga percorrenza), i Green Pass da guarigione sono riferiti, evidentemente, a cittadini italiani over 12.

Pertanto, possiamo tranquillamente sommare il 12,6 per cento di popolazione italiana immunizzata all’88,7 per cento di popolazione vaccinata con ciclo completo, scoprendo che il 101,3 per cento della popolazione italiana over 12 è immunizzata al Covid-19. In realtà, la percentuale è un pochino più alta, poiché il 12,6 per cento è stato calcolato dividendo i guariti per la popolazione totale e non per quella over 12. La percentuale supera il 100 per cento poiché alcune delle persone guarite erano in realtà vaccinati con Green Pass in scadenza.

I dati sui guariti naturalmente dal Covid-19
I dati sui guariti naturalmente dal Covid-19, di modo che chiunque possa verificarli, se vuole

Se invece si considera anche gli under 12, allora si scopre che è immunizzato almeno il 94,6 per cento della popolazione italiana (somma di 82,3 per cento da vaccino + 12,3 per cento da infezione naturale), cioè quasi tutta. Ma in Germania, secondo Our World in Data, al 31 dicembre era vaccinato il 74 per cento della popolazione e alla stessa data il Koch Institute (equivalente del nostro ISS) riferiva che, dei 5.117 nuovi casi di Omicron verificatisi nella settimana precedente, 4.020 – cioè ben il 78 per cento! – si erano verificati tra vaccinati [23].

Dati simili si hanno da molti altri Paesi. Ad esempio, in Canada, il 77 per cento della popolazione è completamente vaccinato e l’81,1 per cento dei casi recenti è tra i completamente vaccinati, come ha riferito il dottor Ezra Kahan il 30 dicembre [24]. Addirittura, l’Islanda è la nazione con la più alta percentuale di persone che hanno ricevuto il booster (58 per cento) e ha il quarto tasso di casi di Covid più alto sul pianeta. Ciò suggerisce che la Omicron circoli ugualmente – se non più – fra i vaccinati rispetto ai non vaccinati.

Ciò non stupisce, perché i vaccini attuali offrono (purché le dosi siano recenti) una protezione modesta contro la Omicron: 40 volte più debole rispetto alle varianti precedenti [27]. Inoltre, già con la Delta si era visto che la protezione dei vaccini dall’infezione diventa negativa (rispetto ai non vaccinati) dopo 5 mesi [25, 26]. Perciò, molto verosimilmente, in Italia pure una larghissima percentuale (80 o 90 per cento, se non più) di vaccinati si è infettata (e quindi immunizzata) con la Omicron nelle scorse settimane.

Credo che sia chiaro al lettore perché si arriva a questa conclusione. Infatti, la popolazione italiana si può dividere in: (a) non vaccinati e (b) vaccinati. I dati italiani ufficiali sui guariti dal Covid-19 mostrano che una percentuale elevatissima di non vaccinati si è infettata nelle scorse settimane. D’altra parte, se i contagiati sono più (o ugualmente) frequenti fra i vaccinati che tra i non vaccinati, anche i vaccinati si sono infettati in percentuale simile (la maggior parte, però, in modo del tutto asintomatico). 

Dunque, la conclusione che possiamo trarre è che oggi il Green Pass non ha più alcun senso neppure dal punto di vista della spinta alla vaccinazione (che era l’unico motivo rimasto in piedi), giacché non si può vaccinare un immunizzato naturalmente, se non fra 6 mesi, quando la legge sull’obbligo di Green Pass sarà scaduta. Ma, come ora vedremo, secondo il mondo scientifico mainstream un immunizzato naturalmente non dovrebbe venire vaccinato neppure fra 6 mesi, in quanto i rischi superano ampiamente i benefici.

