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Le differenze tra l’Europa e l’islam: il testamento di Giovanni Sartori

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Giovanni Sartori (1924-2017) è stato un politologo di fama mondiale, in vita il più importante in Italia. Professore all’Università di Firenze e alla Columbia University, ha avuto numerosi riconoscimenti prestigiosi tra cui la Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte, vincitore nel 2005 dell’autorevole Premio Principe delle Asturie, è stato nominato dottore honoris causa in diverse università in varie parti del mondo, ha scritto opere tradotte in più lingue, con una carriera accademica di oltre sessant’anni.

Nell’estate del 2015 ha pubblicato il testo “La corsa verso il nulla”, un volumetto ricco di profonde riflessioni, dal concetto di rivoluzione alla bioetica. Possiamo considerare questo libro che lui stesso definisce il suo Zibaldone, come il suo testamento, dal momento che è stata la sua ultima pubblicazione.

Le riflessioni sul rapporto tra Europa e islam occupano delle pagine importanti nel testo di Sartori. L’Europa cristiana e l’islam sono stati in guerra per circa un millennio, l’islam ha contribuito per contrapposizione alla formazione dell’identità europea dal momento che in passato i popoli europei si sono raccolti intorno alla croce per fermare l’invasione islamica.

Sartori elenca delle differenze sostanziali tra cristianesimo e islam. Se dal XVII secolo l’Europa è andata incontro ad un processo di progressiva laicizzazione della società all’indomani dalle guerre interne tra cattolici e protestanti, i conflitti all’interno del mondo islamico (wahabiti, sunniti e sciiti) seppur presenti, sono stati meno distruttivi e per nulla laicizzanti. Una differenza fondamentale tra cristianesimo e islam è di tipo giuridico. Scrive Sartori:

“Una prima differenza è che il cristianesimo si sovrappone alla civiltà romana e non ne conquista mai il diritto, il sistema giuridico. Il diritto canonico è un diritto interno alla Chiesa, mentre il diritto della società europea è sempre stato, nel suo impianto, il diritto romano e, quindi, un diritto autonomo. Invece, il diritto islamico si deve sempre fondare e ricondurre al suo diritto religioso.”

All’interno dell’islam il confine tra peccato e reato è labile, se non inesistente. L’islam si configura come fenomeno radicale fin dall’inizio, perché sorge nel deserto, in un momento zero, “visto che le civiltà mesopotamiche che lo avevano preceduto in loco erano davvero sparite”, mentre il cristianesimo poggia su una civiltà greco-romana che non venne mai soppiantata e riemerse con forza nel XV-XVI secolo contribuendo a fornire le basi per la laicizzazione della società.

La seconda differenza è il rapporto con le armi. Il cristianesimo non è comparabile alla “religione in armi” delle conquiste islamiche. Sebbene ci sia stato un cristianesimo in armi:

“Le crociate sono state combattute per interposta persona, da signori e sovrani feudali, e il loro scopo non fu mai di conquistare e distruggere il mondo degli infedeli, bensì soprattutto (scacco di Costantinopoli a parte) di sottrarre agli infedeli Gerusalemme e la ‘terra santa’ alla cristianità. In generale, quindi, il ‘potere della spada’ veniva di volta in volta prestato alla Chiesa di Roma, ma non è mai stato della Chiesa di Roma”.

L’islam invece fu in armi fin dall’inizio. Poco più di un secolo dopo la morte di Maometto (632 d.C.) l’islam aveva conquistato con le armi tutto il Nord Africa e buona parte della Spagna, arrivò in India, si estese sui Balcani e assediò Vienna. L’islam è “ab ovo una religione guerriera, una fede armata”. E sebbene:

questo Islam in armi si affievolì con la decadenza e si spense con la sconfitta, [esso] può sempre riaccendersi, come oggi possiamo vedere a occhio nudo. E può riaccendersi con relativa facilità perché il Corano è sempre lì, è sempre letto e venerato, e mentre nel mondo cristiano l’Antico Testamento è ingentilito dal Nuovo Testamento, il Corano resta fermo all’Antico Testamento”.

Il costituzionalismo liberale garantisce libertà e tolleranza, le società laiche e democratiche separano nettamente lo stato dalla religione, si fondano sulla volontà del popolo, mentre le società teocratiche si fondano sul principio della volontà di Dio e della sottomissione a Dio e in quanto tali sono per natura intolleranti, non accettano eterodossie.

Caso particolare è quello della Turchia. Nel 1924 con Atatürk diventa uno stato laico e ci sono stati diversi colpi di stato (1960, 1971, 1980) per mano dei militari per conservare la laicità dello stato. La Turchia guidata dal neo-ottomanesimo di Erdoğan, negli ultimi anni sta tornando su posizioni islamiste più marcate e aggressive che minacciano la vicina Europa.

In una delle sue ultime interviste Sartori dichiarò che è un’illusione credere di poter “integrare pacificamente un’ampia comunità musulmana, fedele a un monoteismo teocratico che non accetta di distinguere il potere politico da quello religioso, con la società occidentale democratica” e ancora “dal 630 d.C in avanti la Storia non ricorda casi in cui l’integrazione di islamici all’interno di società non-islamiche sia riuscita”.

Le parole di Sartori sono confermate da molte realtà in Europa, dal quartiere Molenbeek in Belgio a Trappes (30 km da Parigi) in cui il 70 per cento degli abitanti è di fede islamica, le comunità di immigrati musulmani sono sparse in tutta Europa e sono tutte “non integrate”. Agli intellettuali occidentali illusi dalla possibilità di integrare immigrati musulmani in una società non islamica, Sartori ricorda che in India ci sono 14 milioni di musulmani che “resistono e non si integrano. Dopo oltre mille anni restano islamici e nemici degli indù”.

In Inghilterra e in Francia l’islam è penetrato fin dentro le amministrazioni. A Londra nel 2016 è stato eletto sindaco Sadiq Khan, di origini pakistane, musulmano praticante che nelle ultime settimane si è impegnato a rimuovere monumenti che urtano la sensibilità di immigrati e di chi vuole cancellare la storia del proprio Paese. La situazione londinese non stupisce visto che come ha dichiarato ha dichiarato Maulana Syed Ali Raza Rizvi “Londra è più islamica di molti Paesi musulmani sommati tra loro”. In Inghilterra infatti i tribunali islamici sono una realtà da decenni e si registra un’età media tra i cristiani molto più alta rispetto a quella dei “nuovi britannici” musulmani che si preparano nei prossimi anni ad una sostituzione degli autoctoni che fanno sempre meno figli (come nel resto dell’Europa). Sempre in quella che ormai viene tristemente chiamata Londonistan, si incontrano predicatori islamici come Anjem Choudary, che davanti alle telecamere di La7 ha affermato, senza troppe remore:

“Io non credo nelle libertà e nella democrazia, credo che la sovranità appartenga a Dio, per questo mi batto per l’applicazione della shari’a come forma alternativa di vita (…) credo che ci sia molta propaganda oggi contro i musulmani e infatti in Gran Bretagna vogliono cambiare delle leggi per criminalizzare, mettere a tacere i cosiddetti predicatori di odio ma io è qui che voglio stare, non ho mai pensato di andare all’estero, così quando la Gran Bretagna sarà sotto lo Stato Islamico io sarò già qui in prima linea a diffondere l’Islam. (…) Anche Roma un giorno verrà conquistata e questo sarà un bene per Roma”.

Un’Europa che consente questo e dispensa cittadinanze a chi non condivide i valori europei, anzi li vuole soppiantare, non ha futuro, per alcuni è già troppo tardi.

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