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Recovery Fund sotto attacco/2: ecco perché è contrario alla Costituzione tedesca. E Karlsruhe accende la campagna elettorale

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Abbiamo presentato le ragioni per le quali il Recovery Fund (Ngeu – Next generation EU) potrebbe non essere in regola con i Trattati europei. Non è finita, perché ancora occorre presentare le ragioni per le quali esso potrebbe non essere in regola con la Legge Fondamentale tedesca.

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La Corte di Karlsruhe – Il 26 marzo, la Corte Costituzionale federale di Karlsruhe (una nostra vecchia conoscenza) ha emesso una ordinanza di sospensione (Hängebeschluss) o, più precisamente, una ordinanza di protezione provvisoria anticipata per casi particolarmente urgenti, nei quali non si può attendere nemmeno fino alla decisione sull’istanza cautelare per un’ingiunzione temporanea, che si applica fino a quando il Tribunale non avrà reso una decisione sulla detta istanza cautelare. Con essa, letteralmente ordinava al presidente della Repubblica di non emanare la Legge di Ratifica della Decisione sulle Risorse Proprie dell’Ue (Eigenmittelbeschluss-Ratisierungsgesetz – Eratg), “sino a decisione della Corte sulla domanda di emissione di un provvedimento provvisorio”. Per decidere sulla conferma della sospensiva, Bloomberg dice impiegherà pochi giorni, Reuters non più di tre mesi, Lagarde ha auspicato faccia “in un tempo breve”. Oltre alla sospensiva, sono stati depositati pure cinque ricorsi e, se la sospensiva venisse concessa, poi potrebbero volerci anni.

Purtroppissimo, e come insegna il presidente Barra Caracciolo, la Corte tedesca nega recisamente la presunta superiorità del diritto europeo su quello costituzionale, in quanto non prevista dai Trattati, bensì frutto di una elaborazione della Corte di Giustizia Europea in rem propriam, cioè a vantaggio della propria stessa affermazione unilaterale di supremazia. La nega specialmente quando essa va a ledere interessi fondamentali degli Stati, che non sono per essa giuridicamente disponibili. Su tale base dottrinale, il nostro Herdegen ha scritto un cospicuo articolo per la FAZ, che ha ispirato un articolo di fondo della FAZ intitolato, più o meno: “e la Germania paga”. Interessante pure l’altro articolo di Benedikt Riedl. Molto ascoltato, a Karlsruhe, sarà il motivato parere espresso dalla Corte federale dei Conti (Bundesrechnungshof).

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Gli argomenti dei ricorsi – In estrema sintesi, i problemi aperti sono cinque:

(1) La natura giuridica “ultra-vires“, cioè tirannica: l’eventualità che la Ue abbia ecceduto, in misura sufficiente ed in modo qualificato e strutturalmente significativo, i poteri attribuiti ad essa dal Trattato. E ne abbiamo parlato nel precedente articolo.

(2) La “identità costituzionale” (Verfassungsidentität): attiene alla difesa del “principio di democrazia”, che viene violato se la Ue solleva il Bundestag (presente o futuro, il Ngeu dura sino all’anno 2058) dalla sua responsabilità di bilancio. Ciò include anche il divieto di rispondere per decisioni prese da terzi in misura difficilmente calcolabile (negli importi e/o nei tempi). Principio peraltro coperto da una clausola di eternità (Ewigkeitsgarantie): per superarlo sarebbe necessario la cessazione della Legge Fondamentale via referendum e la possibilità che il popolo tedesco lo approvi è zero al quoto. Secondo Riedl, “la questione decisiva è se la Germania, se necessario, sarebbe da sola responsabile per 750 miliardi. Se non ci sono garanzie adeguate nel sistema delle risorse proprie dell’Ue, una violazione della responsabilità di bilancio e dell’identità costituzionale è un problema concreto”. Conseguentemente, “la denuncia costituzionale ha buone possibilità di successo”, ai sensi della Legge Fondamentale tedesca.

(3) La “sovra-garanzia”, problema speculare al precedente: anche ammesso che la Ue non abbia chiesto impegni per 789 miliardi di euro alla Germania al fine di escuterglieli tutti, allora perché glieli ha chiesti? Più in generale, che se ne fa Bruxelles di impegni per 3.000 miliardi di euro? Non è che, per caso, ha intenzione di diventare “il distributore di spesa in Europa”? Questione non di lana caprina, visto che lo stesso Mario Draghi ha ammesso: “la Commissione, oggi, ha visto ampliarsi i suoi mezzi finanziari, quindi è probabile che questo tipo di finanziamento venga utilizzato anche per altre cose”. Categorico il Bundesrechnungshof: “il massimo addizionale annuo deve essere significativamente ridotto”.