Perché non ha più senso vaccinare i non vaccinati immunizzatisi naturalmente

Due studi appena usciti mostrano il potere dell’immunità acquisita in modo naturale dopo il recupero dalla malattia Covid-19 rispetto a quella acquisita con i vaccini attuali. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC), infatti, in un loro studio [1, 3] pubblicato a gennaio affermano che “la precedente infezione da Sars-CoV-2 conferisce protezione anche contro esiti gravi in caso di reinfezione” e che “durante l’ondata Delta l’immunità naturale era ben 6 volte più forte rispetto a quella da vaccinazione”. Come spiegato dal dottor Benjamin Silk dei CDC [4]:

“Prima della variante Delta, la vaccinazione Covid-19 ha comportato una migliore protezione contro un’infezione successiva rispetto alla sopravvivenza a un’infezione precedente. Se si guarda all’estate e all’autunno del 2021, quando la Delta è diventata dominante negli Stati Uniti, sopravvivere a un’infezione precedente ha invece fornito una protezione maggiore contro l’infezione successiva rispetto alla vaccinazione”.

Ma di quanto? Beh, di parecchio. Infatti, il CDC ha rilasciato dati [1] che hanno dimostrato come l’immunità naturale sia stata 2,8 volte più efficace nel prevenire il ricovero e da 3,3 a 4,7 volte più efficace nel prevenire l’infezione da Covid rispetto alla vaccinazione. Dunque, “dopo due anni di raccolta di dati, la superiorità dell’immunità naturale rispetto all’immunità da vaccino è chiara”, ha spiegato il dottor Marty Makary, medico e ricercatore di politiche sanitarie presso la Johns Hopkins University.

Le implicazioni di questo risultato sono evidenti. Difatti, come possono esserci obblighi vaccinali quando l’immunità naturale fornisce una protezione migliore dei soli vaccini? Uno degli argomenti che i funzionari della sanità pubblica hanno finora utilizzato per scartare l’immunità naturale è che affermavano di non sapere quanto dura. Makary ha osservato, a questo proposito, che gli Stati Uniti sono uno dei pochi Paesi – insieme, aggiungiamo noi, all’Italia – che ignora l’immunità naturale [11].

Ed è qui che si colloca l’importante scoperta fatta dal dottor Makary e dai suoi colleghi della Johns Hopkins, che hanno condotto un proprio studio [6] sul tema: “Abbiamo scoperto che tra 295 persone non vaccinate che in precedenza avevano il Covid, gli anticorpi erano presenti nel 99,9 per cento di loro fino a quasi due anni dopo l’infezione. Ed abbiamo anche scoperto che l’immunità naturale sviluppata da varianti precedenti riduceva il rischio di infezione con la variante Omicron”, riferisce Makary.

È piuttosto significativo il fatto che né i CDC né i National Institutes of Health americani abbiano effettuato uno studio del genere, nonostante il budget da 50 miliardi di dollari ed i 30.000 impiegati di cui dispongono. Eppure, si tratta di una delle informazioni più importanti sia per il pubblico sia per i decisori politici e sanitari [2]. Ne dobbiamo concludere che tali informazioni non interessano a questi decisori, visto anche che finora tutte le loro decisioni sono state finora rivolte a favorire le lobby dei vaccini.

Uno studio quantitativo danese, pubblicato a dicembre [7] dallo Statens Serum Institute, conferma che l’immunità naturale protegge meglio dalle infezioni rispetto ai vaccini. Esso mostra che l’immunità indotta dal vaccino diminuisce rapidamente, a partire da poche settimane dopo la vaccinazione. Al traguardo dei cinque mesi, la protezione è ben al di sotto del 50 per cento. L’immunità naturale, al contrario, è robusta: un anno intero dopo l’infezione, la protezione è ancora superiore al 70 per cento.

Uno studio [8] finanziato dal National Institutes of Health (NIH) del La Jolla Institute for Immunology ha rilevato “risposte immunitarie durevoli” nel 95 per cento dei 200 partecipanti fino a otto mesi dopo l’infezione. Uno dei più grandi studi fino ad oggi effettuati [9], pubblicato su Science a febbraio 2021, ha inoltre scoperto che, sebbene gli anticorpi siano un po’ diminuiti in otto mesi, i linfociti B di memoria sono aumentati nel tempo e l’emivita dei linfociti T di memoria CD8+ e CD4+ suggerisce una presenza costante.

In realtà, gli studi fin qui citati confermano ciò che hanno scoperto più di 100 altri studi sull’immunità naturale [2]. Il più grande di questi studi, che arriva da Israele [5], ha scoperto che l’immunità naturale era 27 volte più efficace dell’immunità da vaccino nella prevenzione delle malattie sintomatiche. Ma in Italia il fatto che l’immunità naturale sia superiore all’immunità vaccinale non ha fatto parte della discussione di CTS, Ministero della Salute ed AIFA per ragioni che appaiono davvero poco chiare.

