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Renzi e la via giudiziaria (a giorni alterni). Sic transit gloria mundi (con certificazione di Ferrara e Velardi)

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E’ tornato Matteo Renzi: nelle pause tra un rogito e l’altro, ha ricominciato a farci sentire la sua voce, evidentemente convinto che gli italiani non possano farne a meno.

“Starò zitto due anni: promesso”, aveva assicurato al suo esordio a Palazzo Madama da “senatore semplice”. Ma non ha resistito per più di due mesi.

Così, abbronzato ai limiti del paonazzo, visibilmente appesantito, stretto e gonfio in camicia bianca d’ordinanza più giacca scura (avviso ai cameramen: se a Renzi dovesse disgraziatamente saltare un bottone, si trasformerebbe in un proiettile in grado di mettere a rischio l’incolumità dell’incolpevole operatore che gli sta davanti), in ventiquattr’ore ci ha regalato due prestazioni degne dei vecchi tempi: tre sere fa un’intervistona al Tg1 sui vaccini, e il giorno dopo una diretta social a tutto campo.

Al Tg, non dev’essere andata benissimo. Lo stesso Renzi, forse in un momento di insicurezza, ha twittato per chiedere opinioni: “Se avete due minuti di tempo, mi dite che ne pensate? Astenersi troll”. Non sappiamo se fossero troll, ma, oltre allo scontato incoraggiamento della curva più fedele, è arrivata una valanga di pernacchie. A sorpresa, anche un suo storico sostenitore, Giuliano Ferrara, ha mostrato profonde perplessità rispondendo a Renzi sempre su Twitter: “Caro Matteo, perfetto nelle argomentazioni, ma la percezione è di uno che sta sopra la orrenda mischia in cui ci siamo e ci hanno messi”. Sotto il velo di un’eleganza ineccepibile, la frustata dell’Elefantino è implacabile. Proviamo a tradurre: “Non fare il commentatore-fighetto, non puoi permetterti di fare l’osservatore superiore e di passaggio, mentre qui stiamo nella melma: melma che hai concorso ad accumulare”.

Ma, anziché fermarsi in corsia d’emergenza, Renzi ha ingranato la quinta e si è messo in corsia di sorpasso, con la diretta social del giorno dopo, che potremmo intitolare: “Avvertimenti”.

In modo ripetuto e evidentemente non casuale, Renzi ha giocato buona parte del suo intervento sull’arma, anzi sulle armi giudiziarie, insistendo prima sull’inchiesta anti-Lega di Genova (“non si possono minacciare i magistrati di Genova quando hai fatto un’operazione che ha ricevuto una condanna”, ha detto Renzi, come se il condannato fosse Salvini) e poi su quella di Roma sui falsi profili Twitter, per la quale Renzi stesso – non si capisce bene a che titolo – si è offerto alla Procura come testimone, forse nel tentativo di sollevare dubbi sulla sua disastrosa campagna referendaria del 4 dicembre.

Curiosa metamorfosi, dunque: un Renzi che tante volte aveva fatto professione di garantismo, e che improvvisamente sembra trasformato in un agitatore di fascicoli giudiziari e sospetti contro gli avversari, quasi consegnando ai giudici l’ultima parola su un governo. Delle due l’una, infatti: o è garantista solo per sé e per i suoi amici, diventando forcaiolo quando si tratta dei gialloblu, oppure Renzi conosce qualcosa che noi non sappiamo, e allora sarebbe interessante capire da quali fonti privilegiate tragga informazioni e presagi. “A settembre, a ottobre, vedrete che ci sarà da divertirsi”, ha infatti proseguito, recapitando messaggi misteriosi in qualche buca della posta.

Intanto, chi non ha motivo per divertirsi (e ce ne spiace) è il signor Andrea Conticini (cognato di Renzi perché marito della sorella Matilde) insieme ai suoi due fratelli, accusati di reimpiego illecito di capitali (i due fratelli anche di altri reati, par di capire) dalla Procura di Firenze per somme (alcuni milioni di euro) teoricamente destinate ai bambini poveri in Africa ma finite – secondo l’ipotesi accusatoria – nei conti correnti dei fratelli Conticini (secondo il Corriere della Sera di ieri, nell’articolo della sempre informata Fiorenza Sarzanini, una parte anche nei conti di una società amministrata dalla madre di Renzi). Noi, ovviamente, ci limitiamo a riportare ciò che abbiamo letto sui giornali di questi giorni.

Un’altra circostanza sfortunata, dunque: che dovrebbe indurre tutti, amici e avversari, a non dimenticare le regole del garantismo, e a ricordare che si è sempre innocenti fino a sentenza definitiva di condanna. Ma si sa, per Renzi il doppio standard non è una novità: sul caso Boschi, sguainò lo spadone garantista, ma a fine 2013, nei confronti dell’allora ministro della giustizia Annamaria Cancellieri, non indagata ma finita nella bufera mediatica per un presunto interessamento a una singola vicenda carceraria, non esitò a reclamare pubblicamente le dimissioni. Le cose cambiano, come si vede: a seconda degli anni e degli interlocutori.

Su tutto, il commento più severo (e politicamente tombale) è venuto da un altro storico supporter renziano, oggi disilluso, Claudio Velardi: “Renzi si affida alla magistratura per abbattere il governo. Errore fatale, forse definitivo. Peccato. Esce male di scena un leader su cui l’Italia poteva ancora puntare”.

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