(4) Il “freno all’indebitamento costituzionale” (115 Legge Fondamentale) impone che le entrate e le spese siano bilanciate. Ma come fare con il debito fuori bilancio federale ma dentro il bilancio Ue? E come fare con gli impegni e le garanzie di esborso futuri verso la Ue?

(5) V’è poi la mancanza di trasparenza finanziaria: “dove e come l’Ue accenderà un debito di 750 miliardi di euro? Quali istituzioni erogano i prestiti? La Commissione ha mano libera in questo?”. Domande mirate, immaginiamo, a farsi garantire che non sarà Bce a comprare il debito della Ue … sennò tornerebbe in gioco il divieto al “finanziamento monetario” (123 Tfeu). E saremmo da capo. Tanto più che è pendente un giudizio sul PEPP. E tanto più che la vecchia sentenza del 5 maggio, sul PSPP, è sempre in attesa di esecuzione e può colpire ancora.

Un solo problema è stato risolto, quello del consenso del Parlamento con maggioranza sopra i due terzi: la legge di ratifica è stata approvata dal Bundestag a grandissima maggioranza e dal Bundesrat all’unanimità. Non è poco, ma non è nemmeno abbastanza.

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Le elezioni tedesche – La questione sarà al centro della campagna elettorale tedesca, da qui alle elezioni di settembre. Grande entusiasmo a sinistra, con Scholz (suggerisce di passare dal voto all’unanimità a quello a maggioranza “in materia di politica estera, finanziaria e fiscale”), Roth (ha definito il sistema delle risorse proprie “un passo verso l’unione fiscale”) ed i Verdi (che vogliono non solo sviluppare l’Eurobond del Ngeu, ma pure quello della unione bancaria e quello del Mes addirittura).

Il centro CDU/CSU, imbalsamato dalla prosecuzione del lockdown, ha obbedito disciplinatamente a Merkel; ma è agitato dalla paura di aver fatto un regalo alla destra di AfD (l’unico partito apertamente contrario), dunque si sbraccia a definire l’operazione una misura “una tantum, limitata nel tempo e nello scopo” e “con la sola ed esclusiva finalità di far fronte alle conseguenze della crisi del Covid“. Infatti, si è mostrato furibondo al solo sentire nominare l’unione fiscale. Intanto, la FAZ lo canzona scrivendo che non crede nemmeno a sé stesso e lo sfida a far campagna per la modifica dei Trattati.

Abbastanza per farsi venire il sospetto che sia tutta una farsa. Messa in scena al fine di tenere in vita l’Euro almeno finché dura il Covid. Tanto, Karlsruhe avrebbe provveduto a riportare tutti alla realtà, ad un costo politico minimo per la partitocrazia tedesca. Altrimenti, ci avrebbero pensato polacchi e ungheresi, parallelamente alle prese con un ricorso contro il Regolamento sullo stato di diritto, quest’ultimo fortemente voluto dagli Stati clientes della Germania, ma che taglia fuori polacchi e ungheresi dal Ngeu.

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Conseguenze possibili – In Italia, si minimizza. Ex-multis, Nielsen di UniCredit (parzialmente smentito dai propri ricercatori) inspiegabilmente nega che il Ngeu sia garantito dagli Stati membri. Zagari ci vede una forma di pressione su Draghi, perché faccia le riform€. Secondo Fabbri (uno convinto che non possiamo uscire dall’Euro), l’ordinanza sarebbe stata scritta “aderendo a norme dettate dagli Stati Uniti”, ad opera di una Corte creata “per conservare i limiti alla potenza tedesca comandati da Washington”, con l’esito inevitabile di “autorizzare il Recovery Fund come misura unica, impossibile da tramutare in unione fiscale tra gli Stati membri”. Sic.

Molto preoccupato il Financial Times: “Dopo il fiasco dei vaccini, l’Ue non può permettersi una pausa nel Ngeu“; ma ancora più preoccupato perché si rende conto che “il problema non può essere facilmente risolto, vista la difficoltà di cambiare la Legge Fondamentale”, sicché occorrerebbe “un dibattito profondo e vigoroso nell’establishment giudiziario tedesco” su come interpretarla … campa cavallo. Così pure Münchau: “per la Ue, sarebbe una buona idea preparare un piano B”. Si chiedeva Quadrio Curzio, dopo gli interventi di Draghi: “basterà il binomio Draghi-Macron per convincere i rigoristi della Eurozona? Lo speriamo davvero perché la crisi attuale potrebbe essere irrecuperabile se passa troppo tempo prima della ripresa”. Ecco, no: non basterà. Quindi, la crisi attuale dell’Euro è irrecuperabile. Ma nessun timore, ciò non minaccia di distruggere il mercato unico, lo aveva spiegato Gentiloni: “la recessione da Covid minaccia di distruggere la zona euro”. Amen e così sia.

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