Quindi, ora questa è scienza consolidata [2], e l’ha ammesso anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): l’immunità naturale è più duratura ed efficace di quella da vaccino. Ma a questo punto non si giustifica la vaccinazione di chi è guarito dal Covid, necessaria in Italia dopo 6 mesi per avere il Green Pass. Spiega infatti Makary: “se Omicron è il vaccino naturale per coloro che non hanno avuto accesso o non sono stati idonei al vaccino, che senso ha immunizzare coloro che sono già immuni?”.

Non a caso, negli Stati Uniti la maggior parte degli operatori sanitari stanno rifiutando il vaccino a causa di una precedente infezione e hanno già un’immunità sufficiente al Covid-19 [2]. Del resto, coloro che avevano preso il Sars-CoV-1 nel 2002-2003 erano ancora immuni 17 anni dopo, ed i sopravvissuti alla pandemia di influenza del 1918 erano ancora immuni all’epidemia di H1N1 nel 2009-10, cioè 92 anni dopo [22]. Dunque, negare l’evidenza vuol dire o ignorarla o essere in malafede, e non so cosa sia peggio.

Perché l’immunità naturale è più protettiva e favorisce l’immunità di gregge

Una questione ignorata in Italia è la seguente: a chi si è infettato in maniera naturale non conviene vaccinarsi o fare la terza dose, poiché una dose di richiamo offre, in tal caso, solo un vantaggio modesto e temporaneo. Infatti, il citato studio danese mostra che l’immunità ibrida – conferita dalla combinazione di vaccinazione e precedente infezione – è solo leggermente migliore dell’immunità naturale: la differenza è assai piccola rispetto a quella tra l’immunità naturale e l’immunità indotta dal vaccino. In pratica, come spiegato dal dottor Makary [2]:

“Se sei vaccinato e poi hai avuto il Covid oppure hai preso il virus e poi sei stato vaccinato, la tua immunità non raddoppia, come qualcuno ingenuamente potrebbe pensare: aumenta solo del 3,8 per cento. Quindi l’immunità ibrida è più efficace, ma il vaccino dà un livello di anticorpi aggiuntivo piccolo che svanirà in termini di protezione contro l’infezione. La tua protezione contro il ricovero e le malattie gravi è invece solida con l’immunità naturale”.

Perciò anche Jeffrey Klausner, professore di medicina preventiva presso l’Università della California meridionale ed ex medico dei CDC, si è pronunciato a favore del trattamento dell’infezione precedente come equivalente alla vaccinazione, con “lo stesso status sociale” [17]. Klausner ha condotto una rassegna sistematica di dieci studi sulla reinfezione e nella sua pubblicazione ha concluso che “l’effetto protettivo di una precedente infezione è elevato e simile all’effetto protettivo della vaccinazione” [18].

Gli obblighi vaccinali universali sono quindi irrazionali nell’ignorare l’immunità acquisita naturalmente dall’infezione e dalla guarigione, che è stata definita “immunità naturale” [19]. Questa focalizzazione risoluta sulla vaccinazione come mezzo esclusivo per acquisire l’immunità è in gran parte inedita e non trova spiegazione, se non in conflitti di interesse grossi come una casa. Per tale ragione, negli Usa l’obbligo vaccinale per i lavoratori delle grande aziende è stato poi annullato dalla Corte Suprema.

Non solo. Alcune varianti del Sars-CoV-2 con cambiamenti chiave nella proteina spike hanno una ridotta suscettibilità alla neutralizzazione da parte degli anticorpi nel sangue. Infatti, i vaccini attuali (a mRNA o a vettore virale) si concentrano solo su quella piccola porzione di immunità che può essere indotta dalla proteina spike, mentre qualcuno che ha avuto il Covid-19 è stato esposto all’intero virus, il che offre per tale motivo un’immunità più ampia che è più protettiva contro le varianti [18].

