Politica

Chi se ne frega di cosa pensa Landini della guerra in Ucraina

La libertà si misura anche così: libertà di manifestare e di parlare, anche quando parola e manifestazione sembrano inutili oltre che ambigue. La Cgil e l’Anpi (e Legambiente e Arci e Acli e tutte le altre sigle che dimentichiamo) hanno tutto il diritto di scendere in piazza per invocare la pace, suggerendo una posizione che potrebbe essere sintetizzata così: né con Putin, né con la Nato. Come hanno fatto sabato scorso a Roma. La definizione di “neutralismo attivo” la lasciamo agli esperti di politica e di comunicazione, se ce ne sono. La memoria riecheggia altre negazioni binarie: “Né con lo Stato, né con le Br”.

La sorpresa nasce dalla libertà di usare la delega, senza misurare il consenso. E il caso della Cgil è più impegnativo, rispetto alle altre sigle della manifestazione di sabato. Maurizio Landini può avere un progetto politico proprio, quello di rifondare una sinistra-sinistra di cui oggi non vede segnali? Bene. Ma ha titolo di farlo “impegnando” la sigla sindacale di cui è segretario nazionale, senza aver fatto una consultazione? Prima di firmare i contratti di lavoro è buona prassi sottoporre agli iscritti la bozza di accordo raggiunta dai delegati. È prassi di democrazia sindacale. In questo caso no. Il pensiero neutralista di Landini è per definizione il pensiero degli iscritti alla Cgil. Giusto?

Intendiamoci, la stessa considerazione vale per Luigi Sbarra, che la pensa all’opposto del suo collega. Il segretario nazionale della Cisl ha deciso di non aderire alla manifestazione promossa dalla Cgil. E si è premurato di dichiarare il suo pensiero “atlantista” e comunque contrario a equidistanze e neutralismi. Lecito. Ma anche nel suo caso la domanda è altrettanto lecita: con chi si è confrontato prima di emettere il suo pensiero in tema di guerra, di Putin e di Ucraina?

Landini e Sbarra avranno intense consultazioni domestiche e familiari, e magari anche attive discussioni sui social o nei bar in cui consumano caffè e spritz. E senza dubbio anche qualche acceso confronto con gli amici e compagni della segreteria nazionale. E quindi? Il loro pensiero “rappresenta” l’organizzazione sindacale di cui sono segretari?

C’è di più. E qui il pensiero va ai “cani da guardia”. La cronaca di questi giorni è talmente ricca – ahimé – di suo, che certo non c’è bisogno di trovare riempitivi e derive giornalistiche che possano colmare tempi e spazi privi di contenuto. Eppure, molti giornali e giornalisti hanno voluto rappresentare con dovizia di dettagli il pensiero di Landini o di Sbarra sulla crisi ucraina. Non è per riproporre il ritornello dell’uno vale uno, ma perché chiedere il parere di un sindacalista italiano sul conflitto militare esploso in Europa? E invece perché non sottoporre all’attenzione di tutti il pensiero – ne avrà senz’altro uno – del presidente dell’Enpa, o dell’ordine degli psicologi, o dell’Inps?

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