In altre parole, mentre gli anticorpi neutralizzanti indotti da vaccini prendono di mira principalmente la proteina spike, l’immunità cellulare provocata dall’infezione naturale prende di mira anche altre proteine virali [20]. Dunque difficilmente nuove varianti possono eludere le risposte immunitarie naturali, mentre possono facilmente aggirare la risposta indotta dai vaccini (ciò non succederà con il vaccino Valneva, che è “a virus inattivato”, e dunque nettamente preferibile ai vaccini anti-Covid attuali).

Come mostrai quantitativamente in tre modi diversi in un mio articolo pubblicato a giugno dalla Fondazione Hume, con i vaccini anti-Covid attuali è impossibile raggiungere l’immunità di gregge (nei primi 14 giorni e poi di nuovo dopo circa 5 mesi i vaccinati si contagiano più facilmente dei non vaccinati). Ciò non avverrebbe – o quanto meno avverrebbe molto meno, con l’immunizzazione naturale, assai più ampia e duratura. Questa è un’importante ragione per preferirla ai vaccini in under 50 e bambini.

Perché a un immunizzato non conviene correre rischi vaccinandosi o con la terza dose

Combinando la vaccinazione con l’immunità naturale si ottiene un’“immunità ibrida”, che fornisce una protezione ancora maggiore rispetto alla sola vaccinazione, ma invia i livelli di anticorpi a “livelli astronomici”, con tutti i rischi del caso. Secondo Mauro Mantovani, un esperto di immunologia, “i vaccini (e non solo quelli anti-Covid) dovrebbero essere usati per salvare vite umane, non per vaccinare persone già immuni” e, come ci spiega, “è una cosa che sanno tutti i medici e… pure i loro gatti!”.

Alcuni studi suggeriscono che un regime a due dosi sarebbe addirittura controproducente: uno [14] ha scoperto che, nelle persone con infezioni pregresse, la prima dose potenziava i linfociti T e gli anticorpi, ma che la seconda dose sembrava indicare un “esaurimento” – e in alcuni casi anche una eliminazione – dei linfociti T. Al momento, tutti i dati ci dicono che non ha senso dare una seconda dose di vaccinazione a brevissimo termine a qualcuno che era già infetto. La loro risposta immunitaria è già molto alta.

Il già citato prof. Klausner, che è anche direttore medico di una società statunitense di distribuzione di vaccini, afferma di aver avviato conversazioni sull’offerta di un test di screening anticorpale per puntura del dito per le persone con sospetta immunizzazione naturale prima della vaccinazione, in modo che le cose fossero fatte in modo più giudizioso. Ma “tutti hanno concluso che era semplicemente troppo complicato. È molto più facile fargli una puntura in braccio” [11]. E se poi muore o resta paralizzato, amen.

Inoltre, va considerato che la letalità apparente della variante Omicron di Sars-CoV-2 è almeno da 5 a 10 volte inferiore rispetto ad altre varianti, come affermato da Alexander Lukashev [16], direttore dell’Istituto di parassitologia medica, malattie tropicali e trasmissibili dell’Università di Sechenov (Russia). Secondo l’esperto, la forma più lieve della malattia tipicamente causata da Omicron può essere spiegata dal fatto che il virus si replica nelle vie aeree superiori e raggiunge i polmoni solo in rari casi.

D’altra parte, in Italia da metà gennaio praticamente il 100 per cento delle nuove infezioni sono da Omicron, come rivelato dal prof. Claudio Giorlandino, direttore sanitario di Altamedica, che l’ha cercata nei campioni esaminati nei suoi laboratori [21]. Ed i dati mostrano che è pericolosa sostanzialmente quanto un’influenza poiché, come spiega, “il virus per poter entrare nei polmoni deve essere ‘splittato’ da un enzima, ma la Omicron non viene splittata da questo enzima, per cui non va nei polmoni”.

La Omicron, quindi, è un’affezione delle alte vie respiratorie benigna, per cui di Omicron non si muore se non si hanno altre patologie (proprio come succede con l’influenza); di conseguenza, questa variante estremamente infettiva – la più infettiva della storia – è, di fatto, un eccellente “vaccino naturale”. Pertanto, come ora vedremo, con la Omicron il rischio di reazioni avverse conseguenti alla vaccinazione supera, per gran parte della popolazione, i rischi di complicazione da infezione naturale.

La tabella seguente, tratta dalla mia analisi [15] pubblicata dalla Fondazione Hume il 9 novembre 2021, confronta il rischio di morte associato al Covid-19 (variante Delta) con quello associato ai vaccini anti-Covid. Le caselle rosse evidenziano il “punto di pareggio” rischi-benefici in un caso molto ottimistico (“mortalità min da vaccini”) e in un caso abbastanza realistico (“mortalità max da vaccini”). Il punto di pareggio rischi-benefici si colloca intorno ai 45-50 anni di età, se si considera il caso “mortalità max da vaccini”.

Confronto  rischio di morte associato al Covid-19 (variante Delta) con quello associato ai vaccini anti-Covid.

Ebbene, con la Omicron la letalità apparente (e quindi anche quella reale) è da 5 a 10 volte inferiore rispetto alla Delta, il che vuol dire che dobbiamo moltiplicare i valori della colonna “Letalità reale” per 5 o per 10. Nel primo caso otteniamo che il punto di pareggio rischi-benefici si colloca intorno a 55 anni di età, nel secondo intorno ai 65 anni di età. Dunque, l’obbligo vaccinale per gli over 50 risulta inappropriato: il vaccino anti-Covid dovrebbe ora essere consigliato (come per l’influenza) agli over 65.

Si noti, però, che questa conclusione vale per le persone non immunizzatesi naturalmente: cioè solo agli over 65 senza anticorpi da infezione naturale dovrebbe essere consigliato di vaccinarsi con i vaccini anti-Covid attuali, che sono altamente reattogenici. Per gli immunizzati, invece, non c’è età sopra la quale la vaccinazione sia consigliata, in quanto il Sars-CoV-2 (Omicron o qualsiasi altra variante) ha agito come un vaccino naturale, conferendo anche agli anziani una protezione più ampia e duratura.

Non solo. Un ampio studio nel Regno Unito [12] e un altro che ha intervistato persone [13] a livello internazionale hanno rilevato che le persone con una storia di infezione da Sars-CoV-2 hanno sperimentato dei tassi maggiori di effetti collaterali dopo la vaccinazione. Tra le 2 mila persone che hanno completato un sondaggio online dopo la vaccinazione, quelle in precedenza infettate dal virus avevano ben il 56 per cento in più di probabilità di sperimentare un grave effetto collaterale che richiedeva cure ospedaliere.

E questo per tacere sugli effetti avversi a medio-lungo termine, di cui nulla sappiamo. Ma fra alcuni medici – tra cui il già citato Mantovani, docente di immunologia dei tumori che ne ha parlato il 6 febbraio a margine di un seminario per suoi colleghi – c’è il timore che l’indebolimento del sistema immunitario prodotto dopo alcuni mesi dai vaccini non si limiti al Sars-CoV-2, ma possa favorire altre patologie infettive (ad es. la tubercolosi) ed i tumori, poiché il sistema immunitario ha un ruolo anti-cancro [27]. 

Dunque, vaccinare le persone che hanno già avuto il Covid-19 è, in qualsiasi classe di età, una politica irresponsabile in questo momento, anche perché bisogna applicare il principio di precauzione, non fare i piazzisti delle multinazionali farmaceutiche. L’obiettivo di fondo del decisore pubblico (e di chi non è in conflitto di interessi) è che vuoi salvare vite umane, e devi fare ciò che le prove attuali, come illustrato, suggeriscono essere per le persone la difesa più forte con il minor danno.

“Se l’immunità naturale è fortemente protettiva, come suggeriscono le prove fino ad oggi, allora vaccinare le persone che hanno avuto il Covid-19 sembrerebbe offrire nulla o molto poco di beneficio, lasciando logicamente solo i danni, sia gli effetti avversi che già conosciamo sia quelli ancora sconosciuti (magari perché a medio o lungo termine, ndr)”, ha affermato l’esperta Christine Stabell Benn, vaccinologa e professoressa di salute globale presso l’Università della Danimarca meridionale [11].

Riferimenti bibliografici

[1] Leon C.M. et al., “COVID-19 Cases and Hospitalizations by COVID-19 Vaccination Status and Previous COVID-19 Diagnosis — California and New York, May–November 2021”, cdc.gov, 28 gennaio 2022.

[2] Ley J., “Natural immunity against COVID lowered risk more than vaccines against Delta variant, new study say”, clarkcountytoday.com, 31 gennaio 2022.

[3] Summers D.J., “CDC report: natural immunity stronger than vaccines alone during delta wave”, msn.com, 21 gennaio 2022.

[4] McPhillips D., “When the Delta variant dominated, vaccination and prior infection protected against Covid-19, but vaccination was safest, study finds”, edition.cnn.com, 19 gennaio 2022.

[5] Ley J., “Israeli study shows natural immunity delivers 13 times more protection than COVID vaccines”, clarkcountytoday.com, 10 novembre 2021.

[6] Newman M.E., “In COVID-19 Vaccinated People, Those with Prior Infection Likely to Have More Antibodies”, hopkinsmedicine.org, 11 gennaio 2021.

[7] Statens Serum Institute, “Covid-19 Gennembrudsinfektioner og vaccineeffektivitet”, files.ssi.dk,  dicembre 2021.

[8] Centers for Disease Control and Prevention, “Estimated Disease Burden of COVID-19”, cdc.org, 23 dicembre 2020.

[9] Dan J.M. et al., “Immunological memory to SARS-CoV-2 assessed for up to 8 months after infection”, Science, 6 gennaio 2021.

[10] Shrestha N.K. et al., “Necessity of COVID-19 vaccination in previously infected individuals”, medRxiv, 19 giugno 2021.

[11] Block J., “Vaccinating people who have had covid-19: why doesn’t natural immunity count in the US?”, The British Medical Journal, 15 settembre 2021.

[12] Menni C. et al., “Vaccine side-effects and SARS-CoV-2 infection after vaccination in users of the COVID Symptom Study app in the UK: a prospective observational study”, Lancet Infect. Dis., 2021.

[13] Mathioudakis A.G., “Self-reported real-world safety and reactogenicity of covid-19 vaccines: a vaccine recipient survey”, Life (Basel), 2021.

[14] Camara C. et al., “Differential effects of the second SARS-CoV-2 mRNA vaccine dose on T cell immunity in naïve and COVID-19 recovered individuals”, Cell Rep., 2021.

[15] Menichella M., “Una stima realistica degli effetti avversi dei vaccini anti-Covid e del rapporto rischi-benefici”, Fondazione David Hume, 9 novembre 2021.

[16] Russian News Agency, “Mortality from Omicron 5-10 times less than from other coronavirus variants — expert”, tass.com, 21 gennaio 2022.

[17] Klausner J. & Kojima N., “Op-Ed: Quit Ignoring Natural COVID Immunity”, medpagetoday.com, 28 maggio 2021.

[18] Kojima N. & Klausner J., “Protective immunity after recovery from SARS-CoV-2 infection”, Lancet Infect. Dis., 22 gennaio 2022.

[19] Zywicki T. et al., “COVID-19 Vaccination & Testing ETS”, CATO Institute, 17 gennaio 2022.

[20] Menichella M., “I vaccini anti-COVID: perché ci attende un futuro pieno di incognite”, Fondazione David Hume, 10 marzo 2021.

[21] Altamedica Roma, “CartaBianca RAI3: Intervento del Prof. Giorlandino sui Vaccini Covid e variante Omicron”, YouTube, 1° febbraio 2022.

[22] Wetzler H., “Opinion: Why aren’t we celebrating the naturally immune?”, clarkcountytoday.com, 2 settembre 2021.

[23] Cercone J., “A report about omicron cases in Germany was based on an incorrect number”, politifact.com, 7 gennaio 2022.

[24] Kahan E., “In Canada 76.87% are fully vaccinated, also in Canada 81.1% of cases are amongst the fully vaccinated”, Twitter, 30 dicembre 2021.

[25] Becchi P. & Menichella M., “Parlano i dati: il green pass è un lasciapassare solo per il virus”, nicolaporro.it, 17 dicembre 2021.

[26] Chemaitelly H. et al., “Waning of BNT162b2 Vaccine Protection against SARS-CoV-2 Infection in Qatar”, The New England Journal of Medicine, 6 ottobre 2021.

[27] Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, “Sfida 1: ruolo anticancro del sistema immunitario”, airc.it, 2020.

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